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Truffa alla 488, otto denunce

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Frode da 20 mln di euro alla 488, in Calabria, la Finanza denuncia otto persone di Brescia

17 set 09 I finanzieri della tenenza di Amantea hanno scoperto una truffa per un valore di 20 milioni di euro ai danni dello Stato perpetrata in frode dell’ormai nota legge 488/92 e della legge nr. 46/82 sui programmi di innovazione tecnologica. L’indagine riguarda un finanziamento ottenuto con lo scopo di impiantare nel territorio calabrese una fabbrica ad alto contenuto di innovazione tecnologica che potesse garantire l’assunzione di un elevato numero di lavoratori, ma che di fatto è servita soltanto ad arricchire i truffatori di turno. Gli ideatori della truffa erano riusciti ad ottenere un finanziamento pari a € 19.413.870,00 che avrebbe dovuto essere utilizzato per sviluppare una nuova tecnologia per la trafilatura a freddo dell’alluminio e realizzare gli impianti industriali capaci di utilizzare tale nuova tecnica. In realtà, come spesso avviene in questi casi, gli ideatori della truffa, dopo aver speso una minima parte delle sovvenzioni ricevute solo per dare l’impressione di voler effettivamente realizzare il progetto descritto, hanno distratto i fondi ricevuti a proprio esclusivo vantaggio. L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore della Procura della repubblica di Paola, cons. Eugenio Facciolla, ha portato al deferimento all’autorità giudiziaria di nr. 8 soggetti , tutti di Brescia, che, a vario titolo, si sarebbero resi responsabili del reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello stato. L’indagine nasce dall’attività d’iniziativa posta in essere dai militari delle fiamme gialle di Amantea, i quali, insospettiti dal cambio di sede di una società della provincia bresciana che, senza motivo apparente, aveva fissato la propria sede legale nel territorio del comune di Amantea, hanno avviato le prime indagini conoscitive. Dopo l’avvio delle attività dei finanzieri, gli ideatori della truffa, al fine di rendere difficoltoso l’accertamento, hanno spostato nuovamente la sede della società presso la zona industriale del comune di San Ferdinando (rc) nella speranza che questo cambio potesse creare problemi di competenza territoriale ai militari operanti e quindi ritardare lo sviluppo delle indagini. Tra i dati falsi comunicati c’erano anche quelli riguardanti l’impiego di mano d’opera per la realizzazione degli impianti. Numerosi operai, infatti, risultavano occupati nella società finanziata, ma di fatto erano impiegati in altre attività o non impiegati affatto; altri invece risultavano assunti (e pagati) come esperti altamente specializzati nel settore dell’innovazione tecnologica per il trattamento dei metalli quando nella realtà erano lavoratori sprovvisti di qualsiasi qualifica professionale. Cartolarmente, l’assunzione della forza lavoro era dimostrata attraverso l’emissione di buste paga false, mediante la simulazione dell’esecuzione dei preliminari lavori e attraverso l’allestimento di un laboratorio il cui costo reale è stato periziato per un valore ben 4 volte inferiore rispetto a quello fatturato. Tutti questi stratagemmi non hanno dato gli esiti sperati e non hanno impedito ai finanzieri di riscontrare la truffa, appurare la falsità delle fatture attestanti l’esecuzione dei lavori per l’impianto della nuova azienda, bloccare presso la direzione generale per l’incentivazione alle imprese del ministero dello sviluppo economico la parte di finanziamento non ancora erogata (€ 8.760.110), sequestrare presso le banche la parte di finanziamento percepita precedentemente ma non ancora prelevata ed, infine, sottoporre a sequestro i beni della società per un valore complessivo pari quasi a 10 milioni di euro. Il collegamento con la Calabria è sempre lo stesso studio di Cosenza già soggetto ad altre indagini che avrebbe svolto l’opera di progettazione e consulenza del finanziamento.

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