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La rivolta degli immigrati

 

Immigrati di Rosarno, una storia tutta calabrese. Il Papa bacchetta tutti, Maroni bacchetta la Regione, Loiero non ci sta e le ruspe coprono la vergogna

10 gen 10 (PG) Nella giornata della calma dopo la tempesta, al rumore delle ruspe che buttano giù le baracche fino a ieri animate da mille dialetti di tutte le razze, Rosarno si è svegliata sotto la pioggia. Un pioggia intrisa da lacrime, polemiche e tante bugie. Doveva essere la domenica del riposo della giornata libera che non si lavora e invece il lungo pamphlet inviato dalla Questura di Reggio con il bilancio di due giornate di follia fa riflettere sulla polveriera che qualcuno ha provato a far esplodere proprio qui in Calabria. Una polveriera mista tra odio razziale e lavoro nero, sfruttamento e poteri nascosti. L’Italia si accorge che in Calabria l’illegalità dello sfruttamento e dello schiavismo è trista realtà abusata quotidianamente. Nella patria della ndrangheta che tutto controlla, lo Stato riscopre la sua impotenza e nasconde sotto il tappeto la polvere del lavoro nero, vero motore di una regione, e di tutto il sud, che non ha fabbriche e non produce ricchezza. Non ne produce per quanto ne spende. L’immigrazione è la punta di un iceberg d’illegalità diffuso. Eppure esiste anche la Calabria positiva ,quella che ha la gente assunta regolarmente e che paga i contributi. Una piccola Calabria che affoga nella prassi diffusa del lavoro nero. Esiste la Calabria dell’accoglienza che per ovviare a secoli di emigrazione, frutto della povertà, accoglie i suoi nuovi figli tentando di innestare sulla sua pianta arbusti e idiomi diversi. La storia qui è sempre stata così. Dai turchi, agli arabi, dagli spagnoli ai normanni, in Calabria le contaminazioni etniche sono sempre state di casa. Adesso che la storia presenta il conto, i figli di quegli emigrati fuggiti per fame rifiutano di rivivere un passato difficile da dimenticare. Qualcuno però ci marcia e nessuno dice niente. Almeno fino a ieri. Ma la Rognetta di Rosarno esiste da anni. Faceva comodo tenere la gente al limite della condizione umana in modo tale da giustificare lo sfruttamento e la fame per un prodotto, le arance, che neanche più conviene coltivare. Così il malaffare arrivato a confondersi con la neo borghesia tiene sotto controllo i terreni, le imprese, l’agricoltura, gli uomini, il territorio. Gestisce il potere e probabilmente prova a fare paura colpito negli interessi con le confische. Una scintilla. Una bomba che esplode a metà, un fucile a piombini. Il PM Creazzo dice che probabilmente ci sono responsabilità della ndrangheta. Ma la politica si dilania in un vergognoso scarica barile. I metodi si assomigliano. Alla fame, se vuoi comandare. Come nel passato. Il Papa tira le orecchie a tutti chiedendo il rispetto dell’uomo, della sua dignità e del frutto delle sue mani, il lavoro. Qua, invece, in Calabria questa realtà è quotidiana e guai se ti lamenti, te ne devi andare se non vuoi morire di fame.

PM Creazzo “Al vaglio le responsabilità”. L'ombra dei clan anche sui fatti di Rosarno? Sono al vaglio tutte le ipotesi. Alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Palmi, che coordina l'inchiesta su quanto e' avvenuto negli ultimi giorni a Rosarno, si lavora senza soste. "Allo stato - dice il procuratore capo Giuseppe Creazzo - ogni ipotesi e' plausibile. Stiamo conducendo accurate indagini per accertare le responsabilita'". Sulla stessa linea il neoprefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta: "e' un'ipotesi che non si puo' escludere ma al momento e' una valutazione che io non posso fare, in ogni caso - ha detto - l'ipotesi e' al vaglio degli investigatori". Per i fatti di Rosarno, oltre ad alcuni immigrati, sono finiti in manette anche tre cittadini del luogo: si tratta di Antonio Bellocco, figlio di Michele, considerato un esponente di spicco dell'omonima cosca, di Rocco Bono e di Vincenzo Ceravolo. La Procura di Palmi ha gia' chiesto la convalida dell'arresto, ora all'esame del gip. Lo stesso tribunale, l'altro ieri, ha invece convalidato il fermo di cinque extracomunitari fissando anche la data del processo al 26 gennaio prossimo.

