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Cronaca
Sgrena libera/Ucciso Calipari

 

Contini “ Calipari ucciso sulla strada più pericolosa dove gli americani hanno paura”

18/03 Il contingente italiano in Iraq non puo' ritirarsi prima del giugno 2006: e' il tempo necessario all'addestramento delle truppe irachene. Lo afferma Barbara Contini, ex governatore della provincia di Nassiriya. Si comincia a parlare di un possibile ritiro delle truppe italiane da Nassirya, la ritiene una strada praticabile? ''Io ho sempre ritenuto - risponde Contini - che gli italiani se ne devono andare quando l'esercito iracheno sara' formato e quindi la guardia nazionale sara' formata e la polizia sara' formata. Secondo me questo non puo' accadere prima del giugno del 2006. L'ho sempre detto e non tornero' a ripeterlo. Io conosco i numeri e sono i numeri che contano''. Quali numeri? ''Quelli sulle persone addestrate: so quanti ne abbiamo addestrati - aggiunge l'ex governatore della provincia irachena a margine di un forum sul Sudan a Milano - so quanti ne mancano da addestrare, se uno fa un calcolo... Si tratta di migliaia e migliaia di persone nelle diverse province: anche se andavamo piuttosto velocemente anche con le forniture dell' equipaggiamento, non e' una cosa semplice'', conclude l'attuale inviato del governo italiano in Darfur. Barbara Contini ricorda anche l'agente del Sismi Nicola Calipari che ''era una persona meravigliosa con la quale avevamo lavorato bene e sapeva il fatto suo''. E' una ricostruzione credibile quella secondo la quale gli americani fossero all' oscuro di quanto stava accadendo? ''Quella strada - dice Contini - e' veramente la piu' pericolosa dell'Iraq: e' veramente pericoloso percorrerla e cercare di 'coprirla', ci sono sia a destra che a sinistra ville vicine e lontane. Ci puo' essere chiunque ed e' naturale che gli americani abbiano paura di chiunque'', conclude Contini.

Una città degli scout in memoria di Calipari

''E' un'ottima iniziativa quella proposta dal Movimento Repubblicani Europei, apparsa oggi sulla stampa, sulla possibilita' di realizzare la 'Citta' degli Scout' intitolata alla memoria di Nicola Calipari''. E' quanto sostiene in una nota il candidato dell'Unione alla presidenza della regione, Agazio Loiero. ''Il calabrese funzionario del Sismi - ha aggiunto - da ragazzo e' stato un valido scout ed ha creduto in quella che rappresenta una vera e propria scuola di vita al servizio del prossimo, riuscendo a formare cosi' la sua altissima professionalita' che tutto il mondo ha colto durante la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, dando orgoglio alla nostra Calabria. Trovo che in un momento di grande difficolta' per i nostri giovani, senza spazi e stimoli per coltivare le proprie idee, l'associazionismo degli Scout diventi preziosa risorsa. Risorsa che va' pero' incentivata attraverso fatti concreti come questa idea lanciata dal Movimento Repubblicani Europei di creare una vera e propria 'Citta' degli Scout'''. ''In generale - ha proseguito Loiero - va' sostenuta la strada che porta i giovani all'aggregazione e alla condivisione di passioni e ideali. C'e' un bisogno incontrovertibile di questo, soprattutto perche' la nostra Regione, ha spesso mortificato il grande desiderio che anima i ragazzi a vivere l'associazionismo. Un'idea progettuale che, come afferma il Movimento Repubblicani Europei, potrebbe essere realizzata nella provincia di Reggio Calabria con gli strumenti finanziari del fondo europeo e del cofinanziamento regionale''. ''La nostra coalizione e' molto attenta - ha concluso - a un'entita' come quella degli Scout che in Calabria conta piu' di 25 mila giovani iscritti''.

Sgrena: “Mi pesa molto l’esser viva al prezzo della vita di Calipari”

