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Inchiesta Why Not: 102 avvisi di garanzia

 

Chiusa l’indagine Why Not, raffica di avvisi di garanzia. Contestate le intercessioni dei politici. Indagata anche la superteste Merante

17 dic 08 L'affidamento di un servizio di anagrafe bovina e ovi-caprina ad una società rappresentata da Antonio Saladino, la Sial Servizi Spa, ha portato ad "un ingiusto vantaggio patrimoniale" di 5,7 milioni di euro in favore della stessa società e ha consentito "l'assunzione di 63 lavoratori, strumentale alla creazione di un sistema clientelare alimentato da dipendenti assunti in virtù della intercessione di referenti politici". La vicenda è una di quelle che viene contestata dalla procura generale di Catanzaro agli ex componenti la Giunta regionale di centrodestra indagati nell'inchiesta Why not nei confronti dei quali vengono ipotizzati i reati di peculato, abuso d'ufficio e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche in concorso con Saladino e funzionari regionali. Secondo l'accusa, la Giunta regionale in carica nel 2003 revocò la convenzione ad una società che già svolgeva il lavoro per affidare l'incarico alla Sial, costituita dall'Arssa, l'agenzia regionale per i servizi in agricoltura e da Italia lavoro , "allo scopo di far conseguire a tale società l'importo indicato ed alimentare il vasto mercato di lavoratori precari assunti da società comunque riconducibili a Saladino". Inoltre sarebbero state anche distratte risorse dal fondo sanitario regionale da assegnare alle Asl e certificata falsamente l'esigenza di istituire una banca dati, in realtà già esistente nei servizi sanitari delle Asl.

Indagata la Merante. La superteste dell'inchiesta Why not, Caterina Merante, è tra le persone per le quali è stato emesso l'avviso di conclusione delle indagini preliminari da parte della procura generale di Catanzaro. Alla Merante viene contestata la violazione della legge in materia di occupazione e mercato del lavoro. Caterina Merante, con le sue dichiarazioni all'allora pm di Catanzaro Luigi De Magistris, aveva dato il via all'inchiesta poi avocata dalla procura generale.

Mercato di finti lavoratori. L'interesse pubblico per il progetto di censimento del patrimonio immobiliare dell'Ente, mascherava "un vasto e reiterato mercato di finti lavoratori, a fronte di opere mai realizzate o solo in parte realizzati o apparentemente realizzati, benché completamente sovvenzionati". E' la contestazione mossa dalla Procura generale di Catanzaro a componenti ed ex componenti della giunta regionale di centrosinistra in carica nei confronti dei quali vengono ipotizzati i reati di peculato, truffa e truffa aggravata per il conseguimento di erogazione pubblica. L'affidamento del progetto al Consorzio Brutium service, secondo l'accusa, fu deciso "in violazione dei divieti stabiliti" dalla normativa in materia di separazione delle attività da amministrative di indirizzo e controllo da quello della gestione. Secondo l'accusa, inoltre, l'esigenza del riordino del patrimonio "appare l'occasione per realizzare il disegno criminoso e segnatamente l'aumento dei fondi a bilancio da otto a 12 milioni", frutto di "un mercanteggiamento" tra componenti la Giunta e Antonio Saladino ed alcuni suoi collaboratori.

Indagini su fondi a Tesi. Una somma di 3,2 milioni di euro "é stata sottratta alle finalità pubbliche individuate ed indicate nella legge regionale 7/84 istitutiva della finanziaria regionale (Fincalabra Spa), per essere stata elargita in favore di interessi privatistici". E' l'ipotesi d'accusa rivolta dalla Procura generale di Catanzaro a componenti delle giunte regionali di centrodestra e centrosinistra indagati nell'inchiesta Why not in merito alla vicenda della società informatica Tesi di cui Fincalabra era socia. La società, secondo l'accusa, sarebbe stata illecitamente risanata grazie alle risorse finanziarie "illegalmente" fornite da Fincalabra, operazione "necessaria per veicolare anche i fondi europei del settore informatico verso la stessa Tesi nella sua veste di ente strumentale della Regione Calabria che consentiva l'affidamento diretto delle commesse pubbliche nel settore telematico senza, cioé, ricorrere a 'terzi' a mezzo gara ad evidenza pubblica e dunque al mercato". Un'operazione che, è l'ipotesi dell'accusa, è partita con l'ex giunta di centrodestra ed è proseguita con l'attuale di centrosinistra.

