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Cronaca
Sgrena libera/Ucciso Calipari

 

Calipari: La perizia della Procura dice che a sparare fu una sola arma.

25/10-(G.Cataldo)- A sparare sulla Toyota Corolla su cui viaggiava Nicola Calipari, lo scorso 4 marzo a Baghdad, fu una sola arma di calibro 7.62. La vettura, con a bordo anche Giuliana Sgrena e un maggiore dei carabinieri, viaggiava ad una velocita' di circa 60-65 chilometri orari.
Sono questi i risultati della consulenza tecnica effettuata dagli esperti della procura di Roma che hanno esaminato la Toyota Corolla colpita dal fuoco “amico”, se così si può definire, dei militari americani al check point sulla Irish Route, conclusioni pero' non condivise dai periti delle parti offese e in particolare dai consulenti del legale di Giuliana Sgrena, Alessandro Gamberini. Secondo questi ultimi, che hanno annunciato di voler chiedere ulteriori esami balistici sui circa 9 frammenti di proiettili esaminati nei laboratori del Dac, a sparare sulla Toyota Corolla sarebbero state due armi, del medesimo calibro.
Secondo quanto scrivono i consulenti - il vicequestore Alfredo Luzzi, il capitano dei carabinieri Bruno Cardinetti e i docenti universitari Donato Firrao, Carlo Torre e Furio Vatta - l'auto sarebbe stata dunque colpita dal fuoco di un marine Usa, una ricostruzione, questa, che coincide con le conclusioni a cui era giunta la Commissione di inchiesta Usa. Gli esperti nominati dai pm Franco Ionta, Pietro Saviotti ed Erminio Amelio, hanno esaminato le microstrie dei frammenti di pallottole grazie a una tecnica di lettura laser che ha consentito di stabilire che gli stessi frammenti sono riconducibili ad una unica arma, la mitraglietta in dotazione al blindato Usa che era al check-point sulla strada dell'aeroporto di Baghdad. Le microstriature presenti sui resti dei proiettili, dunque, hanno messo in luce, secondo i periti, una "corrispondenza di singolarita' d'arma": a sparare cioe' sarebbe stata un'arma sola.
La Toyota Corolla, sarebbe stata quindi colpita dalla raffica di mitraglietta quando era ad una distanza di circa 130 metri dal posto di blocco per fermarsi, dopo aver effettuato una sterzata a sinistra, nonostante ci fosse una curva a destra, a una distanza di circa 40/50 metri dal check-point. La procura aspetta ora di valutare nel merito la perizia, corredata da migliaia di pagine di allegati, e le eventuali richieste delle parti civili, oltre a quelle di Giuliana Sgrena, quella della vedova del funzionario del Sismi rappresentata dall'avvocato Franco Coppi. Richieste, come era stato anticipato nei giorni scorsi, che potrebbero riguardare un supplemento di perizia. La procura di Roma, nei mesi scorsi, tramite rogatoria, aveva chiesto di conoscere i nominativi dei marines che erano in servizio al posto di blocco da cui parti' il 'fuoco amico' che uccise Calipari. Rogatorie a cui l'amministrazione Usa non ha risposto né in senso positivo, né negativo.
I giorni che sono seguiti all' uccisione dell'agente del Sismi, Nicola Calipari, caduto sotto il fuoco degli americani hanno rappresentato ''un momento complicato''. Lo ha ricordato il vicepremier e ministro degli esteri Gianfranco Fini spiegando - questa sera a 'Porta a porta' - che il governo si trova di fronte a ''due doveri'': da una parte quello ''di garantire che gli inquirenti, tra i quali ci dovevano essere anche degli italiani, accertassero responsabilita' e verita', e si trattava di un dovere morale per dare giustizia alla memoria di Calipari, ma dall'altra parte - ha precisato - non potevamo dare vita, come chiedevano alcuni esponenti del centrosinistra, ad una polemica con gli Stati Uniti solo per differenziarci''.
Polemiche a parte, restano le promesse fatte dal Governo Berlusconi, all’ indomani dell’ uccisione di Calipari, e ancora in attesa di riscontri concreti non coperti dal segreto militare o da fantomatiche “alleanze di guerra”.

