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Operazione Timpano Rosso

 

Maxi operazione dei Ros nel cosentino, sgominato il clan degli zingari: 23 arresti. Sequestrati 20 mln di beni

16 lug 09 Un'operazione dei carabinieri del Ros, denominata "Timpone rosso", si è svolta tra Calabria e Germania per l'esecuzione di ordinanze di custodia cautelare emesse contro 23 persone ritenute affiliate al "clan degli zingari" attivo nell'altro Ionio Cosentino. Le accuse contestate nei provvedimenti emessi dal gip su richiesta della Dda di Catanzaro, vanno dall'associazione mafiosa all'omicidio ed al tentato omicidio al porto abusivo di armi e munizionamento da guerra. Le indagini, condotte dal Ros di Catanzaro, hanno permesso di ricostruire i moventi e gli autori di numerosi omicidi commessi durante la guerra di mafia che negli ultimi anni ha visto contrapposte le cosche della sibaritide per il controllo del territorio. Nella stessa operazione Il sequestro di beni mobili ed immobili per un valore di 20 milioni. Tra i beni sequestrati figurano anche aziende agricole ed imprese edili.

Fatta luce su 10 omicidi. Utilizzavano una strategia stragista i componenti del ''clan degli zingari". Una strategia finalizzata ad imporre il proprio predominio sul territorio dell'Alto Ionio Cosentino, eliminando chiunque rappresentasse un ostacolo o per evitare pentimenti che avrebbero minato la solidità del clan. E poco importava se a cadere era un ragazzino di 16 anni. A fare luce sull'attività del clan e su una decina di omicidi è stata un'inchiesta della Dda di Catanzaro condotta dai carabinieri del Ros che stamani ha portato all'arresto di 20 persone (su 23 ordinanze emesse dal gip distrettuale) ed al sequestro di beni per 20 milioni di euro nell'ambito dell'operazione denominata "Timpone rosso". Le accuse contestate vanno dall'associazione mafiosa all'omicidio ed al tentato omicidio al porto abusivo di armi e munizionamento da guerra. Gli appartenenti al clan, secondo l'accusa, nel 2003 non esitarono ad assassinare un sedicenne, Antonio Acquesta, rapito, "interrogato" e poi ucciso brutalmente a colpi di chiave inglese perché accusato di avere preso parte al duplice omicidio di Eduardo Pepe e Fioravante Abbruzzese, considerati esponenti di primo piano del clan, assassinati il 3 ottobre del 2002. L'inchiesta, coordinata dal pm Vincenzo Luberto, prende il nome dalla zona del cassanese dove ha sede il "locale" degli zingari ed ha consentito di fare luce sugli omicidi compiuti nella Sibaritide tra il 1999 e il 2003, periodo di ascesa del clan che negli anni si era ritagliato un posto di primo piano nella geografia criminale del cosentino. Alle indagini ha contribuito anche il collaboratore di giustizia Pasquale Perciaccante, il primo ad essere uscito dalla cosca. Particolare importanza è stata attribuita all'omicidio di Gianfranco Iannuzzi, vittima di un caso di "lupara bianca" ed resti del quale sono stati ritrovati grazie a Perciaccante. Quel delitto, secondo gli investigatori, è stata la chiave di volta per ricostruire gli anni di sangue di cui si sono resi protagonisti gli appartenenti al clan, che si è imposto sia a Cosenza che nelle sibaritide, passando dalla gestione di attività marginali alle estorsioni per poi posizionarsi nel narcotraffico, approfittando anche delle operazioni condotte dalle forze dell'ordine che dal 1994 hanno disarticolato le principali organizzazioni criminali della zona. Particolare importanza è stata attribuita dagli investigatori al sequestro dei beni. E' stato il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, a sottolineare questo aspetto. "Non solo arresti - ha detto - ma puntiamo ad indebolire i clan anche sotto l'aspetto economico. Questa è la nuova strategia repressiva che stiamo portando avanti".

