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Whynot: 8 condanne, 27 rinvii, 34 assolti

 

 

Whynot, 8 condanne; 27 rinviati a giudizio: tra loro Adamo, Morelli, Morrone; 34 assolti: tra loro Dima, Gentile, Incarnato, Luzzo, Sarra, Tripodi, Tommasi

02 mar 10 Otto condanne sono state comminate dal Gup Abigail Mellace a conclusione dei 42 riti abbreviati nell'ambito del processo Why not. Trentaquattro le assoluzioni totali pronunciate dal magistrato, tra le quali quelle a favore del presidente della Regione Agazio Loiero, dell'ex governatore Giuseppe Chiaravalloti, del segretario della Giunta Loiero Nicola Durante, dell'ex assessore della Giunta Chiaravalloti alla sanità Gianfranco Luzzo, dell'ex assesore della Giunta Loiero, Pasquale Maria Tripodi, dell'assessore in carica ai Lavori Pubblici Luigi Incarnato, Sergio Abramo, consigliere regionale del pdl ed ex sindaco di Catanzaro, coinvolti nell'inchiesta a vario titolo. Fra gli assolti, anche Tommaso Loiero, dirigente della Regione Calabria e fratello del governatore uscente, e Vincenza Bruno Bossio, imprenditrice, moglie del capogruppo regionale del Pd Nicola Adamo.

Le persone rinviate a giudizio con il rito ordinario, che compariranno davanti al tribunale il prossimo 9 giugno, sono in tutto 27. Tra loro, fra gli altri, il consigliere regionale Francesco Morelli (Pdl), l'ex deputato Ennio Morrone (Udeur), gli ex assessori regionali Dionisio Gallo (Udc) e Domenico Basile (Pdl), il capogruppo regionale del Pd ,Nicola Adamo. Ventotto i proscioglimenti, fra cui quelli del deputato del Pdl Giovanni Dima, del capogruppo regionale del Pdl Pino Gentile, dell'eurodeputato Mario Pirillo (Pd) del consigliere regionale del Pdl Alberto Sarra, dell'ex assessore regionale Diego Tommasi.

Inchiesta partita nel 2006. L’inchiesta Why not, che ieri è giunta ad una prima conclusione con la sentenza del processo abbreviato e la decisione sul rinvio a giudizio, è stata avviata nel 2006 dall’allora pm di Catanzaro Luigi de Magistris su presunti illeciti nella gestione dei fondi statali, regionali e comunitari e venne poi avocata dalla Procura generale. Tra le persone coinvolte inizialmente figuravano anche politici nazionali di spicco quali l’ex presidente del consiglio dei ministri, Romano Prodi e l’ex ministro della giustizia, Clemente Mastella, le cui posizioni sono state successivamente archiviate nel corso delle indagini preliminari. Nel processo sono rimasti politici ed amministratori regionali. Tra loro il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, ed il suo predecessore Giuseppe Chiaravalloti; assessori e consiglieri regionali in carica ed ex; funzionari regionali e imprenditori, tra i quali Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle Opere della Calabria, imputato principale, e la testimone Caterina Merante, che con le sue dichiarazioni aveva dato il via all’inchiesta.

Il Giudice dott.ssa Abigail Mellace ha disposto il rinvio a giudizio, per il prossimo 9 giugno, di 27 imputati: Nicola Adamo, Domenico Basile, Rosario Caccuri Baffa, Rosario Calvano, Ernesto Caselli, Giorgio Cevenini, Pasquale Citrigno, Aldo Curto, Gennaro Ditto, Giancarlo Franzè, Alfonso Esposito, Dionisio Gallo, Antonio Gargano, Marino Magarò, Clara Magurno, Pasquale Marafioti, Rosalia Marasco, Antonio Mazza, Caterina Merante, Michele Montagnese, Francesco Morelli, Ennio Morrone, Giuseppe Pascale, Filomeno Pometti, Cesare Carlo Romano, Michelangelo Spataro

Non luogo a procedere per 17 degli indagati

Per il rito abbreviato sono stati condannati 8 dei 42 imputati: Antonio Saladino è stato condannato a due anni di reclusione per concorso in abuso d’ufficio; cadono a suo carico tutte le accuse originarie di associazione a delinquere, peculato, truffa e corruzione. Le altre condanne: Antonio La Chimia (1 anno e 10 mesi), Giuseppe Lillo (1 anno e 10 mesi), Pietro Macrì (9 mesi), G. Morabito (6 mesi), F. Saladino (4 mesi), Rinaldo Scopelliti (1 anno), Francesco Maria Simonetti (1 anno).

