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Inchiesta Why Not: esclusa pista massonica

 

 

Inchiesta Why not, nessuna infiltrazione massonica, il Gip Macrì archivia le posizioni di Prodi e altri otto, “solo rapporti politici”

27 nov 09 “Le acquisizioni di indagine circa specifiche condotte che, in contestazione, si presentano geneticamente collegate al contesto associativo massonico, sono inefficienti ai fini della dimostrazione dell’assunto accusatorio”. Questo è quanto scrive il giudice per le indagini preliminari di Catanzaro, Tiziana Macrì, nelle nove pagine del provvedimento con il quale ha accolto la richiesta di archiviazione nei confronti dell’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi e di Sandro Gozi, Piero Scarpellini, Luigi Bisgnani, Antonio Acri, Gerardo Carnevale, Vincenzo Bifano, Armando Zuliani e Giulio Grandinetti (classe 39 e classe 49), tutti indagati nell’inchiesta “Why not”, relativa ad un presunto comitato d’affari politico-affaristicoistituzionale coperto che avrebbe intercettato e beneficiato ingiustamente fondi pubblici. E ancora “le considerazioni esposte consentono di affermare, in primo luogo, che non è accertata l’esistenza e l’operatività della Loggia di San Marino nei termini di cui in contestazione. Non sussiste, in conseguenza, il presupposto genetico dell’originaria impostazione d’accusa circa la perpetrazione dei ritenuti reati scopo, né di essi ricorrono i relativi elementi strutturali”. Secondo il Gip, inoltre, “le dichiarazioni di Caterina Merante in proposito, oltre che in gran parte indirette, pur compiutamente espressive del patrimonio conoscitivo della stessa, risultano generiche e, sovente, frutto di valutazioni soggettive di fatti in sé penalmente irrilevanti, non confortate dagli esiti dell’attività investigativa espletata”. L’inchiesta guadagnò le prime pagine delle cronache italiane quando l’allora premier venne iscritto nel registro degli indagati. Era il luglio del 2007 e l’allora sostituto procuratore Luigi de Magistris, titolare dell’inchiesta, indagò Prodi per l’ipotesi di abuso d’ufficio in concorso, facendo riferimento al periodo in cui questi era impegnato a Bruxelles. Il 14 ottobre del 2007 anche l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella venne iscritto nel registro degli indagati, per le ipotesi di truffa, finanziamento illecito ai partiti e abuso d’ufficio. Adistanza di pochi giorni, il 19 ottobre, “Why not” venne avocata dalla Procura generale al pm de Magistris che, a gennaio 2008, fu poi trasferito da Catanzaro e perse le funzioni di pubblico ministero per decisione del Consiglio superiore della magistratura, sollecitato ad intervenire dallo stesso Guardasigilli. La Procura generale, agli inizi di marzo 2008, avanzò all’ufficio gip di Catanzaro una richiesta di archiviazione per Mastella, che venne accolta il primo aprile dal giudice Macrì. Mesi dopo, alla fine del 2008, arrivò la richiesta di archiviazione anche per Prodi, che è stata accolta ufficialmente dal gip giorno 3 novembre, a quasi un anno di distanza. L’archiviazione è stata disposta anche per Antonio Acri, Vincenzo Bifano, Luigi Bisignani, Gerardo Carnovale, Sandro Gozi, Giulio Grandinetti (classe ‘49), Giulio Grandinetti (classe ‘39), Piero Scalpellini, Arando Zuliani.

