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Storie di vita e richieste d'aiuto al Santo calabrese
Caro San Francesco aiutami, mandami un lavoro… così le lettere dei devoti al Santuario di Paola 06 mag 09 Le parole pellegrine al santuario di San Francesco di Paola, in provincia di Cosenza. Chi non può arrivare fisicamente nei luoghi in cui visse il taumaturgo calabrese, affida le sue preghiere alla penna e alle lettere, tante, che arrivano da tutta Italia. Calligrafia incerta, storie di vita racchiuse in un foglio di quaderno. Si affidano al Santo della Carità, all'Eremita che attraversò lo Stretto di Messina con il suo mantello, al Taumaturgo capace di sconfiggere il male. Lucio, vive a Venezia, e vorrebbe poter realizzare un sogno. Ai Padri minimi confessa. "Ho espiato cinque anni di carcere durante i quali ho tessuto un sudario di rimorsi, che speravo potesse servire a liberarmi del passato come un abito sporco. Successivamente scarcerato per buona condotta e minato nella salute, ho sofferto molto perché vivere in estrema miseria è un po' come dormire in una tomba" "Grazie al Comune - prosegue la lettera - ho trovato rifugio in questo asilo per poveri ed anche se ciò rappresenta per l'opinione pubblica un balzo nel binario dell'emarginazione, lo stesso sono grato a Dio per tale riparo. L'unica cosa che mi rende cara la vita è mia madre. Ha ottant'anni, alla quale sono veramente affezionato. Si trova a Roma in una casa per anziani indigenti che la ospita in cambio della pensione. Vorrei trascorrere un po' di tempo con quella mamma che adoro. Sono solo e privo di tutto. Se potrà inviarmi una piccola somma per il viaggio soltanto gliene sarò grato per sempre". Alla richiesta d'aiuto è allegato l'indirizzo. Padre Rocco Benvenuto, che è superiore dei minimi al Santuario, si sofferma su ogni rigo, interpretando vocali, consonanti, punteggiatura lontane dalla grammatica. Non è lo stile di scrittura a toccare il sacerdote, ma il bisogno profondo che attraversa lo stivale da nord a sud e al quale bisogna dare risposta. Tra le mani la carta resta sospesa e lo sguardo scivola sul blu dell'inchiostro che narra di una famiglia di Cagliari. "Mi chiamo Giuseppe, sono felicemente sposato, ho due figliole. Purtroppo qui, nella povera e sfortunata Sardegna, non c'é lavoro. Devo confessare che ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni, stiamo sempre a bussare a tante porte con la speranza di trovare il tanto desiderato posto di lavoro". "Non vediamo l'ora di vivere, una vita dignitosa. Vorrei - conclude la missiva- con tutto il mio povero cuore chiedere a voi padre superiore e frati francescani, un piccolo aiuto. Di trovare nella vostra bella Paola, a Cosenza, un posto di lavoro, almeno per me, con possibilità di alloggio. Sono disposto a fare i lavori più umili". Bussare alle porte del Santuario, un gesto invisibile e quotidiano per uomini e donne che da secoli si affidano a San Francesco di Paola. Il Santo dei miracoli conosciuto in tutto il mondo.
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