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Immigrati come schiavi, arrestati 3 imprenditori

 

Clandestini come schiavi a Rosarno: donne private di documenti costrette a prostituirsi, botte ogni giorno

19 mag 09 Costretta a prostituirsi per riuscire a mantenere se stessa ed il figlio di 16 anni: era la vita imposta ad una donna bulgara da due suoi connazionali, marito e moglie, che sono ricercati dai carabinieri di Rosarno e Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione che ha portato anche al fermo di tre imprenditori agricoli accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. I due bulgari sono accusati anche di induzione della prostituzione ed estorsione. Il caso della donna è venuto fuori casualmente quando i carabinieri sono intervenuti nella sua abitazione per una lite. Ai militari Francesca (il nome è di fantasia) ha raccontato che i suoi connazionali le avevano preso i documenti, trovati dai carabinieri in possesso della coppia."Ad agosto 2008 - ha raccontato Francesca ai carabinieri - la mia connazionale mi ha fatto strani discorsi relativi alla possibilità di guadagnare dei soldi andando con alcuni uomini per fare sesso. Una sera, la coppia, mi mise in un'auto e mi portò ad un bivio dove arrivò un'altra auto sulla quale c'era un uomo con il quale poi consumai un rapporto sessuale completo. L'uomo non mi ha consegnato alcuna somma di danaro. I soldi, mi disse, li aveva dati direttamente al mio connazionale. Io non ho mai ricevuto alcuna somma di danaro dopo la consumazione dei rapporti sessuali". "Ero costretta ad avere rapporti sessuali - ha raccontato la donna - poiché se non fossi andata con questi uomini sarei stata picchiata e non avrei più riavuto i miei documenti. Me lo dicevamo sempre i miei connazionali quando cercavo di ribellarmi"

Se lavoro a rilento, botte. "Spesso accadeva che gli operai erano stanchi e magari rallentavano un po'. Allora arrivavano i 'caporali' bulgari che li picchiavano colpendoli con schiaffi sulle spalle e sui fianchi e calci sulle gambe". Così una donna, sentita dai carabinieri nell'inchiesta che stamani ha portato al fermo di tre imprenditori agricoli, ha raccontato le violenze cui erano sottoposti mentre lavoravano nel campi per la raccolta degli agrumi. "I bulgari - ha raccontato la donna - mi accompagnavano al lavoro e rimanevano a controllare. Ogni giorno eravamo circa in 30, di cui almeno 15 o 20 di nazionalità marocchina. I bulgari non pagavano mai nessuno, ci facevano lavorare e poi dicevano che ancora il 'padrone' non gli aveva dato i soldi. Questo accadeva con tutti gli operai ma soprattutto coi marocchini che non erano in regola e quindi ricattabili". La donna, per un certo periodo, ha vissuto con la coppia di bulgari, marito e moglie, ed in quel periodo, "non mi facevano uscire da sola. Quando chiedevo di uscire o vedevano che mi preparavo mi gridavano. Mi dicevano che se uscivo non mi avrebbero più fatta entrare in casa e visto che non avevo un tetto né soldi non potevo che fare come mi dicevano visto che almeno avevo un pasto da mangiare ed un letto in cui dormire". Gli indagati, hanno scritto i pm nel provvedimento di fermo, riducevano e mantenevano gli immigrati "in stato di continua soggezione costringendoli a prestazioni tali da comportarne lo sfruttamento; in particolare, li destinavano al lavoro di braccianti agricoli in condizioni disumane con ogni condizione climatica per nove-dieci ore di seguito al giorno senza alcun dispositivo di protezione, li percuotevano e li obbligavano ad accettare un salario giornaliero di 23 euro"

Presidente Loiero “Lo Stato affronti il tema dell’accoglienza”. "L'operazione dei carabinieri e dei magistrati della Dda di Reggio Calabria contro un gruppo di sfruttatori e vessatori di immigrati giunge a proposito e conferma, ove mai ce ne fosse bisogno, il rischio e la mancanza di tutele da parte dello Stato di gente che arriva da noi solo per lavorare". Così il presidente della Regione Calabria Agazio Loiero ha commentato gli arresti effettuati nella Piana di Gioia Tauro. "Quel che accade a Rosarno, con gli immigrati sfruttati nella raccolta degli agrumi - ha proseguito - è grave e lo diciamo da tempo. Mi complimento con la magistratura reggina e i carabinieri che hanno fatto bene a intervenire. Ma lo Stato deve affrontare il problema dell'accoglienza riconoscendo diritti a chi diritti non ha e diventa, così, facile preda della criminalità". "La Calabria - ha concluso Loiero - ha scelto una strada diversa sul problema. La legge sull'immigrazione proposta dalla Giunta e che il Consiglio regionale è pronto ad approvare, pone la Calabria all'avanguardia nel Paese, sulla scia di una tradizione culturale che non po' dimenticare di essere stata, la nostra, terra d'emigrazione"