Il lungo bilancio della Questura. Si chiama Saibou Ayia, 26enne nativo del Togo, la prima vittima degli scontri di Rosarno. La Polizia riferisce che e' in possesso di regolare permesso di soggiorno. Secondo la questura di Reggio Calabria, che ha diffuso una lunga nota in cui riporta la cronologia dei fatti degli ultimi giorni, il giovane africano ha riferito di essere stato colpito da un piombino esploso da un'arma ad aria compressa verso le 14.30 di giovedi' da una persona, a bordo di un'autovettura, in via Nazionale a Gioia Tauro. Dopo le prime cure i medici hanno emesso una prognosi di 10 giorni. Nel giro di alcune ore, diffusa la notizia del ferimento, un gruppo di circa trecento cittadini extracomunitari dell'area dei Comuni di Rosarno e San Ferdinando, che lavorano saltuariamente come braccianti agricoli nelle campagne della Piana di Gioia Tauro e Rosarno per la raccolta di agrumi, si sono riversati lungo la via Ss 18 inscenando una rabbiosa manifestazione di protesta, creando intralcio alla circolazione stradale, danneggiando cassonetti per la raccolta di rifiuti solidi urbani, colpendo con bastoni e pietre numerose autovetture in transito. Contemporaneamente un centinaio di extracomunitari nel centro abitato di Rosarno danneggiava cassonetti ed autovetture in sosta. La violenta protesta, a stretto giro, si e' trasformata in una vera e propria rivolta a mano a mano che altri cittadini extracomunitari raggiungevano il centro del paese, superando i 400 manifestanti. La situazione, esplosa nel giro di pochi minuti, e' stata tempestivamente fronteggiata dalle forze dell'ordine anche mediante il ricorso ad alcune cariche di alleggerimento e l'uso di lacrimogeni. A questo punto e' stato fatto un primo tentativo di dialogo, attraverso un incontro tra una delegazione di immigrati ed il presidente della Commissione Straordinaria del Comune di Rosarno, Domenico Bagnato, nel corso del quale gli extracomunitari hanno esposto le ragioni della loro protesta. Nonostante le rassicurazioni ricevute, tuttavia, gli immigrati hanno ripreso a creare disordini. Anche in questa seconda fase della protesta si e' ripetuto il clima di guerriglia urbana: i cittadini extracomunitari si sono riversati sulla strada Ss 18, nei pressi dell'ex fabbrica Sila e dell'ex fabbrica Rognetta, entrambe utilizzate come dormitori, creando disordini e compiendo atti di vandalismo. Il personale delle forze di Polizia e' riuscito, anche in questa seconda occasione, a ristabilire l'ordine facendo ricorso all'uso di lacrimogeni. Nel corso della giornata il Commissariato di Polizia di Gioia Tauro ha proceduto all'arresto di tre cittadini extracomunitari, due dei quali feriti e medicati presso l'Ospedale di Polistena, per i reati di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, devastazione e danneggiamento. I militari dell'Arma Carabinieri hanno arrestato altri quattro cittadini extracomunitari. Durante i disordini, due cittadini extracomunitari, rimasti feriti, sono stati soccorsi e medicati presso l'Ospedale di Polistena. Solo intorno alle 2 della notte i cittadini extracomunitari hanno fatto rientro nelle strutture adibite a dormitorio mentre le forze dell'ordine continuavano a presidiare il territorio. La mattina di venerdi' circa 700 immigrati si sono radunati nella piazza antistante il Comune di Rosarno per manifestare pacificamente per gli episodi di violenza di cui sono stati vittime anche in passato. Si e' ripetuto l'incontro tra una delegazione di immigrati, preoccupati per la loro sicurezza, con il Prefetto Bagnato. Avute assicurazioni, tutti gli immigrati si sono avviati lentamente verso le due ex fabbriche. Nel frattempo, pero', un comitato spontaneo di circa 50 cittadini di Rosarno ha manifestato davanti al Comune per manifestare pacificamente e rappresentare la loro preoccupazione. Nel pomeriggio di venerdi', alle 14.30, e' stato convocato al Comune di Rosarno il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal Prefetto di Reggio Calabria, nel corso del quale sono state assunte determinazioni circa il massimo impiego delle Forze di Polizia nella gestione dell'emergenza, con l'aggregazione di numeroso contingente proveniente anche da altre citta'. Intanto sono continuati singoli episodi di violenza ed intolleranza soprattutto nei confronti di quei cittadini extracomunitari che vivevano isolati, nelle campagne circostanti il paese di Rosarno. In particolare, nella mattinata, un cittadino rosarnese C.V., di 50 anni, si e' reso responsabile dello sparo di un colpo di fucile in aria, a scopo intimidatorio, dal balcone del proprio appartamento, al fine di fare desistere alcuni immigrati che, transitando nella via, avevano tentato di compiere alcuni danneggiamenti. I militari dell'Arma presenti nelle vicinanze hanno proceduto poi alla denuncia di C.V.. In serata, i carabinieri hanno intercettato due individui rosarnesi che, con una ruspa, stavano trascinando alcuni cassonetti della raccolta di rifiuti solidi urbani per scagliarli contro un gruppo di cittadini extracomunitari. I militari hanno proceduto all'arresto di B.G., di 37 anni, per il reato di tentato omicidio. Successivamente, hanno arrestato C.G. di 30 anni, pluripregiudicato, il quale poco prima aveva investito con la propria autovettura un cittadino extracomunitario. Intorno alle ore 18.30 ignoti hanno ferito alle gambe a colpi di arma da fuoco nei pressi di Rosarno, al bivio per Laureana di Borrello, due cittadini extracomunitari, Sidibi Oumar nativo della Guinea di 23 anni e Trauri Musa nativo della Guinea di 21 anni, che sono stati ricoverati all'Ospedale di Gioia Tauro e sono stati giudicati guaribili in 30 giorni. Nel frattempo, nel corso della serata per cinque dei sette extracomunitari arrestati nella serata precedente dalla Polizia di Stato e dell'Arma Carabinieri e' stato convalidato l'arresto dal Tribunale di Palmi. Infine, nella tarda serata di venerdi', i primi duecento immigrati hanno chiesto di lasciare Rosarno ed essere trasferiti presso un Centro di Accoglienza. E' iniziato cosi' il trasferimento al Centro di Prima Accoglienza di Crotone mediante pullman scortati. Anche nella giornata successiva (ieri) e' continuata l'attivita' di trasferimento di altri gruppi consistenti di cittadini immigrati ai Centri di Accoglienza di Crotone e Bari. Sempre ieri si sono registrati ulteriori episodi di vandalismo e violenza: nella mattinata e' stata data alle fiamme un'abitazione colonica a Rosarno, nella seconda zona industriale, occupata da dieci cittadini extracomunitari, rimasti illesi. Funzionari della Polizia di Stato sono riusciti, attraverso opera di convincimento, a convincere un gruppo di cittadini rosarnesi a rimuovere una barricata realizzata nei giorni precedenti nella vicinanze dei due dormitori degli immigrati. Nel pomeriggio intorno alle 16, una persona ignota armata di pistola ha minacciato quindici extracomunitari che occupavano un casolare in Contrada Fabiana di Rosarno. All'arrivo della poliaia i cittadini extracomunitari hanno manifestato la volonta' di lasciare Rosarno, insieme a un altro gruppo di trenta immigrati che occupavano un casolare vicino, partendo in treno.