Perche' Pollari e' nel mirino, le tre ipotesi di Cossiga

25/10-(G.C.)-Con un'intervista rilasciata al Velino, l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga interviene sulle polemiche scoppiate intorno al "caso Niger". Ieri su Repubblica e' apparsa la prima puntata dell'inchiesta: "Cosi' il Sismi consegno' alla Cia il falso dossier sull'uranio". Dossier che parlava del tentativo fatto dall'ex rais di Baghdad Saddam Hussein di procurarsi uranio grezzo in Niger e che conteneva un'escalation di accuse strumentali al successivo intervento militare in Iraq.
Il cosiddetto "Nigergate" ha provocato un duro attacco contro il Sismi e il suo direttore generale Nicolo' Pollari. Francesco Cossiga, da esperto di "dirty affairs" spiega che cosa si nasconde dietro questo attacco: "Circolano due ipotesi principali: la prima, che l'attacco sarebbe ispirato dal dipartimento di pubblica sicurezza, cui da tempo vengono imputate le accuse di 'allarmismo" in materia di attacchi del terrorismo islamico, per le informazioni 'passate' dal Sismi. Ma si tratta di una ipotesi basata soltanto su pettegolezzi tra presunti legami, solo informativi e di sostegno reciproco beninteso, tra giornalisti della Repubblica e il dipartimento.
La seconda ipotesi, ben piu' verosimile, e' che si tratti di un attacco al Sismi e a Pollari sferrato per ritorsione e vendetta dall'amministrazione americana per l'attivita' svolta dal Servizio per la liberazione di ostaggi italiani, e non solo italiani, mediante trattative con il terrorismo e la guerriglia e il pagamento di riscatti, in difformita' alla linea americana e britannica".
E la Cia? "No, non la Cia ne' la Dia, ma gli ambienti militari e in particolare la Military Intelligence che opera sul campo in Iraq e che si sarebbe sentita ingannata per l''operazione Sgrena' e messa sotto accusa per l''operazione Calipari-Fuoco amico' condotta da unita' militari americane. Ma io credo, e non solo io, che vi sia una terza ipotesi, ben piu' credibile".
Quale sarebbe? Spiega il senatore: "Quella che l'operazione anti-Pollari sia condotta dagli ambienti dello Stato Maggiore della Difesa, e in particolare dal capo di Stato Maggiore ammiraglio Giampaolo Di Paola, attraverso il reparto informazioni e sicurezza dello Smd, che opera in assoluta liberta', con ingenti mezzi e al di fuori di ogni controllo politico e parlamentare e in collegamento con il comando generale dell'Arma dei carabinieri". Secondo Cossiga dietro a questa ipotesi ci sarebbe uno scopo ben preciso: "Delegittimare l'attuale gestione del Sismi, punendola per essersi svincolata da via XX settembre, e di riappropriarsi del servizio, costringendo il governo a sostituire Nicolo' Pollari con il protetto di Di Paola, l'ammiraglio Campegher, attuale capo del ben noto Ris". E il comando generale dell'Arma? "Esso e' gestito attualmente dal 'clan' toscano, il generale che sostitui' allo Stato Maggiore del comando generale per volonta' dell'ammiraglio Di Paola il generale Piccirillo, cacciato in ventiquattro ore senza neanche il preavviso previsto per le collaboratrici domestiche! Con l'accusa di 'collaborazionismo' con il ministero dell'Interno". Il senatore indica inoltre quale sarebbe l'utile per il 'clan Toscano': "Anzitutto, dopo avere contribuito a silurare con molta finezza la candidatura del generale Stefano Orlando alla vice direzione del Sismi, piazzare a questo posto un altro 'clan', il generale Borruso, e poi vedere sostenuta dall'ammiraglio Di Paola la candidatura del generale Toscano a prossimo comandante generale dell'Arma, nell'ambito della politica di 'riappropriazione' dell'Arma dei carabinieri da parte del ministero della Difesa, proteso a costituirsi in 'ministero dell'Interno' parallelo, in mancanza di prospettive di vere guerre, non dico di una Trafalgar o di una Waterloo, ma neanche di una Lissa o di una Caporetto. E questo collegamento anche con una parte del centrosinistra".
Ma come? Notoriamente Pollari gode della fiducia anche della sinistra. "Si', della sinistra! Ma l'ammiraglio Di Paola, 'figlioccio' del generale Mosca-Moschini, 'padrino' a 'La Nunziatella' di Arturo Parisi, che lo impose come capo di Stato Maggiore della Difesa negli ultimi sette giorni del governo Amato e' uomo di fiducia dei 'prodian-ciclisti'. E cosi' - conclude Francesco Cossiga - il cerchio si chiudeà". Con la “sentenza” che suona come una picconata, Cossiga mina la credibilità dello Stato.

 

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