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Inchiesta Why Not

 

Inchiesta why not, indagati sostengono nullità richieste rinvio "Non ci hanno sentito"

02 mag 09 Alcuni indagati dell'inchiesta Why Not lamentano di non essere stati interrogati, nonostante lo avessero chiesto dopo l'avviso di conclusione indagini, e sostengono che la richiesta di rinvio è giudizio è nulla. L'avvocato Giovanni Lacaria sostiene, in una nota, che "rimango sbigottito ed allibito nel prendere atto dalla stampa che è stata formulata una richiesta di rinvio a giudizio anche nei miei confronti quando a prescindere da ogni altra considerazione, che farò nelle sedi più opportune, avevo chiesto di essere sottoposto ad interrogatorio e, benché la legge obblighi il Pubblico Ministero ad effettuare tale atto istruttorio, una volta concluse le indagini preliminari, non sono mai stato interrogato. Non sarà certo la nullità della richiesta di rinvio a giudizio ad acquietarmi ma tutto ciò conferma l'unilateralità di vedute che io chiederò di essere approfondita sotto il profilo penale e disciplinare nei confronti di chi ha violato la legge". Per Sabatino Savaglio, anch'egli indagato nell'inchiesta, la "certezza sulla mancanza di serenità e di equidistanza degli organi inquirenti la ricavo dal fatto che la smania e la fretta di dare una risposta di pretesa efficienza agli occhi dei mass media, questi ultimi sicuramente suggestionati dall'abile e squallido regista di questa drammatica vicenda, ha prevalso sull'obbligo su di essi incombente di disporre il mio interrogatorio avendone fatto io espressa richiesta tramite il mio difensore. Su ciò, come vengo reso edotto dal mio avvocato, potrò eccepire, in sede di udienza preliminare, una nullità che comporterà la nuova trasmissione degli atti alla Procura al fine di ottemperare al dovuto e non facoltativo interrogatorio". "Non potrò - prosegue Savaglio - comunque ritenermene soddisfatto, quando nella sostanza non posso ipotizzare un approccio sereno nei miei riguardi, visto tra l'altro che ogni potenziale dubbio su presunti miei contatti equivoci è stato positivamente chiarito dall'attività incrociata di Guardia di Finanza e Carabinieri, che all'unisono hanno concluso positivamente a mio favore, con il supporto di una significativa prova documentale qual è la documentazione bancaria. Il peso politico e mediatico del dipietrista De Magistris continua ad influenzare la serenità di giudizio dei magistrati catanzaresi, incapaci di prendere decisioni pur ovvie ma che necessiterebbero, per essere assunte, di un minimo di coraggio e realismo. Da parte dei magistrati di Catanzaro la volontà di triplicare il numero degli indagati, proprio come risposta a De Magistris, è stata pubblicamente dichiarata nel mese di dicembre 2008, prima alla stampa e poi al Csm. Si continua, anche dopo De Magistris, a sposare i teoremi di chi essendosi arricchito sulle spalle del bilancio regionale e di centinaia di lavoratori, prosegue a sollevare cortine fumogene per nascondere le proprie malefatte, condizionando l'operato di magistratura, polizia giudiziaria e parte dei mass media". "Il mio status di indagato - conclude - si perpetua in una vicenda in cui qualsiasi persona che abbia un minimo di conoscenza delle norme di diritto commerciale e societario sa che non ho avuto e non ho qualsivoglia potere e responsabilità per il ruolo rivestito. L'unica responsabilità che mi si vuole addebitare è quella di essere amico di Tonino Saladino, e forse, leggendo le farneticanti e strumentali dichiarazioni rilasciate a varie Procure, quella di essere antipatico a chi in tutta la faccenda Why Not sembra essere il punto centrale. Si prosegue infatti a seguire una ideologica e 'filosofica' interpretazione di fatti svoltisi, tra l'altro, in periodi in cui i rapporti tra me e molti degli altri indagati erano inesistenti"

 

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