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Territorio calabrese saccheggiato con le cave

 

Legambiente denuncia “Territorio calabrese saccheggiato dalle cave su cui non grava alcun canone”

26 mag 09 Legambiente rivolge un appello ai presidenti della Giunta e del Consiglio regionali della Calabria "perché si ponga fine all'utilizzo gratuito delle cave nel territorio calabrese". L'organizzazione ambientalista chiede, in particolare, "una risposta efficace, concreta e in tempi certi per fermare la 'svendita' di territorio e paesaggio calabrese, oggi gratis, fattore che offre ulteriori spazi e opportunità alla già dannosissima 'ndrangheta e ai suoi sgherri in Calabria''. Dal dossier nazionale di Legambiente sulla situazione delle cave in Italia, presentato oggi, "emerge - sostiene l'organizzazione ambientalista - l'ennesimo 'caso Calabria': nessun canone da pagare per i cavatori, nessun piano regionale cave per dettare indirizzi e nessuna legge regionale per dare regole certe e uguali per tutti. In Calabria l'attività estrattiva è interamente nelle mani dei Comuni, unici interlocutori per chi vuole aprire un'attività di cava o anche gestirla illegalmente". "Se si considera il peso che le Ecomafie hanno nella gestione del ciclo del cemento e nel controllo della aree di cava nel Mezzogiorno - ha detto il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza - emerge in tutta la sua evidenza, la gravità della situazione in troppe aree del Paese praticamente prive di regole". "Senza alcuna regola e alcun onere di concessione per l'attività estrattiva - ha detto il presidente di Legambiente Calabria, Antonino Morabito - la Calabria continuerà ad essere devastata dalle cave, a lasciare abbandonate quelle dimesse e a rinunciare a promuovere un settore innovativo come quello del recupero degli inerti provenienti dalle demolizioni in edilizia (magari compreso quello proveniente dall'abbattimento dei tanti ecomostri), che può sostituire quelli di cava, come sta avvenendo in molti Paesi europei, che consente di avere molti più occupati e di risparmiare il paesaggio"

6000 cave attive in Italia, persi 500 mln di euro. Sarebbe di 1 miliardo e 735 milioni di euro il guadagno di coloro che sfruttano le cave per l'estrazione di sabbia e ghiaia per l'edilizia. Ma le Regioni guadagnano solo il 4% di questa somma, circa 53 milioni di euro. A denunciarlo è stata Legambiente attraverso un dossier pubblicato oggi. Secondo l'associazione ambientalista, lo sfruttamento di una risorsa non rinnovabile come il suolo non sarebbe ben pagato e la perdita per le Regioni si aggirerebbe sui 500 milioni di euro l'anno. In Italia ci sono circa 6mila cave attive da cui vengono estratti, ogni anno, circa 142 milioni di metri cubi di inerti, di cui la metà solo in Puglia, Lombardia e Lazio. Eppure il canone di estrazione richiesto è estremamente basso, pari al 4% del prezzo di vendita degli inerti. In regioni come Valle d'Aosta, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna si cava gratis, mentre la tariffa più alta si paga in Abruzzo. Colpa della normativa che risale al 1927, ma anche delle Regioni, a cui sono stati trasferiti i poteri nel 1977, che dovrebbero regolare le estrazioni ma sembrano guardare con disinteresse al settore. Secondo Legambiente, il prezzo medio dovrebbe essere adeguato alla Gran Bretagna, in cui si paga il 20% dei guadagni. In questo modo si ricaverebbero 567milioni di euro contro i 53 attuali. Solo in Puglia si guadagnerebbero 99,5milioni di euro l'anno ed in Lombardia fino a 94milioni. Secondo Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, "uscire da una gestione spesso illegale, recuperare aree abbandonate, curare le ferite del paesaggio è quanto mai urgente". In Europa, la Danimarca ha risolto il problema puntando sul recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione, un meccanismo che fornisce il 90% di inerti riciclati. Mentre in Repubblica Ceca è tassata anche la superficie occupata dalle cave.

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