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Indagine Legambiente

 

 

Il 100% dei comuni calabresi a rischio idrogeologico, solo il 36% di essi ha protezione civile H24

05 nov 09 Una regione sottoposta al rischio di frane e alluvioni: il 100% dei comuni calabresi sono classificati a rischio idrogeologico dal ministero dell’Ambiente e dall’Unione delle Province Italiane.  L’85% delle amministrazioni che hanno risposto alle interviste ha abitazioni nelle aree golenali, negli alvei dei fiumi e nelle aree a rischio frana, il 45% delle municipalità monitorate presenta addirittura interi quartieri in zone a rischio, mentre il 61% ha edificato in tali aree strutture e fabbricati industriali, con grave rischio non solo per l'incolumità dei lavoratori ma anche per eventuali sversamenti di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni in caso di alluvione. Ancora, nel 27% dei casi presi in esame sono presenti in zone esposte a pericolo strutture sensibili, come scuole e ospedali e strutture ricettive turistiche, ad esempio alberghi o campeggi.

Sono alcuni dei dati emersi dal check-up sottoposto ai comuni calabresi da Ecosistema Rischio 2009, l’indagine curata da Operazione Fiumi - la campagna di sensibilizzazione e prevenzione organizzata da Legambiente e Dipartimento della Protezione Civile dedicata al rischio idrogeologico -  presentata questa mattina in conferenza stampa, a Vibo Valentia, da Giorgio Zampetti, coordinatore nazionale ufficio scientifico Legambiente, e Franco Saragò, direttivo Legambiente Calabria, Osvaldo Giofrè, Circolo Legambiente Ricadi. Presenti, inoltre, Francesco Sammarco, Sindaco di Vibo Valentia, e Vincenzo Insardà, assessore comunale  all’Ambiente.

I numeri del dossier Ecosistema Rischio 2009 delineano il quadro di un territorio estremamente fragile, dove sono 409 su 409 i comuni a rischio frane o alluvioni, e che puntano il dito contro uno sviluppo urbanistico e un uso del territorio e delle acque poco rispettosi delle limitazioni imposte dal delicato assetto idrogeologico e aggravati dal diffuso abusivismo edilizio. Così, nonostante l’80% delle amministrazioni monitorate preveda nei propri piani urbanistici vincoli di edificabilità per le zone a rischio, un sovrabbondante 85% dei comuni presenta abitazioni in tali aree. E le delocalizzazioni procedono a rilento: solo nel 7% dei casi, infatti, sono state avviate iniziative di delocalizzazione di abitazioni dalle aree più a rischio. Zero assoluto, invece, per quanto riguarda le delocalizzazioni di strutture industriali. È evidente, quindi, che questi vincoli devono essere ulteriormente rafforzati.

Qualche segnale positivo arriva dalla pianificazione dell’emergenza e dall’organizzazione della protezione civile locale. Un abbondante 77% dei comuni, infatti, ha predisposto un piano d’emergenza con il quale fronteggiare situazioni di crisi come frane e alluvioni, peccato che solo il 47% delle municipalità abbia aggiornato tale piano negli ultimi due anni. Consistente, ma ancora insufficiente, il livello di organizzazione e diffusione del sistema di protezione civile, con il 36% delle amministrazioni che hanno attivato una struttura di protezione civile attiva 24 ore su 24.

Pesa sulla diffusa esposizione della Calabria al rischio idrogeologico, inoltre, una politica di informazione alla cittadinanza frammentaria e poco consistente. Sebbene l’informazione alla popolazione su quali siano i rischi, sui comportamenti individuali e collettivi da adottare in caso di calamità e sul piano d’emergenza predisposto dal proprio comune, rappresenti una delle principali attività di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico, soltanto il 22% delle municipalità intervistate è attiva su questo fronte. Ancor peggiore la situazione per quel che riguarda la realizzazione di esercitazioni: solamente un esiguo 8% delle amministrazioni ne ha organizzata almeno una nel proprio territorio durante l’ultimo anno.