Il messaggio del Papa: Gli immigrati vanno rispettati. Lo ha detto oggi Papa Benedetto XVI, dopo le proteste violente di questi giorni a Rosarno. "Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura, e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita", ha detto il Pontefice all'Angelus. Benedetto XVI ha poi detto: "La violenza non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà. Il problema è anzitutto umano! Invito, a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me.".

Maroni bacchetta la Regione. "Il governo non intende più tollerare le "responsabilità diffuse" che nel caso di Rosarno, dopo anni in cui autorità territoriali e associazioni di categoria hanno chiuso gli occhi davanti al degrado e allo sfruttamento dei braccianti extracomunitari, hanno prodotto i gravi disordini dei giorni scorsi". Lo ha detto oggi il ministro dell'Interno Roberto Maroni in un'intervista rilasciata a SkyTg24, annunciando l'inizio dell'abbattimento delle baraccopoli di Rosarno, dopo che ieri centinaia di immigrati se ne sono andati volontariamente o sono stati trasferiti in un centro di prima accoglienza nel Crotonese. "Credo che i fatti di Rosarno abbiano tanti responsabili, anche chi non è intervenuto per eliminare il degrado, chi ha sfruttato per anni questi cittadini extracomunitari. Ci sono responsabilità diffuse che non intendiamo più tollerare", ha spiegato Maroni, aggiungendo che d'ora in poi il governo interverrà in tutte le situazioni analoghe di degrado che si registrano nel Sud. Ieri, dopo due giorni di violente proteste con polizia e abitanti e una vera e propria caccia all'immigrato, altri due immigrati sono stati presi a sprangate nella notte da abitanti del posto dopo che avevano cercato di fuggire all'arrivo della polizia, ha detto oggi una fonte inquirente. I due sono stati ricoverati in ospedale a Gioia Tauro. "Sono stati tutti portati in centri di prima accoglienza. Alcuni - ha spiegato il ministro - se ne sono andati spontaneamente, tutti coloro che avevano regolare permesso di soggiorno o che hanno presentato domanda di asilo politico. Sugli altri portati nei centri cominceranno le procedure di identificazione. procederemo applicando la legge italiana. Oggi inizia la demolizione delle baraccopoli", ha poi annunciato il ministro, che ha parlato di "una situazione davvero difficile in cui poteva anche scapparci il morto", ma risolta "brillantemente" da forze dell'ordine e prefetto. Maroni ha puntato il dito contro "un atteggiamento di tolleranza sbagliata" che negli ultimi dieci anni ha consentito che comunità di immigrati crescessero nel degrado, come a Rosarno o a Castel Volturno, nel Casertano, producendo "vere e proprie bombe a orologeria. Nessuno ha voluto vedere queste situazioni, che prima di diventare problemi di ordine pubblico potevano essere risolte con interventi sulle abitazioni, nel campo della sanità", ha detto, aggiungendo poi che "i datori di lavoro, le associazioni di categoria, non hanno mai fatto nulla per contrastare questo fenomeno" dello sfruttamento. Gli investigatori ipotizzano che dietro ai disordini ci sia la 'Ndrangheta. L'amministrazione comunale di Rosarno è stata infatti sciolta per mafia proprio da Maroni nell'ottobre 2008. "E' una delle piste possibili", ha precisato il ministro. Circa lo sciopero che gli immigrati stanno pensando di organizzare il 1 marzo, analogamente a quello degli extracomunitari in Francia, e alla possibilità che in quell'occasione i clandestini vengano presi dalle forze dell'ordine e scatti per loro la procedura di espulsione, Maroni ha commentato: "La legge è legge. Il 1 marzo è un giorno come gli altri. Se le forze dell'ordine scoprono che c'è un clandestino, dev'essere preso e portato in un Cie, identificato ed espulso".