Una bufera che si abbatte sulla politica. L'altro ieri l'arresto di Luciano D'Alfonso, sindaco di Pescara nonché segretario regionale del Pd, ieri l'inchiesta sui petroli in Basilicata, oggi la bufera politico-giudiziaria che sta investendo sopratutto gli enti locali, colpisce Napoli e la sua amministrazione, nei prossimi giorni approderà in Calabria, dopo la chiusura, oggi, delle indagini nell'inchiesta "Why Not". Dopo settimane di indiscrezioni e "boatos" su coinvolgimenti di politici napoletani nell'inchiesta su "Global Service", questa mattina sono stati arrestati a Napoli l'imprenditore Alfredo Romeo, mentre altre 12 persone sono invece agli arresti domiciliari: tra essi due assessori della giunta comunale di Napoli. Tutti accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa degli appalti, abuso d'ufficio e corruzione. Coinvolti i parlamentari Italo Bocchino (Pdl) e Renzo Lusetti (Pd). Anche l'ex assessore Giorgio Nugnes, morto suicida alcune settimane fa, era coinvolto nella stessa inchiesta. Nei giorni scorsi il sindaco di Napoli, Jervolino, durante la verifica politica in consiglio comunale aveva ribadito che "ciò che ha sempre caratterizzato il mio lavoro é il rispetto della legalità, con le mani candide, con l'assenza di clientele, con la più ampia trasparenza". Ed è sempre di oggi l'avviso di chiusura dell'inchiesta "Why Not", l'indagine ora al centro di clamorosi scontri anche all'interno della stessa magistratura. Ipotizzati numerosi reati: dall'associazione per delinquere all'abuso d'ufficio e alla turbata libertà degli incanti, dalla truffa alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Tra i destinatari dell'avviso di conclusione delle indagini, anche il presidente della regione Agazio Loiero. A Pescara l'accusa per il sindaco di centrosinistra D'Alfonso, arrestato lo stesso giorno della vittoria alle regionali del centrodestra, è di aver intascato tangenti in cambio di favori amministrativi. Una regione, quella abruzzese, che è stata tra le prime ad essere investita dalla nuova bufera politico giudiziaria. Le elezioni anticipate sono infatti conseguenza dell'arresto, lo scorso 14 luglio, dell'allora presidente Ottaviano Del Turco. L'accusa ? Tangenti per la sanità. In pieno svolgimento a Firenze l'inchiesta sull'area di Castello di proprietà della Sai-Fondiaria. Tra gli altri indagati l'assessore comunale alla sicurezza, Graziano Cioni, uno dei candidati alle primarie nel Pd per le prossime elezioni comunali. E' connessa all'inchiesta Fondiaria-Sai anche la clamorosa protesta pubblica del sindaco di Firenze, Domenici, che si è incatenato ad un palo davanti la sede romana di Repubblica, per protestare contro una cattiva informazione, a suo dire, che lo vedeva coinvolto, falsamente, nell' indagine. Ancora in Campania, la scorsa settimana, è stato rinviato a giudizio il sindaco Vincenzo De Luca. L'inchiesta riguarda la realizzazione del parco marino a tema, il cosiddetto Sea Park. Indagato anche il presidente della Regione Basilicata, De Filippo, nell'ambito dell'inchiesta sui petroli che ieri ha portato all'arresto dell'amministratore delegato della Total Italia, Lionel Levha, e che vede coinvolto anche il deputato del Pd Salvatore Margiotta. Si terrà invece solo nel marzo del prossimo anno l'udienza preliminare per il governatore del Molise Michele Iorio nel procedimento che lo vede indagato per il reato di concussione e abuso d'ufficio in un'inchiesta riguardante i rapporti tra la Regione e una società multinazionale di consulenza.

Limido “Una corruzione trasversale”. "Gli ultimi avvisi di garanzia ai vertici della politica calabrese, a conclusione dell'indagine Why Not, testimoniano ancora una volta che davanti al malaffare non c'é distinzione, né colore politico. Tutti insieme appassionatamente dentro la voragine spartitoria della partitocrazia". Lo sostiene, in una nota, il consigliere regionale de La Destra Gabriele Limido. "E se le pesanti accuse contestate ai leader regionali calabresi - aggiunge Limido - dovessero essere confermate, si configurerebbe uno scenario desolante per l'intera Calabria. Un centrodestra e un centrosinistra uniti da un unico collante chiamato malaffare. Gli ultimi sviluppi dell'inchiesta Why not evidenziano una corruzione trasversale che non ha colore politico e tocca quasi tutti i partiti politici della nostra regione. Tutto ciò sta a significare che la tanto cara questione morale, sbandierata da tanti ma considerata e applicata da pochi, è diventata un accessorio per la maggior parte delle forze politiche calabresi e non solo. Ma non per noi de la Destra, che per tradizione e concezione della vita e della politica, abbiamo fatto della questione morale un punto fermo della nostra stessa esistenza. E quello che sta accadendo a Napoli e in Campania è ancora un'altra prova di trasversalismo in negativo. Da oggi c'é qualcosa in più che unisce Pd e Pdl: la questione morale".

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