Completamente assolti da ogni accusa tutti gli altri imputati del procedimento con rito abbreviato: Sergio Abramo, Carmine Aloisio, Mario Alvaro, Pasquale Anastasi, Pietro Andricciola, Gianpaolo Bevilacqua, Raffaele Bloise, Vincenza (Enza) Bruno Bossio, Giuseppe Chiaravalloti, Eugenio Luigi Conforti, Franco N. Cumino, Mariangela (Marinella) De Grano, Francesco De Grano, Nicola Durante, Maria Teresa Fagà, Giuseppe Fragomeni, Antonio Nicola Franco, Nicola Garagozzo, Giovanni Lacaria, Agazio Loiero, Tommaso Loiero, Francesco Lucifero, Giovanni (Gianfranco) Luzzo, Luigi Muraca, Aldo Pegorari, Filippo Postorino, Saverino (Rino) Saladino, Sabatino Savaglio, Mario Scardamaglia, Lucia Sibiano, Pasquale M. Tripodi, Renzo Turatto, Peppino Biamonte, Luigi Incarnato.

Pm attendono motivazioni. “Non è facile dare una lettura generale di un provvedimento così complesso, comunque ci sono alcune cose che condividiamo ed altre che non condividiamo affatto. Attenderemo le motivazioni delle decisioni del giudice e poi decideremo il da farsi”. Lo hanno detto i sostituti procuratori generali della Repubblica di Catanzaro, Massimo Lia ed Eugenio Facciolla, questo pomeriggio al termine del procedimento Why not, dopo che il giudice Abigail Mellace ha deciso di condannare 8 imputati e assolverne altri 34, per quanto riguarda coloro che avevano chiesto i giudizio abbreviato, ed inoltre di rinviare a giudizio 27 persone e proscioglierne altre 28, per quanto riguarda quelli che avevano deciso di proseguire la normale udienza preliminare. Il giudice ha ora 90 giorni di tempo per depositare le motivazioni della sentenza degli abbreviati, e 30 giorni per le motivazioni dei rinvii a giudizio e dei proscioglimenti. “Le leggeremo attentamente - hanno aggiunto il due pg - ed è probabile che ricorreremo in appello. Il dato che per noi è più rilevante in questo senso è che il giudice non ha riconosciuto l'associazione a delinquere che avevamo delineato e sostenuto. Ma c'è anche da dire - hanno aggiunto Lia e Facciolla - che il giudice, pronunciandosi per le condanne ed i rinvii a giudizio in merito alla maggior parte delle contestazioni di abuso d'ufficio che abbiamo contestato, ha confermato la illegalità della gestione di molti progetti finanziati dalla Regione Calabria con un meccanismo che si ripeteva, e dunque che nel corso degli anni è stata sperperata una gran quantità di soldi pubblici”.