Loiero non ci sta. ''Il primo ad avere tollerato la situazione di Rosarno e' proprio il ministro Maroni. Nel momento in cui la politica governativa sull'immigrazione mostra tutti i suoi limiti, il ministro invece di recitare un 'mea culpa' non trova di meglio che scaricare tutto sulla Regione, quando sa bene che la Regione non ha alcuna competenza perche' essa, sia per quanto riguarda l'organizzazione dei centri di accoglienza e soprattutto le procedure di espulsione, che non sono a ogni modo nelle nostre corde, competono esclusivamente, al cento per cento, allo Stato, al suo ministero''. Lo dichiara in una nota il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, polemizzando con il ministro dell'Interno sui fatti avvenuti nella Piana di Gioia Tauro. ''Rosarno - aggiunge - non e' un problema sanitario. E in ogni caso voglio ricordare al ministro che l'Azienda Sanitaria competente e' commissariata e il Commissario, una persona di qualita' ex prefetto ed ex generale dei carabinieri, e' nomina dal suo ministero''. ''La politica dello scaricabile non funziona. Soprattutto in questo caso - sostiene ancora Loiero - in cui la Regione, che ha approvato tra l'altro una legge sull'accoglienza, andando al limite delle proprie competenze ha speso 50mila euro per migliorare le condizioni di vivibilita' dei lavoratori migranti e ha vaccinato piu' di mille di loro, mentre dei 200mila euro annunciati un anno fa allo stesso scopo dal ministro Maroni, anche a me personalmente, a Rosarno non e' arrivato un solo centesimo''. ''Maroni - continua il presidente della Regione Calabria - finge di scoprire oggi una realta' che gli era invece ampiamente nota, che esiste da 16 anni e si e' aggravata ultimamente per gli effetti di una legge sull'immigrazione che non e' un esempio di umanita' e di civilta' giuridica, e soprattutto si e' dimostrata uno strumento inadeguato per regolare il fenomeno dell'emigrazione nel nostro Paese''. ''Il ministro Maroni avrebbe dovuto intervenire per tempo - continua Loiero - e soprattutto non usare misure diverse per situazioni identiche: un anno fa promise di aiutare questi lavoratori indifesi e sfruttati, costretti a vivere in condizioni subumane; oggi li deporta e assicura, sebbene ci siano perplessita', di espellere tutti gli irregolari. In questo modo si rimuove e non si risolve un problema che da qui a poco potrebbe manifestarsi altrove. La risposta infatti deve essere piu' articolata, garantire i lavoratori stagionali regolari e far emergere quelli irregolari sottraendoli al piu' bieco sfruttamento''. ''Resta il fatto che Maroni - conclude il presidente - dice e poi si smentisce da solo. Due giorni fa, perche' stretto all'angolo dall'opinione pubblica mi ha chiesto di collaborare per affrontare la drammaticita' della situazione e per responsabilita' istituzionale ho acconsentito. Oggi invece scarica sulla Regione le proprie inefficienze''.

Minniti (PD) “Colpa della Bossi Fini”. “Il ministro Maroni reitera nelle sue dichiarazioni e ciò è molto grave perché così facendo evita di vedere la realtà dei fatti. E’ vero infatti il contrario di quanto dice: è una legge come la Bossi-Fini che ha prodotto una crescita senza precedenti della clandestinità, inchiodando gli immigrati al ruolo di fuorilegge e rendendoli di fatto ricattabili. E’ la mancata integrazione prodotta da questa legge che crea le condizioni per un inferno quale quello di Rosarno. E in questa situazione, Maroni e a dispetto delle tante persone di buon senso che nella maggioranza cercano di guardare al dramma in atto preferisce le scorciatoie demagogiche scegliendo gli immigrati come capro espiatorio. Così si riesce solo a non vedere quale sia il ruolo decisivo della n’drangheta nell’intera vicenda, spingendo sempre più all’inferno dei disperati oggi privi anche della speranza”.

Livia Turco (PD) “A Rosarno ci siamo trovati di fronte ad una situazione drammatica ed eccezionale per la gravità dei fatti verificatisi e per il comportamento del ministro degli Interni che, da giorni, prosegue in un inaccettabile tentativo di sottrarsi alle sue responsabilità. Sono stati colpiti cittadini perbene e immigrati inermi e solo grazie all’ottimo lavoro delle forze dell’ordine si è evitato che il bilancio fosse ancora peggiore. Quanto accaduto dimostra ancora una volta il fallimento della Bossi-Fini. Una legge che impedisce una vera quanto indispensabile opera di integrazione e lascia spazio alla malavita organizzata che si avvantaggia della condizione di illegalità in cui sono costretti moltissimi immigrati. Il ministro Maroni continua a giocare a rimpiattino con la verità: noi sfidiamo lui ed il ministro Sacconi a presentare un programma nazionale per l’integrazione e per il lavoro regolare. Affrontiamo con misure serie il caporalato, garantiamo la sicurezza sul lavoro. Il governo ha fatto purtroppo il contrario voltando le spalle agli enti locali. Non solo ha cancellato il fondo per l’integrazione ma ha colpito la scuola, da cui si deve partire per fare vera integrazione, piegata da tagli pesantissimi e dissennati”. Lo ha dichiarato Livia Turco presidente del Forum immigrazione del PD.