18/03 "Nei giorni del sequestro ho cambiato l'ordine dei miei valori, ho pensato di piu' alle persone cui voglio bene e che a volte ho trascurato per il lavoro. Sul piano professionale c'e' stata una profonda delusione. Io mi sono battuta fino all'ultimo per andare in Iraq, anche in quest'occasione delle elezioni mentre gia' molti altri giornalisti decidevano di non andarci, anche in altri paesi, ed il nostro governo ci sconsigliava di andare dicendo che era troppo rischioso. Io ho scritto ripetutamente sul mio giornale che bisognava andare per testimoniare. Bisognava raccontare il degrado di questo paese sotto occupazione. Questa e' la settima volta dall'inizio della guerra che vado in Iraq ed ogni volta trovo una situazione peggiore. Il mio sequestro e' un segno di questo degrado. Se per liberare un paese questi gruppi sono costretti a sequestrare persone e' anche perche' ormai non c'e' piu' nessuna regola e la violenza e' l'unica voce che parla ancora. Io sono andata e pensavo di poter testimoniare le sofferenze di quel popolo e sono stata sequestrata proprio quando ero andata a sentire la voce dei profughi di Falluja, quelli che in Iraq hanno sofferto piu' di tutti, sono gli abitanti della citta' che e' stata praticamente distrutta a novembre e che quindi adesso vivono attorno a una moschea a Baghdad. Io sono stata sequestrata in quel momento e anche questo mi colpisce molto e i miei sequestratori mi hanno detto che io andando a sentire la voce della gente ero molto piu' pericolosa dei miei colleghi che stavano in albergo perche' io potevo raccontare in giro cose che non andavano raccontate. Se non e' piu' possibile svolgere questo lavoro di testimonianza, io tutto questo lo vivo come un fallimento e in queste condizioni non tornero' piu' in Iraq perche' non ha piu' senso anche se sono sicura che ci sono tanti iracheni che vorrebbero parlare della loro condizione. " Cosi' Giuliana Sgrena nell'intervista esclusiva concessa a Guy Chiappaventi per La7 poco prima del nuovo intervento chirurgico al Celio. "Certo - ha proseguito la giornalista - negli ultimi tempi Falluja era diventata piu' pericolosa. Avevo parecchi amici li' e c'ero gia' andata piu' volte per conoscere la nascita, la crescita e la denigrazione di alcune parti della resistenza e mi ricordo che nello scorso anno alcuni amici che abitavano li' mi avevano detto che non potevano piu' proteggermi e non potevano piu' garantirmi rispetto a tutti i gruppi che costituivano una minaccia per me. Da quel momento non ci sono piu' andata. Io pensavo che contattare i profughi di Falluja a Baghdad fosse diverso invece non e' stato cosi'". "Sono stati giorni terribili,momenti di speranza alternati a momenti di terrore - ha dettoGiuliana Sgrena, ricordando i giorni del sequestro -. Momenti in cui pensavo che mi avrebbero ucciso, che non ce l'avrei fatta , momenti in cui invece pensavo che dovevo resistere perche' se fuori c'era la mobilitazione per salvarmi, allora tutto dipendeva anche dalla mia resistenza all'interno. Cercavo di farmi forza e mantenere la mia dignita' e questo di permetteva quotidianamente di far fronte ai miei sequestratori. Ho tentato di stabilire con loro una forma di comunicazione per capire chi fossero perche' per me la cosa piu' importante da capire era quella. Se si fossero rivelati un gruppo di quella miriade composita di resistenza che usano anche la forma condannabile del sequestro, allora avevo qualche probabilita' di salvarmi. Sarebbero anche potuti essere delinquenti comuni. Ad un certo punto mi e' sembrato di capire che fossero un gruppo politico e a volte mi confrontavo con loro per approfondire. Era chiusa in una stanza sottochiave quasi sempre al buio, non c'era quasi mai elettricita', non avevo un orologio, non avevo un libro, non avevo una penna. Le giornate erano interminabili. Cercavo di mantenere il conteggio delle ore basandomi sulle varie preghiere che recitavano ad orari fissi, a cominciare dalle cinque e trenta della mattina. Devo ancora rielaborare questo periodo perche' la liberazione, la sparatoria e la morte di Calipari hanno fin qui prevalso e devo ancora capire fino in fondo quanto ha cambiato in me il periodo del sequestro". "Eravamo molto euforici Nicola ed io e l'agente che era alla guida. Mancavano poche centinaia di metri, si parlava, ci si diceva, quasi ce l'abbiamo fatta e poi all'improvviso questa pioggia di fuoco - dice ancora Giuliana Sgrena ricordando la tragica sparatoria in cui ha perso la vita Calipari - Nicola si e' buttato su di me per proteggermi, non ha piu' detto una parola. Mi ha salvata due volte. Al momento del rilascio io ero terrorizzata. Io temevo che venisse a prendermi qualche altro gruppo a cui mi avevano ceduto. Nicola si era rivolto a me con delle parole che mi avevano dato immediatamente fiducia. Era veramente la liberta' per me, mi restituivano la fiducia che in qualche momento avevo perso. Lui ha voluto sedersi accanto a me per starmi piu' vicino in quel tragitto. Quando hanno aperto il fuoco non ho capito piu' niente. Ho realizzato solo quando ho visto i vetri rotti ed ho cercato di sollevare Nicola ed ho sentito solo un rantolo. Ho perfino pensato di essere morta pensando di essere viva o il contrario. Una sensazione terribile! Ho sentito moltissimo il peso di questa morte. Sono addolorata perche' Nicola mi ha ridato due volte la vita, e' morto per salvarmi. Lui non c'e' piu', io sono viva e questo mi pesa molto. Poi sono nate tante polemiche, tante accuse fatte da chi neppure sa di cosa sta parlando. Non so se qualcuno paghera' per la morte di Calipari, non so se si sapra' mai la verita'. Da parte nostra, mia e del Manifesto, e' stato sottolineato che quello non era un banale incidente, che la meccanica era quella di agguato. Gia' e' un fatto che ci sia una commissione d'inchiesta anche se le esperienze precedenti mi fanno sperare poco. Ma, visto che ogni giorno intere famiglie irachene muoiono allo stesso modo, se questa commissione servisse a rimettere in gioco le regole d'ingaggio, gia' sarebbe un passo avanti". "Non vedo l'ora di tornare a casa - ha concluso Giuliana Sgrena - .Prima pensavo, appena libera tornero' li' invece sono ancora in ospedale. Ritrovero' le mie piccole cose, avro' montagne di giornali da leggere per riempire il grande vuoto di questo mese in cui sono rimasta tagliata fuori da tutto. Poi ritrovero' i libri, i vestiti, piccole cose che ti aiutano a guarire perche' penso che ci vorra' molto per guarire. Soprattutto psicologicamente perche' fisicamente guariro' in una quarantina di giorni. Ma certe ferite intime ci vorra' piu' tempo per sanarle".