Procuratore Grasso “Miriamo ai sequestri per indebolirli”. ''Non solo arresti. Puntiamo ad indebolire i clan anche sotto l'aspetto economico. Questa è la nuova strategia repressiva che stiamo portando avanti". A dirlo é stato il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, commentando, a Cosenza, i risultati dell'operazione condotta dai carabinieri del Ros che ha portato all'arresto di 20 presunti affiliati alla cosca degli zingari operante nell'Alto Ionio Cosentino ed al sequestro di beni per 20 milioni di euro. "Abbiamo mantenuto la promessa - ha proseguito - visto che con l'operazione abbiamo assicurato alla giustizia gli esponenti del clan degli zingari e contestualmente inferto un duro colpo al potere economico di questi ultimi. E' proprio su questo punto che la procura nazionale antimafia da tempo sta concentrando i suoi sforzi". Grasso ha aggiunto che "non si può parlare di criminalità di serie A e B. Questo è un gruppo criminale organizzato che ha agito con modalità mafiose per imporre il proprio predominio sul territorio e che si è scontrato con il clan dei Forastefano, già colpito e disarticolato dalle forze dell'ordine". All'incontro con i giornalisti hanno partecipato anche il procuratore della Dda di Catanzaro Vincenzo Lombardo, il vice comandante del Ros Mario Parente, il comandante del Ros di Catanzaro, Giovanni Sozzo, ed il comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza Aldo Iacovelli. L'inchiesta è stata coordinata dal pm Vicenzo Luberto, alla Dda catanzarese dal 2003. Alla distrettuale, Luberto ha sostenuto l'accusa in diversi processi per associazione mafiosa e traffico internazionale di droga nel Cosentino conclusi con numerose condanne e con il riconoscimento dell'esistenza di una serie di associazioni mafiose.

Fatta luce su omicidio Acquesta. C'é anche l'omicidio di un sedicenne tra quelli su cui i carabinieri del Ros di Catanzaro hanno fatto luce nell'ambito dell'inchiesta che stamani ha portato all'operazione 'Timpone rosso'. Si tratta del delitto di Antonio Acquesta, ucciso il 27 aprile del 2003. Secondo l'accusa il giovane fu assassinato perché sospettato di avere preso parte al duplice omicidio di Eduardo Pepe e Fioravante Abbruzzese, considerati esponenti di primo piano della cosca degli zingari, assassinati il 3 ottobre del 2002. Acquesta fu rapito, portato in un casolare, interrogato e poi massacrato a colpi di chiave inglese.- L'inchiesta che ha portato all'operazione, coordinata dal sostituto Procuratore antimafia Vincenzo Luberto, prende il nome dalla zona del cassanese dove ha sede il locale di 'ndrangheta degli zingari. Le indagini hanno consentito di fare luce su una serie di omicidi compiuti nella sibaritide tra il 1999 e il 2003, periodo, secondo gli investigatori, di ascesa del clan degli zingari che negli anni si sono ritagliati un posto di primo piano nella geografia criminale del cosentino.

Pentito ha collaborato. Gli investigatori che hanno condotto l'inchiesta "Timpano rosso" si sono avvalsi anche delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, Pasquale Perciaccante, il primo ad essere uscito dalla cosca degli zingari. Il gruppo criminale, secondo l'accusa, ha utilizzato una strategia stragista per imporre il proprio predominio sul territorio, eliminando chiunque rappresentasse un ostacolo o per evitare pentimenti che avrebbero minato la solidità del clan. E' in questa logica, per gli investigatori, che sono maturati gli omicidi di Giuseppe Cristaldi, Biagio Nucerito, Gianfranco Iannuzzi, Salvatore Giorgio Cimino, Enzo Fabbricatore, Vincenzo Campana, Gaetano Guzzo, Sergio Benedetto e Antonio Acquesta. La collaborazione di Perciaccante ha consentito, inoltre, di trovare i resti dei corpi di Gianfranco Iannuzzi e Antonio Acquesta, oltre a numerose armi utilizzati dalla cosca. All'omicidio di Iannuzzi gli inquirenti hanno riservato molta attenzione essendo la chiave di volta che ha consentito di ricostruire gli anni di sangue di cui si sono resi protagonisti gli appartenenti al clan. Secondo quanto emerge dalla ricostruzione degli inquirenti, uno dei punti di forza della cosca è la struttura familistica che si è imposta sia a Cosenza che nelle sibaritide. Il clan è passato dalla gestione di attività illecite marginali, alle estorsioni per poi posizionarsi nel narcotraffico. L'ascesa del clan è coincisa con l'operazione "Garden" che, nell'ottobre del 1994, ha disarticolato nel Cosentino le corsorterie criminali storiche e altre operazioni antimafia che hanno indebolito il 'locale' di Corigliano.

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