I cittadini di Rosarno “Non siamo razzisti”: "Ora basta. Rosarno e' una citta' accogliente e solidale. Non siamo razzisti, e' da 20 anni che gli extracomunitari vivono e lavorano qui". La rabbia dei cittadini di Rosarno esplode davanti ai giornalisti nei pressi dell'ex fabbrica della "Rognetta", sulla via Nazionale, dove le ruspe dei vigili del fuoco stanno demolendo le fatiscenti strutture in cemento per anni abitazioni di centinaia di immigrati africani. "In tutto il mondo - afferma ad alta voce Antonio, orgoglioso cittadino rosarnese - stiamo facendo davvero una brutta figura. Tutti ci credono razzisti ed indifferenti a certe tematiche, invece qui l'integrazione e' stata una realta' per molto tempo. Di recente, pero', le cose sono cambiate. Loro non ci rispettavano piu', facevano anche i loro bisogni qui sulla trafficata via Nazionale ed anche nelle vie del centro". Gli fa eco Rosa, una donna impegnata saltuariamente nelle raccolta delle arance: "ormai si erano ridotti a cercare l'elemosina perche' qui non c'e' piu' lavoro, non sono i tempi di una volta". E gli spari, i pestaggi, gli investimenti, la caccia all'immigrato? Alla domanda i cittadini non rispondono e si allontanano, e qualcuno a testa bassa ammette "si' c'e' stato anche questo, ma noi non siamo razzisti". E annunciano manifestazione: Domani a partire dalle ore 16:00 i cittadini di Rosarno organizzeranno una manifestazione di protesta contro l’immagine di città xenofoba, mafiosa e razzista veicolata dai mass media nazionali e da qualche esponente della politica e dell’associazionismo a livello regionale e nazionale. Il corteo - si legge in una nota - partirà da Piazza Calvario e si snoderà lungo le vie principali della città con un solo striscione: “Abbandonati dallo Stato, criminalizzati dai mass media, 20 anni di convivenza non sono razzismo”. I cittadini di Rosarno - prosegue la nota - condannano in maniera ferma e decisa il vile ferimento dei migranti stanziati presso l’Opera Sila e qualsiasi atto di violenza, da qualunque parte provenga. Con questa protesta pacifica e silenziosa intendiamo rifiutare l’infamante etichetta di “città mafiosa, razzista e xenofoba” che è stata diffusa sui fatti di Rosarno. Domani - prosegue la nota - la Rosarno civile, pulita, accogliente e solidale scenderà in Piazza per dire basta contro questo terrorismo mediatico che si alimenta di stereotipi e pregiudizi destituiti di qualsiasi fondamento reale. Dopo che i riflettori si saranno spenti sui fatti di Rosarno - conclude la nota - chiediamo alle istituzioni locali, regionali e nazionali di farsi carico una volta per tutte della situazione di abbandono istituzionale, mancanza di sicurezza e prospettive di sviluppo vissuta dalla popolazione di questo territorio.

Callipo “Democrazia sotto scacco”. ''In Calabria, questo insegna Rosarno, lo Stato non c'e' e la democrazia e' sotto scacco. Lo dicono gli immigrati trattati come bestie, la bomba alla Procura generale di Reggio Calabria, gli indicatori economici piu' generali e la stessa crisi in cui e' lasciato il Porto di Gioia Tauro, lo scalo piu' importante del Mezzogiorno. Soltanto in un territorio abbandonato dallo Stato puo', infatti, accadere quanto e' accaduto a Rosarno''. Lo dice Pippo Callipo, candidato alla presidenza della Regione Calabria, che rincara: '' Non e' intolleranza e non c'e' razzismo. Una lettura simile distrae l'attenzione rispetto ai dati oggettivi che abbiamo sotto gli occhi''. ''n alcune zone della Calabria ben identificate, prevalgono altri codici che non sono quelli dello Stato e li' sarebbe ora che lo Stato, invece di dedicarsi agli slogan sul Ponte dello Stretto ed alla Banca del Sud, riaffermasse energicamente la propria sovranita' e il monopolio della forza -denuncia- Come? Non c'e' bisogno di altre leggi. Serve il potenziamento della magistratura e delle forze dell'ordine e la rottura del patto perverso tra politica e poteri illegali. Se le Istituzioni ed i vertici dei partiti nazionali vogliono, invece, ancora fare finta di non vedere, il Paese deve sapere che dentro di se' continuera' a crescere un potere feroce che ha la forza di controllare il territorio in Calabria e d'inquinare la democrazia italiana''. ''Nello specifico, se in un contesto di forte disoccupazione e in cui la mafia e' una presenza massiccia, giungono migliaia d'immigrati trattati come schiavi che per piu' ragioni vanno in urto con i residenti, assillati a loro volta da decine di problemi senza risposta, e' evidente che l'esito e' lo scontro e il non rispetto dei migranti, su cui giustamente la Chiesa insiste'', spiega. ''Occorre che l'Italia non volti subito pagina -sostiene Callipo- ma guardi con maggiore attenzione a quanto e' accaduto in Calabria e che lo Stato recuperi credibilita' attraverso l'azione di ogni giorno nel recupero della legalita' e nell'indicare, ai giovani soprattutto, che in Calabria e' ancora possibile nutrire prospettive occupazionali nel rispetto delle leggi''. ''La societa' calabrese, inoltre, deve avere il coraggio di interrogarsi su quanto e' accaduto, ad incominciare dalle agenzie formative che operano sul territorio, perche' alcuni episodi di ''caccia al negro'' documentati dai media, pur dovuti ad una reazione a catena, sono decisamente contrari non solo al senso di umanita' che e' dovuto verso ogni persona umana, ma anche alla nostra storia di tolleranza, umanita' e ospitalita' dello straniero''.