Ufficiale del Sismi conferma “Nessun quarto uomo”

18/03 Nessun quarto uomo durante il viaggio che doveva condurre Giuliana Sgrena all'aeroporto di Baghdad, nessuna auto di scorta o di staffetta alla Toyota presa di mira dai militari Usa: e' quanto ribadito oggi al pubblico ministero Erminio Amelio dal maggiore dei carabinieri ferito durante la sparatoria in cui mori' Nicola Calipari. Durante il lungo interrogatorio, l'ufficiale dei carabinieri ha detto di aver contattato, e di essere stato contattato, sia il generale Mario Mairoli, responsabile italiano a Baghdad di collegamento con la forza multinazionale, sia il capo centro.Massimo riserbo sull'oggetto delle comunicazioni. L'ufficiale del servizio segreto militare, per quasi tre ore davanti al pm Erminio Amelio e a rappresentanti di Digos e Ros, ha ricostruito i contatti avuti con il generale Mario Marioli al quale, subito dopo la liberazione della giornalista de 'il manifesto', comunico' l'imminente arrivo all'aeroporto di Baghdad, al fine di accelerare le pratiche burocratiche (l'eventuale rilascio di un badge) necessario per la partenza della Sgrena che era in possesso del solo passaporto. I cellulari di A.C. sono gia' nella disponibilita' dei magistrati della Procura di Roma; oggi non e' stato possibile, prima di affidare una consulenza tecnica sugli apparecchi, visionare la memoria di uno di questi perche' scarico e privo di carica batterie. Di telefonate fatte dall'autista aveva parlato l'inviata de 'il manifesto'; una circostanza che, invece, non era stata riferita dall'ufficiale del Sismi quando venne sentito per la prima volta dagli inquirenti. Intanto i magistrati romani che indagano sui fatti avvenuti il 3 marzo scorso nella capitale irachena hanno affidato alla polizia postale l'incarico di esaminare i telefoni cellulari di Calipari e dell'agente del Sismi rimasto ferito al fine di ricostruire tutte le comunicazioni intercorse con i superiori. Ma prima di cio', gli inquirenti dovranno ottenere dal Gip l'autorizzazione per prelevare i tabulati delle utenze telefoniche. La prossima settimana saranno ascoltate Simona Torretta e Simona Pari nonche' Maurizio Scelli a proposito della presenza di Calipari durante la liberazione delle due volontarie italiane sequestrate nello scorso anno.

La Sgrena in poche ore dalle dimissioni ad un secondo intervento chirurgico

Giuliana Sgrena e' passata in poche ore da una possibile dimissione ad un nuovo intervento chirurgico. La giornalista rapita in Iraq doveva lasciare quest'oggi l'ospedale militare del Celio, dove e' ricoverata da sabato 5 marzo. Nelle prime ore del pomeriggio invece e' stata sottoposta ad un'operazione di drenaggio al polmone, che la terra' in osservazione ancora per alcuni giorni. Da quanto si apprende da fonti ospedaliere l'operazione e' stata effettuata nel primo pomeriggio, e' durata circa un'ora e l'esito e' positivo. Gia' dalle prime ore di questa mattina un gruppo di giornalisti e fotografi aveva affollato la piazza antistante l'ospedale militare per riprendere l'uscita della giornalista del Manifesto. Con il passare del tempo e la mancanza di notizie ufficiali cresceva il dubbio di un prolungato ricovero finche' il compagno Pier Scolari e alcuni medici dell'ospedale non hanno detto che ''Giuliana sarebbe stata dimessa soltanto sabato''. Pochi minuti piu' tardi il colonnello Massimo Nardi, capo dipartimento di medicina e chirurgia del Celio, ha informato i giornalisti con un nuovo bollettino medico, annunciando il secondo intervento da quando e' ricoverata. ''Una piccola area di pneumotorace in sede apicale sinistra - si leggeva sul bollettino - non essendosi risolta spontaneamente, necessitava del posizionamento di un drenaggio da tenere alcuni giorni''.

Scolari: “L’operazione è andata bene”

''L'operazione e' andata bene. Ora si tratta solo di aspettare tre giorni per il normale decorso post-operatorio''. Lo ha detto il compagno di Giuliana Sgrena, Pier Scolari, raccontando ai cronisti l'esito dell'intervento a cui e' stata sottoposta la giornalista del 'Manifesto' al policlino militare del Celio.

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