Ass. Tripodi “Drammatica situazione di sfruttamento”. "Complimenti vivissimi ai carabinieri e ai magistrati della Dda di Reggio Calabria per l'indagine che ha consentito l'arresto di tre imprenditori agricoli di Rosarno per gravissimi reati nei confronti di alcuni extracomunitari impiegati nella raccolta degli agrumi". A sostenerlo, in una nota, è Michelangelo Tripodi, assessore regionale e segretario del Pdci calabrese. "Un'operazione importante - aggiunge - che evidenzia la drammatica e penosa condizione di sfruttamento e di violenza che sono costretti a subire gli immigrati impiegati come braccianti agricoli nella Piana di Gioia Tauro". "L'ennesimo gravissimo e sconcertante episodio - ha sostenuto Tripodi - che ripropone con agghiaccianti interrogativi la problematica dell'accoglienza e la convivenza degli immigrati in zone ad alto rischio criminalità come quella di Rosarno, da tempo al centro delle denunce dei sindacati proprio per vicende legate allo sfruttamento di manodopera extracomunitaria. Manodopera, così come accade in altre aree del nostro paese e soprattutto del meridione, spesso composta da 'squadre' di clandestini ridotti in schiavitù, costretti a lavorare nelle campagne 12-14 ore al giorno e a vivere reclusi in vere e proprie baraccopoli senza alcuna ben che minima garanzia igienico-sanitaria. Come succede da tempo all'ex Cartiera di San Ferdinando sotto il colpevole silenzio delle istituzioni e della società civile". "Dopo il ferimento a colpi di pistola dei due giovani ivoriani che si erano ribellati al racket - ha proseguito Tripodi - un intervento umanitario, oltre a quello assistenziale già attuato con Medici senza frontiere, era già stato disposto tramite la protezione civile lo scorso gennaio dalla Giunta regionale a favore delle centinaia di immigrati che vivono e lavorano in condizioni disperate nelle campagne di Rosarno. Ma é il governo Berlusconi ad essere sempre più latitante. Le recenti promesse di Maroni, in passerella a Reggio Calabria, non hanno sortito alcun risultato concreto e la situazione è sempre più drammatica. Serve quindi uno scatto di orgoglio perché episodi come quello di Rosarno non passino inosservati. Affinché dopo il clamore iniziale e i titoloni sui giornali non finiscano nel dimenticatoio dell'indifferenza. La problematica é forte e bisogna affrontarla di petto e una volta per tutte, altrimenti si rischia grosso". "Da sempre come Comunisti italiani - ha concluso Michelangelo Tripodi - sosteniamo che i lavoratori immigrati rappresentano una ricchezza vitale per il nostro Paese e per questo devono essere tutelati e difesi dallo sfruttamento e dalla discriminazione. Ad essi deve essere garantita la dignità civile che ciascuna persona merita. Ma una reale dignità non può che essere fondata sul lavoro, sulla capacità cioé di soddisfare attraverso il lavoro i propri bisogni e quelli della propria famiglia. Non sui soprusi e sullo sfruttamento. Non è possibile che un paese che si definisce moderno e civile continui a tollerare tutto questo obbrobrio. Se tutto viene messo a tacere significa che lo Stato non esiste più. Al contrario, polizia, carabinieri, guardia di finanza e ispettori del lavoro devono accentuare i controlli e serve la mano ferma e severa della giustizia contro chi sfrutta e si arricchisce sulle spalle dei lavoratori"

Flai CGIL “Finalmente una buona notizia”. "L'arresto di tre imprenditori agricoli nella zona di Rosarno, rei di aver condotto in schiavitù braccianti agricoli extracomunitari impegnati nelle campagne calabresi, è sicuramente una buona notizia e segue le continue richieste di intervento da parte delle organizzazioni sindacali in favore di questi lavoratori". A sostenerlo è il segretario nazionale della Flai-Cgil Salvatore Lo Balbo. "Che cosa avviene nelle campagne calabresi come in quelle di tutta Italia - ha aggiunto - è noto a tutti ma quasi mai si provvede ad intervenire per stroncare quei fenomeni quali lo schiavismo e il lavoro nero che sono i tratti distintivi della gestione dei rapporti di lavoro nel settore agricolo". "Nella Piana di Gioia Tauro - ha sostenuto Lo Balbo - vengono ogni anno impiegati a nero circa 5.000 braccianti extracomunitari, utilizzati in particolare per la raccolta degli agrumi. Provengono quasi tutti dall'Africa nera e sono allocati in ex fabbriche o in depositi abbandonati della zona dove vivono in condizioni disumane. Sono sotto gli occhi di tutti e tutti sanno dove e come vivono eppure quasi mai si fa qualcosa per salvarli dalla schiavitù e dallo sfruttamento. La stessa cosa avviene a S.Nicola Varco (Salerno), a Cassibile (Siracusa), nelle campagne del foggiano e in molti altri posti d'Italia". "E' per questo - ha concluso Lo Balbo - che, oltre a giudicare positivamente l'operazione svolta dalle forze dell'ordine e dalla magistratura in Calabria, riteniamo che sia opportuno dare vita ad una politica nazionale in favore di questi lavoratori attraverso la creazione giuridica del reato di caporalato, la piena applicazione dell'articolo 600 del codice penale sulla riduzione in schiavitù e la possibilità di rimanere nel nostro paese per tutti quei lavoratori extra-comunitari che sono oggetto d'indagine".

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