Movimento Slega la Calabria “No al silenzio”. Non possiamo stare in colpevole silenzio e sperare che tutto si aggiusti al più presto. Non possiamo stare zitti perché Rosarno è la faccia di un mondo insopportabile, inumano, indecente. Rosarno è un luogo del mondo dove da anni si praticano forme di vera e propria schiavitù. Dove uomini, costretti a condizioni di vita materiali primordiali, subiscono uno sfruttamento estremo in assenza dei più elementari diritti umani. Rosarno è una drammatica vergogna sociale moderna. E’ insopportabile che migliaia di giovani uomini debbano essere costretti a vivere ammassati in isolati capannoni fatiscenti, senza acqua, senza bagni, senza luce, senza riscaldamento, senza cucine, senza letti. E’ insopportabile che questi uomini debbano lavorare nei campi a tre euro all’ora senza nessuna garanzia assistenziale e sanitaria. E’ insopportabile che questi uomini siano bruta forza lavoro di riserva per il caporalato della ‘ndrangheta. E’ insopportabile che questi uomini siano considerati dei semplici tiro a bersaglio da altri uomini. Non conta che siano africani clandestini: ogni uomo ha diritti umani insopprimibili, ogni lavoratore ha diritto a tutele e garanzie formali e sostanziali, a maggior ragione se utilizzato in lavori che noi non vogliamo più fare. E’ inevitabile che una comunità di uomini così compressa possa scoppiare, rivoltarsi, anche con modalità violente e deprecabili. E’ inevitabile che quella comunità reagisca se si prendono a fucilate o a sprangate alcuni di loro. E’ inevitabile che si difenda da chi li tratta da schiavi senza bisogni e senza diritti. Il governo nazionale ha fatto finta per anni che Rosarno non esistesse. Ha tollerato gli accampamenti disumani, lo sfruttamento senza regole, la gestione mafiosa del mercato dei braccianti, l’incubazione dell’odio locale. Zero interventi, nonostante le segnalazioni, le denuncie e gli allarmi sistematici delle amministrazioni locali e regionale. La Regione ha fatto qualcosa per alleggerire la disumanità delle condizioni di vita quotidiana di migliaia di africani. Troppo poco e troppo tardi, anche perché non ha competenze e strumenti adeguati per intervenire in situazioni così complesse. Bisognava fare di più e meglio: la Regione, i Comuni, la Prefettura, ma anche il resto della società calabrese. Ma soprattutto doveva fare moltissimo il Governo, non solo per evitare che si arrivasse a tanto, che scoppiasse una vera e propria guerra tra poveri, che si consolidasse un mercato del lavoro schiavistico, ma anche per coordinare interventi centrali e locali, azioni istituzionali e sociali, rispetto della legalità e inclusione sociale. Il trasferimento forzato dei giovani africani da Rosarno non ha risolto il problema. Non bisogna illudersi che tutto sia finito. Intanto perché prima o poi altri africani torneranno: quelle braccia a basso costo servono all’agricoltura locale per continuare a produrre, raccogliere e commercializzare agrumi, e dunque saremo costretti daccapo a fare i conti con problemi di integrazione, di convivenza di comunità di uomini differenti, di offerta di condizioni di vita umana accettabili a manodopera che sostiene profitti aziendali e sviluppo economico. Il trasferimento a Crotone e a Bari dei giovani di colore non ha risolto i nostri problemi di dignità di calabresi che hanno chiuso gli occhi per troppo tempo, che hanno sopportato che la schiavitù risorgesse a casa nostra, che hanno tollerato disumanità e violenze premoderne. L’azione della mano forte annunciata dal Governo per il rimpatrio degli immigrati irregolari non risolverà il problema di Rosarno e degli immigrati, serve una svolta nelle politiche per l’immigrazione a livello nazionale e la decisione di un coordinamento regionale permanente con la presenza dei Ministeri e di tutti gli altri soggetti locali che ne hanno competenza sull’immigrazione per attuare le giuste politiche di inclusione sociale e per il rispetto delle regole umane, civili e contrattuali.

Scopelliti (Pdl) "La ndrangheta non c'entra". ''Non sono d'accordo con questa idea di volerci mettere in mezzo sempre e comunque la 'ndrangheta: credo che l'ndrangheta si nutra molto in quei territori dove ci sono delle situazioni di disagio, dove ci sono delle emergenze, dei bisogni e questi immigrati secondo me sono la manovalanza vera e propria della 'ndrangheta in alcune circostanze''. E' quanto ha affermato il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, candidato alla presidenza della Regione per il Pdl, in un'intervista in diretta a Rtl 102.5. Alla domanda se ritiene che la 'ndrangheta abbia spinto questi fermenti, Scopelliti ha detto ''sono molto perplesso: vedo molto di piu' uno stato di ribellione da parte dei cittadini: sono state colpite delle donne, e' stata fatta una vera e propria guerriglia ed e' chiaro che a quel punto si scatena una ribellione diffusa. Se pero' ci sono delle fonti investigative che dicono altro, per carita'...ma io sono molto perplesso su questa considerazione''.

Bindi (PD) “Penoso scaricabarile”. “La vergogna di Rosarno dovrebbe consigliare una riflessione seria sul fallimento della Bossi Fini. Continua invece da parte del governo un penoso scaricabarile. Gelmini e Maroni non possono cambiare le carte in tavola attribuendo a tutti - dai magistrati agli enti locali alla sinistra - tranne che a se stessi la responsabilità di una tragedia che nasce dalla negazione dei diritti elementari di chi viene a lavorare in Italia. Il trasferimento coatto dei lavoratori extracomunitari, che somiglia molto ai respingimenti in mare, ne ha umiliato ancora una volta la dignità. Anziché liberare il territorio dalla presa di chi sfruttava questi uomini, anziché affermare la legalità e il rispetto della legge, si è scelto di spostare altrove il problema. Centinaia di uomini sono stati portati via senza le loro cose, le loro misere paghe, con la prospettiva di essere espulsi. Abbiamo sentito il richiamo del Papa, la voce autorevole del Presidente della Repubblica ma non una parola del Presidente del Consiglio. Il nuovo anno era iniziato con il battesimo del partito dell’Amore. Ma alla prova dei fatti, non se ne vede traccia”.