Solo rapporti politici. La “finalità perseguita da Romano Prodi nei rapporti con i soggetti dell’indagine” ha natura “esclusivamente politica”. È questa la conclusione cui è giunta il giudice per le indagini preliminari di Catanzaro, Tiziana Macrì, che ha archiviato le accuse formulate a carico dell’ex presidente del Consiglio e di altre nove persone, inizialmente indagate nell’inchiesta “Why not”. Il gip, nelle nove pagine del suo provvedimento, fa riferimento agli spunti investigativi che hanno riguardato l’ex premier: “La Merante - scrive la Macrì citando la principale testimone dell’inchiesta - ha individuato una serie di persone legate politicamente oltre che dal punto di vista commerciale e finanziario a Romano Prodi: Pietro Macrì, Francesco De Grano, Piero Scarpellini, Sandro Gozi e, per il tramite di questi, Antonio Saladino. Ella chiariva di essere a conoscenza della circostanza che la società Met Svilppo ha realizzato un sito web riconducibile a Prodi senza che questo venisse pagato e che la Met Sviluppo eseguiva appunto dei lavori a favore dell’attività politica di Prodi. Nelo stesso verbale - aggiunge il gip - si legge che i soggetti sopra indicati sono collegati anche con Piero Scarpellini, il quale è formalmente dipendente della società Pragmata di San Marino che ha avuto rapporti commerciali con la Met Sviluppo. Quando nella Compagnia delle opere (di cui Saladino, fu leader per la Calabria, ndr) si è discusso e successivamente si è deciso di appoggiare la campagna elettorale a favore di Romano Prodi, i successivi contatti per tali fini sono intervenuti di frequente con Piero Scarpellini quale referente di Prodi”. Il giudice, quindi, comincia con il fare riferimento ai rapporti tra la Met Sviluppo e la Pragmata, affermando che dal materiale di indagine “non può trarsi alcun elemento sintomatico di illiceità, a maggior ragione riguardo alle asserite condotte dell’on. Prodi”. Poco prima, infatti, il gip aveva citato una nota del Roni in cui si legge che “l’attività espletata? consente, allo stato attuale delle indagini, di poter escludere che la Pragmata srl sia una società sammarinese implicata in maniera illecita o irregolare nei rapporti societari con la Met Sviluppo”; ed aveva chiarito che “in esecuzione del rapporto contrattuale tra le due società, la Pragmata realizzava il contratto tra la Met e Wcn con ciò esaurendo gli obblighi contrattuali”.Inoltre il giudice cita le dichiarazioni di una donna sentita in fase di indagini la quale “ha precisato che le ragioni per le quali si decise di rivolgersi a Pietro Macrì, e quindi alla Met Sviluppo, per la creazione del sito, si ravvisano in primo luogo nella pregressa conoscenza del Macrì, quindi in esigenze di tipo economico attesa la scarsezza delle risorse disponibili per la prestazione, comunque di esiguo valore. Pietro Macrì, da parte sua, tendeva a realizzare un ritorno in termini di immagine aziendale per il prestigio che sarebbe derivato dall’esecuzione di una prestazione in favore di soggetti vicini a Romano Prodi”. Rispetto alla posizione dell’ex premier in merito alla vicenda, dunque, il giudice afferma che “dalle dichiarazioni indicate si evince che l’on. Prodi non ebbe alcun ruolo nel momento in cui si assunsero le relative determinazioni”, e poi ancora che “le aspettative di lucro degli interlocutori diretti o indiretti, rispetto ai quali l’on. Prodi assume un ruolo totalmente neutro, non valgono a connotare di illiceità il contatto intercorso”. Di più, il giudice cita anche le dichiarazioni di un’altra persona sentita dagli investigatori, che ha dichiarato: “Il De Grano mi riferiva che l’on. Prodi lo contattava per avere informazioni sulla situazione sociale, economica e politica della Regione Calabria?”. Ebbene, “tali dichiarazioni - conclude il gip - in difetto di emergenze di segno contrario, costituiscono chiaro indice sintomatico della finalità di natura esclusivamente politica perseguita dall’on. Prodi nei rapporti coi soggetti dell’indagine”. “Per le considerazioni che precedono - si legge nel provvedimento -, pertanto, deve ritenersi radicalmente esclusa l’integrazione di elementi di rilievo penale a carico dell’on. Prodi in ordine a tutte le fattispecie di reato allo stesso contestate”. Il coinvolgimento di Prodi nell’indagine “Why not” fu al centro dell’attenzione della stampa nazionale per mesi, e ad un anno circa dalla notizia della iscrizione dell’ex presidente del Consiglio nel registro delle notizie di reato, a luglio 2008, tornò alla ribalta quando il settimanale Panorama diffuse la notizia che il pm Pierpaolo Bruni, applicato al pool che ereditò il fascicolo tolto all’allora pm Luigi de Magistris, aveva chiesto di essere sollevato da Why not, e rese noti alcuni stralci delle lettere da questi inviate al procuratore generale di Catanzaro Vincenzo Jannelli, in cui il magistrato lamentava che “il gruppo di lavoro esiste solo formalmente”, e che lui avrebbe voluto “investigare prima di archiviare”, riferendosi con ciò non solo alla posizione di Mastella ma anche a quella dello stesso Prodi. A novembre 2008 Bruni uscì definitivamente dal pool e, qualche mese dopo, la Procura generale chiese l’archiviazione per Prodi, che adesso il gip ha disposto.

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