Savaglio “Ora voglio la verità completa”. Il giudice dell'udienza preliminare di Catanzaro con la sua sentenza di oggi ha posto fine, per quanto riguarda la mia persona ad una vicenda che era stata più volte ed a più voci giustamente definita kafkiana, assurda, ridicola, illogica e senza alcun presupposto né fattuale né giuridico. Lo stesso ufficio di Procura, in sede di requisitoria, non aveva avuto remore ad affermare, testualmente, che su di me non c’era “uno straccio di prova”, chiedendo di conseguenza la mia assoluzione. La fiducia da me riposta sul sistema giustizia, complessivamente inteso, è stata alla lunga ripagata. Ma alcune riflessioni serie e drammatiche devono ora essere fatte. La vicenda processuale “Whynot” è una storia nella quale la mia persona non sarebbe mai dovuta entrare ed è necessario capire come, perché, per mano di chi e per colpa di chi vi sono stato invece trascinato dentro. E dell’intera vicenda, ben oltre i fatti che mi hanno riguardato personalmente, bisognerà chiarire la genesi, le motivazioni, a chi ha apportato vantaggi e da chi è stata utilizzata come cortina fumogena per coprire veri misfatti. Chi avrebbe dovuto davvero essere la principale persona indagata, e su cui davvero gravano, per quanto emerso nel rito abbreviato e in sede di udienza preliminare, gravi circostanziati e seri indizi di colpevolezza, ha tirato in ballo da subito il mio nome per tre motivi ben definiti: il primo, e più banale, può essere forse individuato in un'antipatia personale nei miei confronti, dato storicamente registrato ben prima che la vicenda pseudo imprenditoriale della Why Not avesse inizio. Il secondo, più serio, è quello della prevenzione rispetto a ciò che da uomo pienamente libero- quale ero e quale sono - ed in qualità di testimone non indagato avrei potuto tranquillamente affermare se citato a difesa di altri indagati. Il terzo, a maggiore rilevanza pubblica, è il peso che avrebbe potuto avere quanto da me scritto e quanto avrei più liberamente potuto scrivere - se non indagato e quindi maggiormente attendibile e senza dover tenere conto delle implicazioni processuali - in qualità di blogger, di collaboratore saltuario di testate giornalistiche o come semplice dispensatore di opinioni. Questo terzo punto è dimostrato da come in molti interrogatori, vengo citato quasi esclusivamente per la mia attività pubblicistica, prima come collaboratore di un’agenzia di stampa e poi come “addetto stampa” della Compagnia delle Opere e di Saladino (ruolo sempre ricoperto a titolo volontaristico). Già in passato, prima del silenzio autoimpostomi per rispetto di chi doveva serenamente giudicare, avevo avuto modo di affermare che ero stato utilizzato come carne da macello nella vicenda dello scontro tra Procure - quella di Salerno e quella di Catanzaro. Tale giustificazione della mia chiamata in presunto correo è storicamente e documentalmente dimostrata da quanto dichiarato dai magistrati catanzaresi, a dicembre del 2008, ed in primis dal procuratore generale Enzo Iannelli, prima agli organi di stampa e poi al CSM quando, per difendersi dalle accuse di De Magistris (e di Salerno), affermarono, senza pudore alcuno, che loro non avevano affossato l’inchiesta ma anzi stavano triplicando il numero degli indagati. Lo stesso Iannelli, qualche mese dopo, con ancor meno pudore affermò, sempre a mezzo stampa, che tra Salerno e Catanzaro non vi era stata alcuna guerra! Che io sia stato utilizzato semplicemente come numero, posso ora pubblicamente svelare, è dimostrabile facilmente da due informative della Guardia di Finanza contenute nel mastodontico fascicolo processuale e datate rispettivamente 5 e 16 dicembre 2008 dove una semplice nota a piè di pagina sul mio nome, nell'elenco dei componenti degli organi societari della Sial spa, mi indica come “molto vicino a Saladino Antonio” . Proprio quell'informativa servì da base probatoria - dimostratasi invero del tutto inefficace ed inconcludente - per inserire il mio nome nel “contestuale avviso di chiusura indagini e informazione di garanzia” firmato lo stesso 16 dicembre (!) dai magistrati inquirenti Iannelli, Garbati, Lauri, De Lorenzo e Curcio. L'inconsistente ed irrilevante contenuto di quell’informativa, che mi indicava come semplice sindaco supplente - e quindi senza poteri, senza retribuzione, e senza responsabilità - di una società a capitale interamente pubblico bastò a chi guidava la Procura Generale di Catanzaro per scrivere che mi ero appropriato, insieme ad altri, rispettivamente di 6 e 2 milioni di euro (sigh!) e quindi a formulare nei miei confronti l'infamante ipotesi di gravissimi reati come il peculato e la truffa: “reati fine” che avrebbero dovuto motivare la mia appartenenza ad una presunta associazione a delinquere. Nonostante gli accertamenti bancari sul mio conto avessero già potuto dimostrare le mie non certo floride - e questo è un eufemismo - condizioni patrimoniali. Non è mancato chi, nel tritacarne mediatico giudiziario, ha cercato di utilizzare questa vicenda per usare il mio nome come quello di persona già macchiata, perché "già indagato nell'inchiesta Whynot", per accostarlo in modo diffamatorio ad altre pseudo inchieste giornalistiche. Ho dato mandato a un avvocato di valutare la possibilità di ogni azione risarcitoria, nei confronti sia dei “dichiaranti” sia di alcuni specifici ed individuati organi di (pseudo) informazione, ma nessuna somma potrà mai ristorare i danni umani, materiali, professionali, di immagine e di salute che questa vicenda mi ha prodotto. Quel che è certo è che da oggi riprenderò in modo più deciso la mia battaglia affinché la vicenda Whynot, che va a chiudersi nell’aspetto giudiziario, possa essere ricostruita nella sua verità politica, sociologica e “storica”.