“I circa 200 corsi d’acqua della Calabria sono caratterizzati da opere di regimazione in cemento armato, dall’escavazione degli alvei e dall’edificazione lungo gli argini – commenta Giorgio Zampetti, coordinatore nazionale ufficio scientifico Legambiente -. Quando, al contrario, proprio a causa della morfologia e delle precipitazioni sempre più violente, sarebbe necessaria la presenza di una vegetazione di sponda in grado di rallentare il deflusso e di aree libere dal cemento per consentire la naturale “espansione” dell’acqua. Ma ancora una volta constatiamo come i comuni della Calabria non abbiano complessivamente messo le tematiche di prevenzione di alluvioni e frane tra le priorità del loro lavoro L’urbanizzazione di queste aree e dei versanti franosi non è solo un’eredità degli anni passati ma anche dell’attuale politica di gestione del territorio che pone a rischio la sicurezza dei cittadini. Come evidenzia il dossier Ecosistema Rischio Calabria 2009, infatti, solo il 16% delle amministrazioni svolge un’efficace politica di prevenzione, informazione e pianificazione d’emergenza.”

Solo negli ultimi 13 anni questa Regione è stata colpita da gravi eventi che hanno causato oltre a ingenti danni sociali ed economici anche la perdita di vite umane.  Nonostante questi disastri siano annunciati, i corsi d’acqua continuano ad essere utilizzati come ricettacoli di rifiuti, canalizzati e ristretti, spesso abusivamente.

Ancora più esplicito Franco Saragò, direttivo Legambiente Calabria, che denuncia come il territorio calabrese sia oggi più fragile rispetto al passato, anche in presenza di piogge non eccezionali, e quindi maggiormente esposto ai rischi. “La maggiore vulnerabilità del nostro territorio – spiega Saragò - è attribuibile ad un uso del suolo e delle acque che troppo spesso continua a non considerare le limitazioni imposte da un rigoroso assetto idrogeologico. Tutte le amministrazioni e gli enti locali dovrebbero, invece, capire che la sola ricetta efficace per mitigare i danni del dissesto e prevenire il ripetersi cronico di questi fenomeni è fatta da: messa in sicurezza, o delocalizzazioni nei casi più gravi, degli insediamenti abitativi e industriali che insistono su aree a rischio, rinaturalizzazione delle sponde e dei versanti franosi e riduzione del consumo di suolo. Sul fronte della gestione dell’emergenza e delle situazioni di crisi, inoltre, è imprescindibile potenziare e investire nella rete regionale di Protezione Civile”.

Con Operazione Fiumi, Legambiente rilancia il suo impegno per la realizzazione di una seria politica di risanamento di un territorio che risulta ancora troppo fragile, per non dover mai più assistere a inondazioni o frane annunciate. Oggi si chiude la tappa calabrese della campagna, nel corso della quale l’equipaggio ha organizzato una giornata di informazione dedicata alle scuole, a Vibo Valentia, una giornata di volontariato a Cavallerizzo (Cs), e un sopralluogo sul torrente Oliva, nella zona di Serra d’Aiello, al centro dell’attenzione per interramenti abusivi di rifiuti tossici e toccato da una anomalo aumento della morbilità per leucemie e tumori.


COMUNI A RISCHIO IDROGEOLOGICO IN CALABRIA
Regione	Prov.	Frana	Alluvione	Frana 
                                    e alluvione	Totale	% totale
Calabria		       57	        2	    350	    409	    100%
	         CS	       26	        1	    128	    155 	100%
	         CZ     	4	        0	     76	     80 	100%
	         KR     	2	        0	     25	     27 	100%
	         RC        10	        1	     86	     97 	100%
	         VV	       15	        0	     35	     50 	100%
             


ATTIVITA’ REALIZZATE DAI COMUNI DELLA CALABRIA
            Attività	                       Comuni  % Comuni 
Abitazioni in aree a rischio idrogeologico	  71	85%
Quartieri in aree a rischio idrogeologico	  38	45%
Industrie in aree a rischio idrogeologico	  51	61%
Strutture ricettive in aree a rischio   	  23	27%
Delocalizzazione di abitazioni            	   6	 7%
Delocalizzazione di fabbricati industriali	   0	  -
Vincoli all’edificazione nelle aree a rischio  66	80%
Manutenzione delle sponde	                  35	42%
Opere di messa in sicurezza                    47	57%
Piano d’emergenza                              64	77%
Aggiornamento del piano d’emergenza            39	47%
Sistemi di monitoraggio e allerta              16	19%
Struttura di protezione civile operativa(h24)  30	36%
Attività di informazione 	                 18	22%
Esercitazioni                                   7	 8%
Fonte: Legambiente
          

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