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Nave dei veleni: nessun rifiuto tossico a Maratea

 

 

Nave dei veleni: nessun rifiuto tossico a Maratea ma scafo con 200 anfore

16 mov 09 Esito negativo delle ricerche a largo di Maratea. Rinvenuto il relitto di un'imbarcazione da diporto e un 'giacimento' di antiche anfore. Lo rende noto il ministero dell'Ambiente. L'indagine dei fondali effettuata dalla 'Mare Oceano' ha consentito di identificare, a 550 metri di profondita', uno scafo affondato di circa 20 metri, probabilmente una imbarcazione da diporto affondata per un incendio a bordo. L'imbarcazione non reca segni di identificazione ne' il naufragio risulta segnalato nei registri dei sinistri marittimi delle Capitanerie di Porto territorialmente competenti. Inoltre su un'area di 80 metri per 20, a 600 metri di profondita', e' stato identificato un 'giacimento' di antiche anfore, probabilmente di epoca romana. Nell'area ispezionata sono stati effettuati rilievi di radioattivita' che hanno dato esito negativo. In particolare, riferisce il ministero, ''si sono concluse le indagini sottomarine effettuate dalla 'Mare Oceano' a largo di Maratea e Palinuro. Con le strumentazioni della nave sono stati indagati i fondali di due aree, una di 9 miglia per 2 e un'altra, contigua, di 2 miglia per 5, che erano state indicate, con precise coordinate geografiche, dalla Procura di Lagonegro come zone di possibili affondamenti delle cosiddette 'navi a perdere' cariche di rifiuti pericolosi''. ''Nell'area citata - conclude il ministero - non sono stati trovati relitti di imbarcazioni riconducibili alle navi che si ritengono affondate con un carico di rifiuti tossici''

Uno scafo con 200 anfore. Nel tratto di mare lucano perlustrato dalla nave "Mare Oceano" dopo le rivelazioni del pentito della 'ndrangheta Francesco Fonti non sono stati trovati relitti di imbarcazioni carichi di rifiuti radioattivi ma uno scafo da diporto di piccole dimensioni e circa 200 anfore, che secondo i primi rilievi risalirebbero all'epoca greco-romana. Lo hanno detto, nel capoluogo lucano, il Procuratore della Repubblica della Direzione distrettuale antimafia di Potenza, Giovanni Colangelo, e il comandante del reparto ambientale marino delle capitanerie di porto presso il Ministero dell'Ambiente, il capitano di vascello Federico Crescenzi. L'attività della nave "Mare Oceano" è cominciata in seguito alle indagini delle Procure calabresi e lucane su presunti affondamenti di imbarcazioni che trasportavano illecitamente rifiuti tossici. Dopo le perlustrazioni dei fondali calabresi, la "Mare Oceano" ha scandagliato due aree (di 18 e dieci miglia quadrate) al largo di Maratea (Potenza), sulla base delle segnalazioni dei pescatori, le cui reti in quel tratto di mare si impigliano spesso: i rilievi hanno permesso di individuare, a 600 metri di profondità, circa duecento anfore, escludendo "la presenza di imbarcazioni per il trasporto di merci - ha aggiunto Colangelo - anche se le indagini non sono chiuse, e saranno effettuate altre verifiche: la soglia di attenzione resterà alta".

Altri dubbi sulle navi: Si chiama “Navi mercantili perdute”, edito nel 1977 a cura dell’Ufficio Storico della Marina Militare. È il terzo volume di una collana che si chiama “La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale”. Un libro che Francesco Sesso, fotografo subacqueo cosentino, pluripremiato in diverse manifestazioni, in Italia e all’estero, e campione italiano di fotografia subacquea modtrs si giornalisti. Di relitti Sesso ne ha visitati e studiati parecchi. E allora si è appassionato anche alla storia della “nave dei veleni”. E ha scoperto che su questo libro è citata una sola nave Catania, e non sarebbe affatto quella che, secondo il Ministero dell’Ambiente, è affondata nel 1917 al largo di Cetraro. È invece un piroscafo costruito nel 1919 e che, dopo alterne vicende, sarebbe stato demolito nel porto di Napoli. È la stessa nave? Magari ci si sbaglia sulle date, ma perchè il Ministero dell’Ambiente, per evitare ambiguità, ha avvisato di non cadere nell’errore di confondere la Catania con la Città di Catania, altra nave, affondata a Brindisi, e non ha citato invece questa, che sarebbe del tutto diversa ma omonima della nave scoperta a Cetraro? Francesco Sesso critica anche le immagini che si trovano sul sito del Ministero dell’Ambiente. “Quel relitto è in condizioni troppo buone per avere 92 anni”, ci dice. “Al massimo è della Seconda Guerra Mondiale. E poi, a quella profondità e con quella pressione, le lettere in rilievo della scritta non ci sarebbero state, dopo tutto questo tempo. Sarebbero completamente coperte da incrostazioni”. E cita il caso di una nave esplorata al largo di Fiumefreddo Bruzio, della Seconda Guerra Mondiale e a soli 60 metri di profondità. “Di scritte lì non ce ne sono rimaste, - osserva - nessuna. Siamo dovuti entrare nella sala macchine per trovare la scritta con il cantiere di costruzione. Era il solo modo per identificare la nave. E si vede bene lo squarcio provocato da un siluro, grande tanto da far passare anche 10 sub. Ma nella nave filmata dal Rov del Ministero, lo squarcio dov’è?. Dalla struttura e dalla conservazione delle lamiere, - aggiunge - le due navi, quella filmata a settembre e questa che è sul sito del Ministero, sembrano diverse. E poi la prima è a 500 metri, la seconda a 480. Si vede dalle scritte sovraimpresse sulle immagini. Non è una differenza da poco, è come se ci si sbagliasse di due navi una sopra l’altra. E la misura è fatta con strumenti che costano centinaia di migliaia di euro. Non con giocattoli”

 

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