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Traffico d'armi 6 arresti tra Rosarno e Bologna

Traffico di armi, DDA Reggio dispone sei arresti tra Rosarno e Bologna

22 lug 09 E' in corso un'operazione della polizia di Stato a Rosarno (Reggio Calabria) e Bologna per l'esecuzione di sei provvedimenti di fermo emessi dalla Dda di Reggio Calabria. Nell'operazione sono impegnate le Squadre mobili di Reggio Calabria e Bologna, che stanno eseguendo i provvedimenti emessi a carico di presunti affiliati alla cosca Bellocco della 'ndrangheta. Alle sei persone che sono state fermate vengono contestati l'associazione per delinquere di tipo mafioso ed il traffico di armi.

Pronta una sanguinosa guerra di mafia. La cosca calabrese si era insediata in Emilia, gestiva da lì attività illecite in tutta Italia (dall'usura al traffico di armi) e stava per dare il via a una sanguinosa guerra con una famiglia rivale. La notte scorsa, tre persone sono state messe in stato di fermo a Bologna, e altre tre nella provincia di Reggio Calabria (a Rosarno e Gioia Tauro), con l'accusa di associazione mafiosa. Il capocosca, Carmelo Bellocco, era già in carcere alla Dozza dal 26 giugno per detenzione di arma clandestina. Gli altri tre fermati a Bologna sono la moglie Maria Teresa D'Agostino, il figlio ventinovenne Domenico e Rocco Gaetano Gallo, affiliato alla 'ndrina di Bellocco. In Calabria sono stati fermati il nipote del capocosca, Domenico (omonimo del figlio), il fratello Rocco e un altro figlio, il diciottenne Umberto, gia' agli arresti domiciliari da giugno. L'indagine è partita alla fine del 2008 con attività di monitoraggio su Bellocco, appena uscito dal carcere. L'uomo aveva trovato casa a Granarolo Emilia e lavorava nella ditta Veneta Frutta, amministrata da Gallo. In realtà continuava a gestire la 'ndrina da Bologna (in particolare l'attività di usura, ricevendo debitori). Lo scorso giugno, la svolta: il capo di un'altra famiglia calabrese ha fatto visita a Bellocco, chiedendo 'giustizia' per un omicidio commesso vent'anni fa da un parente del capocosca, e minacciando, nel caso non fosse stato ascoltato, di sterminare la sua famiglia. Bellocco e i suoi uomini si stavano preparando alla 'guerra', quando sono stati fermati dall'operazione di polizia.

I fermi pre bloccare guerra di mafia. L'operazione che ha portato al fermo, la scorsa notte, a Rosarno ed Bologna, di sei presunti affiliati alla 'ndrangheta ha consentito di prevenire una guerra di mafia tra la cosca dei Bellocco ed il gruppo degli Amato. Proprio per evitare che lo scontro tra i Bellocco e gli Amato, provocasse possibili omicidi, la Dda di Reggio Calabria, che ha condotto l'inchiesta insieme a quella di Bologna, ha emesso provvedimenti di fermo evitando il passaggio della richiesta al gip della misura cautelari. Secondo quanto è emerso dall'inchiesta, il gruppo Amato intendeva vendicarsi, in particolare, degli omicidi di Cosimo Amato, di 30 anni, e di Mario Amato, di 48 anni. Il cadavere di quest'ultimo non è stato mai trovato. Gli affiliati alla cosca Bellocco, secondo quanto riferito dalla polizia, si preparavano ad uno scontro armato con gli Amato per confermare il proprio predominio nel controllo delle attività illecite a Rosarno.

Il potere di Carmine Bellocco. Nel corso delle indagini (coordinate dal pm di Bologna Elisabetta Melotti e dalla sua collega calabrese Beatrice Ronchi) e' emerso il potere di vita e di morte che Carmelo Bellocco aveva all'interno della 'ndrina. Nelle intercettazioni relative alla riunione della cosca dopo le minacce ricevute, Bellocco, spiegando il suo rifiuto di dare soddisfazione alla famiglia 'offesà punendo il parente coinvolto nel delitto di vent'anni fa, dice "io questa vita non gliela posso dare". In un'altra intercettazione, la moglie di Bellocco spiega al figlio Umberto: "O noi o loro. Vedremo chi vince la guerra", e chiarisce che nemmeno le donne saranno risparmiate. In vista dello scontro imminente, i Bellocco stavano raccogliendo armi provenienti dalla Lombardia e avevano inviato emissari presso altre cosche per capire se qualcuna di esse stesse dietro la famiglia che aveva lanciato la minaccia. "L'operazione dimostra l'attenzione degli organi giudiziari e di polizia verso il peggiore fenomeno che può verificarsi in una provincia - ha commentato il questore di Bologna Luigi Merolla, incontrando la stampa assieme al capo della Squadra mobile Fabio Bernardi - Il rischio è duplice: da una parte, l"effetto Duisburg', per cui i territori di esportazione delle mafie possono diventare teatro di fatti di sangue. Dall'altra, queste 'metastasi' mafiose possono infettare il tessuto sociale in cui si insediano".

 

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