Guccione "Fine di sofferenza per Loiero". “La notizia dell’assoluzione del Presidente Loiero ci riempie di gioia e soddisfazione perché pone fine ad un lungo periodo di sofferenza umana e politica e conferma pienamente che le accuse mosse al Governatore della Calabria erano del tutto infondate”. E’ quanto ha affermato, in una nota, il Segretario regionale del Pd, Carlo Guccione, appena appresa la notizia dell’assoluzione del Presidente della Giunta regionale calabrese. “Agazio Loiero –ha aggiunto Guccione- ha avuto la forza ed il coraggio di difendersi nel processo e non dal processo, al contrario di chi, invece, ricorre continuamente a cavilli e leggi “ad personam” per sottrarsi al giudizio della legge e per denigrare la magistratura. Con la sentenza di oggi si mette la parola fine ad una vicenda che ha alterato non poco il dibattito politico nella nostra regione, distorcendo e influenzando negativamente il giudizio dei calabresi nei confronti dell’operato della Giunta regionale di centrosinistra e causando, addirittura, la caduta del Governo Prodi”. “Agazio e la sua famiglia, che sono state vittime di un lungo ed ingiusto calvario –ha concluso Guccione- oggi possono ritrovare la serenità perduta ed essere ripagati con orgoglio da tante sofferenze”.

Comitato Loiero presidente: “Fine di un bluff”. “Un altro colossale bluff oggi si è consumato sotto gli occhi dei cittadini calabresi”. Ad affermarlo è il Comitato per Agazio Loiero Presidente. “Con la piena assoluzione di oggi, la gogna mediatica, alla quale è stato sottoposto Loiero, è finita. D’ora in poi nessun esponente del PDL potrà riempirsi la bocca accusando il PD di aver candidato a Presidente della Regione Calabria un indagato. Da oggi Loiero, se ce ne fosse stato bisogno, è un uomo ancora più limpido, che ha amministrato con impegno e con passione. “Prosegue il Comitato” Sgomberato il campo da questo fastidioso e banale equivoco, possiamo passare ai fatti o meglio alle cose fatte. Su questo terreno siamo pronti a confrontarci con tutti, perché i dati sono inconfutabili e sono sotto gli occhi di tutti i cittadini calabresi. Il Comitato, infine, formula al Presidente e soprattutto alla sua famiglia tanti auguri e tanta serenità, per affrontare con orgoglio l’imminente competizione elettorale.

Soddisfatto Nico Stumpo. “Esprimo la mia soddisfazione per l’assoluzione del Presidente Agazio Loiero dal procedimento Why not. La totale estraneità ai fatti è la conferma della serietà e dell’onestà con la quale il Presidente Loiero ha governato in questi cinque anni la Calabria. In una terra la cui legalità è ogni giorno messa in discussione la conferma che il suo Presidente è persona onesta è una buona notizia”. Così Nico Stumpo, della segretaria del Pd, responsabile organizzazione

 

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