Sbarra (Cisl) "Nessuno scaricabarile". ''Nessuna tolleranza o sottovalutazione, anzi forte e costante denuncia del fenomeno''. Lo ha detto il segretario generale della Cisl Calabria, Luigi Sbarra in relazione alle dichiarazioni del ministro dell'Interno Roberto Maroni. ''Rispetto a quanto dichiarato dal ministro - ha aggiunto Sbarra - siamo al solito gioco dello scaricabarile e del rimpallo delle responsabilita'. La verita' storica e' che le denunce del sindacato sono cadute sempre nel vuoto e rispetto alle tante iniziative siamo rimasti inascoltati. Tutti conoscevano la condizione drammatica del fenomeno e non hanno fatto niente sino a far diventare questa condizione una polveriera sociale. Il sindacato del resto, attesa anche la consistente presenza degli emigrati a Rosarno e anche alla luce del fatto che e' quello un territorio interessato da fenomeni criminali che condizionano pesantemente il mercato del lavoro, ha sempre denunciato questa condizione di sfruttamento e di insopportabilita' a carico dei lavoratori immigrati''

Delegazione del PdCI vista i feriti. All’indomani dei gravissimi fatti di Rosarno, una delegazione della Federazione della Sinistra, composta dal Segretario Regionale del PdCI Michelangelo Tripodi, dal Segretario Regionale del PRC Nino De Gaetano, dall’Assessore Provinciale Michele Tripodi, dall’ex senatore Girolamo Tripodi, dal membro della Segreteria Regionale PdCI Enzo Infantino, dal Resp. Organizzazione PdCI Massimo Gallo e da altri compagni ha inteso far visita ai migranti feriti e ricoverati negli ospedali di Gioia Tauro e Polistena, per portare loro la testimonianza di solidarietà umana e di vicinanza, in un clima di facile punizione mediatica dei migranti, che alla fine hanno riportato le più pesanti conseguenze delle violenze di questi giorni. Infatti, sanguinosi e crudeli sono stati gli episodi di squadrismo organizzato, orditi contro i migranti e pilotati dagli ambienti mafiosi, culminati in aggressioni multiple e colpi di fucile anche a danno di extracomunitari estranei alla rivolta e con regolare permesso di soggiorno. Ancora una volta si è mostrata l’immagine peggiore della Calabria che, sicuramente non è rappresentativa dei sentimenti di accoglienza e solidarietà verso migranti e stranieri, che la maggior parte dei calabresi coltiva nel proprio animo e nella pratica quotidiana. Mentre a Riace e Caulonia, i migranti vengono accolti e integrati nella popolazione residente, a Rosarno negli ultimi dieci anni almeno, sono stati sfruttati per i lavori più umili, vivendo ammassati in capannoni-prigioni in condizioni disumane. In un clima di miseria e sfruttamento della manodopera extracomunitaria, sono maturati i fatti violenti di Rosarno di questi giorni, che hanno visto migliaia di immigrati ridotti in schiavitù sottoposti ad una vera e propria caccia all’uomo che avrebbero potuto avere un bilancio ben più grave e drammatico di quello che si è venuto concretizzando in queste giornate Gli immigrati hanno avuto il solo torto di essere caduti nella provocazione in preda alla disperazione, agendo senza più controllo per rivendicare i propri diritti di uomini, riconosciuti in tutta Europa tranne che in Italia ed a Rosarno. Il Partito dei Comunisti Italiani condanna l’atteggiamento delle istituzioni nazionali, che per bocca del Ministro Maroni hanno tacitamente autorizzato le rappresaglie contro i migranti, quando nei giorni scorsi ha parlato di “troppa tolleranza” verso i clandestini. In realtà i colpiti a sangue sono per la maggior parte persone che sono in Italia con permesso di soggiorno in quanto in gran parte aventi diritto all’asilo politico quali rifugiati. Chiediamo invece al Ministro dell’Interno di identificare coloro che in questi anni si sono arricchiti sulla sofferenza dei migranti, costringendoli a lavorare nelle terre senza orario, pagandoli in nero, violando i loro diritti umani e sociali ed immiserendo ulteriormente la loro dignità di uomini. Auspichiamo che la popolazione calabrese, che siamo certi nella sua stragrande maggioranza non si riconosce nelle violenze e nei comportamenti tenuti a Rosarno, si ribelli all’ondata xenofoba e razzista di Rosarno. In tal senso La Federazione della Sinistra della Calabria intende agire politicamente per proporre ai movimenti, alle associazioni, ai sindacati l’organizzazione a Rosarno di una manifestazione nazionale antirazzista e di solidarietà per far emergere finalmente la Calabria dei diritti, dell’accoglienza, dell’integrazione.

