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Vendita beni confiscati: un regalo ai mafiosi

Mario Congiusta

Mario Congiusta “La vendita dei beni confiscati un regalo ai mafiosi”

18 nov 09 ''La vendita dei beni immobili confiscati alle mafie e' un tradimento ed un regalo ai mafiosi''. Lo sostiene Mario Congiusta, padre di Gianluca Congiusta, il giovane ucciso dalla 'ndrangheta il 24 maggio del 2005. ''E' un tradimento - dice Congiusta - ai famigliari delle vittime innocenti della mafia''. ''L'emendamento della finanziaria, votato a maggioranza dal Senato, che consente la vendita dei beni immobili confiscati alle mafie, e' molto piu' grave di un segnale d'allarme. Sono traditi i tanti Famigliari delle vittime innocenti di mafia- sostiene Congiusta -che dal dolore sono passati ad un impegno quotidiano per il contrasto alle mafie e per la diffusione della cultura della legalita'. Sono traditi perche',la vendita di questi beni rappresenta un regalo ai mafiosi che hanno barbaramente assassinato i loro congiunti. E' un regalo in quanto si corre, di fatto, il rischio di restituirli alle organizzazioni criminali, capaci di mettere in campo ingegnosi sistemi di intermediari e prestanome e gia' pronte per riacquistarli. Sono traditi, infine, e non possono non sentirsi tali, i giovani volontari, che sotto con le loro cooperative strappano frutti alle aspre terre confiscate, da Corleone e S. Giuseppe Jato alla valle del Marro di Gioia Tauro, dall'altopiano pugliese a Casal di Principe e Castelvolturno, dal basso Lazio alla periferia di Catania, trasformando in beni sociali per tutti il frutto di un crimine di pochi intriso di morte, corruzione, paura''.

De Gaetano “Ipotesi scellerata”. “Vogliamo sperare che l’emendamento della Finanziaria votato in Senato il 16 novembre scorso rappresenti solo una distrazione, un brutto incidente di percorso che sarà corretto nel passaggio alla Camera dei Deputati”. È quanto afferma, in una nota, il presidente della Commissione regionale antimafia, Nino De Gaetano, segretario regionale del Prc. “In caso contrario - prosegue De Gaetano - ci toccherà ammettere che per ragioni di cassa, bisogna finanziare il “processo breve”, il Governo intende sacrificare l’arma più efficace nel contrasto alla criminalità organizzata, mettendo all’asta quei beni confiscati alla mafia che un’apposita legge aveva finora destinato al riutilizzo sociale”. Nella nota De Gaetano parla di “ipotesi scellerata, da contrastare in ogni modo. Chi ha proposto l’idea, nella fretta di arraffare fondi, non si è troppo soffermato, evidentemente, sulle conseguenze e sulla praticabilità di una strada che lancia un segnale gravissimo ai malavitosi, ma anche ai cittadini onesti. Per questo vale la pena ricordare che nel 1996 oltre un milione di italiani firmarono la proposta di legge sull’uso sociale dei beni confiscati, chiedendo così che il “mal tolto” fosse restituito ai legittimi proprietari e cioè all’intera collettività”. “Proprio grazie alle legge 109/1996 anche in Calabria - sostiene ancora il presidente dell’Antimafia calabrese - sono sorte realtà straordinarie, fatte di cooperative e associazioni che lavorando sui terreni e nelle case dei boss mostrano ogni giorno e tra mille difficoltà il volto sociale dell’antimafia. È la direzione tracciata da Pio La Torre, è la direzione indicata da tutti i magistrati antimafia come la più efficace per sradicare dal territorio il senso di strapotere delle cosche. Con l’emendamento votato in Senato la maggioranza ha deciso di prendere però la direzione opposta, preparandosi di fatto a smantellare l’intero sistema, sarebbero destinati alla vendita i beni non assegnati entro 90 giorni dalla confisca: in pratica, quasi la totalità, senza chiedersi neppure quanto sia attuabile, sul piano operativo, l’ipotesi della vendita”. “A Reggio, Catanzaro e Cosenza - conclude De Gaetano - quale cittadino onesto o società trasparente parteciperà alle aste per comprare la casa del boss del quartiere? Come impedire che la stessa casa, attraverso un sistema di scatole cinesi, prestanome e intermediari, non torni in possesso della cosca? Che ne sarà dei beni rimasti invenduti? La strada, insomma, non é solo sbagliata ma anche senza uscita. Confidiamo per questo che la maggioranza parlamentare possa rinsavire, stralciando l’emendamento nel suo passaggio alla Camera dei deputati”.

A. Napoli (Pdl) "Una misura inconcepibile". “Le misure di prevenzione patrimoniali hanno rappresentato una delle più efficaci attività di contrasto alle mafie. Colpire gli interessi economici e le ricchezze delle mafie, acquisti con i traffici illeciti, è stata ritenuta importante attività di prevenzione che ha sempre inciso negativamente sullo stesso “essere” uomo di mafia. Anche il Governo nazionale con il cosiddetto “pacchetto sicurezza”, legge n. 94/2009, ha inteso favorire il sequestro dei beni illeciti e rendere più rapidi i tempi per il loro affidamento. Mi appare, quindi, davvero inconcepibile l’assenso, dato al Senato, all’introduzione nella legge finanziaria dell’emendamento che consente la vendita dei beni confiscati, qualora gli stessi non venissero assegnati entro il termine di 90 giorni”. Lo afferma Angela Napoli, Componente della Commissione parlamentare antimafia. “Conosciamo tutti - aggiunge - quanto imponente sia il potere finanziario di ogni cosca mafiosa e sarebbe sicuramente “pia illusione” pensare che i criminali non riuscirebbero a riappropriarsi della loro illiceità, anche attraverso prestanomi vari. Coloro che hanno proposto l’emendamento in questione e coloro che lo hanno successivamente votato si sono per caso documentati sull’entità del patrimonio attualmente confiscato alla mafia e non ancora assegnato? Hanno quindi valutato l’entità economica che rischierebbe di essere apportata alle singole cosche mafiose? O sono davvero convinti - conclude - che un solo controllo, per quanto adeguato, riuscirebbe a bloccare la sete di riappropriamento del mal tolto?”.

 

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