La rete antirazzista a Polistena. Nella giornata di domenica 10 gennaio –è scritto in un comunicato- una delegazione della Rete antirazzista cosentina ha portato solidarietà ai quattro migranti di Rosarno ricoverati presso l’ospedale di Polistena. Quattro ragazzi, tutti molto giovani, tutti in possesso di regolare permesso di soggiorno, venuti nella Piana di Gioia Tauro come centinaia di fratelli, per lavorare. Sono ancora molto deboli e soprattutto spaventati per quanto accaduto nei giorni scorsi, ma accettano di raccontare la loro storia. Fra di loro c’è Ayiva Saibou, del Togo, il primo ferito del pomeriggio di giovedì 7 gennaio, quando tutto ha avuto inizio. Ayiva è stato ferito a un fianco da un piombino sparato da un'arma ad aria compressa, da due ragazzi bianchi, giovanissimi, a bordo di una vettura sulla statale 18. Senza motivo, dice. Nei suoi occhi una profonda tristezza. Se gli chiedi un parere dice solo “il passato è passato”, quasi volesse cancellare l’aggressione ma soprattutto il delirio che ne è seguito. Nel letto a fianco c’è un suo amico, a Rosarno solo di passaggio, ferito anche lui nel tentativo di difenderlo. E’ sedato, dorme profondamente nonostante la stanza sia piena di corpi e di voci. Sono entrambi ricoverati nel reparto di chirurgia. Ben è invece ricoverato nel reparto di otorinolaringoiatria. E’ assai dolorante, ha il volto sfigurato dalle sprangate e nel linciaggio ha perso due denti. E’ originario della Guinea ed ha raggiunto il fratello a Rosarno solo da otto mesi, per lavorare in una fabbrica che produce cassette di plastica. Insieme ad altri connazionali viveva in una casa nel centro di Rosarno, a due passi dalla piazzetta. Venerdì, giornata comunque di lavoro nonostante le proteste della comunità africana, Ben è stato aggredito da una ronda di rosarnesi, in paese, mentre rientrava a casa. E’ stato portato in ospedale e da allora non vede il fratello, che è rimasto tappato in casa, come gli altri africani alloggiati in paese, o nascosti nelle campagne, in attesa che le acque si calmino del tutto. In ortopedia c’è l’ultimo ricoverato che non incontriamo, perché divide la stanza con un anziano che urla e si dimena, le infermiere premono per un po’ di tranquillità ed è già in corso una visita di un gruppo della Comunità di Sant’Egidio. I migranti sono tutti richiedenti asilo che nell’attesa vivono con permessi di tre o sei mesi. Non appena saranno dimessi lasceranno la Calabria, vogliono andare verso il nord Italia, in cerca di una migliore sorte. Accettano i doni degli antirazzisti, dolci, bevande e vestiti, ma quando traduci loro in francese o in inglese la frase “Un’altra Calabria vi abbraccia” scritta sul manifesto, sembrano non riuscire, neanche sforzandosi, a crederci.

Rete Migranti di Reggio "Non sparate sui migranti". La Rete Migranti di Reggio Calabria, costituita da soggettività di varia estrazione culturale, religiosa e politica, comprese le diverse realtà che da anni, soprattutto in questi drammatici momenti, lavorano al fianco dei migranti di Rosarno, ha da sempre denunciato lo stato di degrado, schiavitù e assenza assoluta di diritti in cui si ritrovano i “raccoglitori di arance”. Così è scritto in un comunicato. Una situazione la cui esplosività era ben conosciuta. L’ennesima aggressione fisica subita da uno dei braccianti ha scatenato la loro rabbia spontanea. Questa reazione ha provocato una risposta spropositata, violenta e xenofoba di una parte della popolazione rosarnese che si è sentita autorizzata “al tiro al bersaglio”. Quanto accaduto è l’esemplificazione di uno stato di ingiustizia sociale, sfruttamento e diseguaglianze prodotto anche da politiche nazionali razziste e securitarie che mai come in questo momento si sono rivelate fallimentari e inappropriate. Degli oltre 1500 migranti impegnati nell’agricoltura locale, al momento solo pochi permangono a Rosarno, in attesa di scappare dalla terra che li ha resi schiavi nonostante fossero il cardine dell’economia di quel territorio: paradossale era la loro unica richiesta, impressa sui muri dell’ex Opera Sila di Gioia Tauro, “Non sparateci addosso”. La Calabria solidale che da sempre lotta per l’integrazione e l’accoglienza, rifiuta questo stato delle cose e lancia la costituzione di una Rete di Solidarietà nazionale che supporti i migranti, costretti a lasciare il loro tetto d’amianto, la loro baracca, il loro lavoro niente affatto dignitoso e il loro ultimo stipendio per ritrovarsi nuovamente alla ricerca di un futuro che speravano di guadagnarsi in Calabria. L’eccezionalità di quanto sta avvenendo evidenzia non solo l’incapacità dello Stato di rispondere adeguatamente alla domanda sociale rivolta dai migranti, ma anche come abbia lasciato in maniera incosciente, pericolosa e irresponsabile che a risolvere il “problema” fossero mani mafiose e/o rondiste. La complessità della situazione in atto a Rosarno, forse non casuale ma comunque pericolosa, necessita di un tempo di analisi prima di un intervento politico. L’assemblea nazionale della Rete Antirazzista, che si terrà a Roma il 24 gennaio, diventa un primo momento per riflettere e rispondere, attraverso un ragionamento collettivo, ad una situazione che oggi si è determinata nella Piana di Gioia Tauro, ma che coinvolge tutta l’Italia rischiando di divenire un pericoloso precedente. Noi parteciperemo all'assemblea di Roma proponendo la convocazione in tempi brevi di un nuovo incontro nazionale da tenersi a Riace, borgo virtuoso dell’ospitalità diffusa e multietnica.

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