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Indagine Eurispes: Giovani calabresi pronti ad emigrare

 

Eurispes: Oltre 65 mila giovani calabresi pronti ad emigrare

27 gen 09 Oltre 65 mila giovani sono disposti a lasciare la Calabria; il 18,7 per cento lavorerebbe in nero; la maggior parte si sacrificherebbe anche di notte. E' quanto emerge da uno studio dell'Eurispes. Ponendo a confronto i valori assunti dai principali indicatori del mercato del lavoro (tasso di occupazione e tasso di disoccupazione), fra le regioni italiane, viene confermata la debolezza del mercato del lavoro delle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) rispetto alla media italiana. Considerando il tasso di disoccupazione, nel III trimestre 2008, nelle aree del Sud si attesta all'11,1%, un valore, questo, quasi il doppio di quello medio italiano, pari al 6,1%. In termini di variazione, rispetto allo stesso periodo del 2007, aumenta di quasi un punto percentuale, +0,8, mentre in Italia l'incremento risulta piu' contenuto, +0,5 punti.

Per quanto riguarda la Calabria, secondo l'Eurispes si posiziona al penultimo posto della graduatoria del tasso di occupazione piu' basso d'Italia, con il 43,6%, subito dopo la Campania con il 43,3% e con uno scarto rispetto al dato medio nazionale (59%) di ben 15,4 punti percentuali. Il disagio del mercato del lavoro nella regione e' ulteriormente confermato dal tasso di disoccupazione: la Calabria, con l'11,9% e' seconda solo alla Sicilia con il 13,1% nella graduatoria nazionale del livello di disoccupazione piu' elevato, e con uno scarto rispetto a quello medio italiano (6,1%) di quasi 6 punti percentuali. A cio' si aggiunge il basso livello di partecipazione al mercato del lavoro (49,5%) inferiore al dato aggregato dell'Italia (62,8%) di ben 13,3 punti percentuali. Inoltre, sempre rispetto al fenomeno, in modo analogo al resto della penisola, oltre a quella per eta', la disoccupazione meridionale e dunque quella calabrese presenta una forte caratterizzazione per sesso. "Cio' significa - spiega lè'istituto - che i giovani ma soprattutto le donne, sono sensibilmente meno occupate e nettamente piu' disoccupate che nel resto del Paese".

Suddividendo il tasso di disoccupazione per sesso, quello delle donne calabresi supera abbondantemente quello maschile: il 16% contro il 9,6%, a fronte rispettivamente del 7,9 e 4,9 per cento del dato medio italiano. Analizzando in profondita' il fenomeno della disoccupazione in relazione all'eta' (Istat 2007) e' possibile osservare come soltanto il Mezzogiorno presenta un tasso di disoccupazione giovanile (giovani compresi tra i 15 e i 24 anni di eta') al di sopra della media nazionale (32,3% vs 20,3% con una differenza di ben 12 punti percentuali). La Calabria conferma la difficile situazione del lavoro giovanile con quasi un terzo, il 31,6%, di disoccupati, anche se in questo caso il triste primato spetta con un valore piu' elevato in primis alla Sicilia (37,2%), seguono Sardegna (32,5%), Campania (32,5%) e Puglia (31,8%).

La posizione della Calabria migliora rispetto all'anno precedente, periodo in cui risultava seconda alla sola Sicilia (39%) nella graduatoria del piu' alto livello di disoccupazione, con un saggio pari al 35,5%. E' stata chiesta ai giovani calabresi la loro disponibilita' a trasferirsi per motivi di lavoro in altri luoghi: oltre il 13% dei giovani calabresi si dice pronto a lasciare la Calabria alla ricerca di un'occupazione stabile o piu' gratificante. i giovani calabresi mostrano qualche remora solo al trasferimento fuori dall'Europa. Non vi sono differenze tra maschi e femmine, ne' per i diversi titoli di studio. Tra le tre classi di eta' invece, si riscontra una maggiore propensione nei giovani di eta' compresa tra i 18 e i 23 anni, ai cambiamenti e a nuove esperienze, probabilmente per la minore presenza di legami stabili e per la possibilita' di considerarla una esperienza temporanea di arricchimento professionale e personale. Confermando la generale tendenza verso la precarizzazione del lavoro, piu' di un giovane occupato calabrese su due ha dichiarato una tipologia contrattuale precaria. In particolare, se si osserva il tipo di contratto per le diverse tipologie, emerge come il 54,7% dei giovani dichiara di non avere un contratto a tempo indeterminato (pari alla somma delle risposte "senza contratto", "contratti atipici" "contratto a tempo determinato" e "altro"): 13,9% senza contratto, 16,8% con contratti atipici, 18,2% con contratti a tempo determinato e 5,8% con altre formule contrattuali. L'ingresso continuativo nel mondo del lavoro rappresenta la seconda tappa del passaggio alla condizione di adulto, perche' consente l'indipendenza economica l'affrancamento dalla tutela dei propri genitori.

E' chiaro che un lavoro precario non consente ne' l'ingresso continuativo nel mondo del lavoro, ne' l'indipendenza economica, ed e' altrettanto chiaro che i giovani che si trovino a lavorare con contratti a termine, rimangono intrappolati nella propria condizione, a prescindere da quale sia il loro desiderio. Una quota significativa (45,9%) dei soggetti occupati intervistati gode di un contratto a tempo indeterminato che permette piu' tranquillamente di progettare il proprio futuro in maniera del tutto indipendente da aiuti esterni. "La maggior parte dei nostri intervistati - scrive l'Eurispes - che ha concluso il proprio percorso formativo non ha ancora trovato lavoro (36,9%). Tra questi, la percentuale piu' alta si registra tra coloro che hanno un titolo di studio elevato confermando che l'accesso al lavoro e' piu' difficile in questi casi, probabilmente a causa della configurazione del mercato del lavoro locale ma anche della visibilita' di questo tipo di offerte attraverso i canali maggiormente diffusi". Il 24% ha trovato un'occupazione a meno di un anno: il 12,6% entro un mese e l'11,4% nell'arco di un anno.

Rilevante il dato del 13,7% del campione che ha dichiarato di aver impiegato oltre 4 anni a trovare un lavoro stabile. E' probabile che per alcuni giovani i meccanismi regolativi del mercato del lavoro siano opachi e che le opportunita' rimangano complessivamente poco accessibili, contribuendo da un lato ad allungare il periodo che intercorre tra la fine dei cicli formativi e l'inserimento nel mercato del lavoro e dall'altro a sviluppare una sfiducia generalizzata circa la possibilita' di definire carriere non contrassegnate da una considerevole instabilita' e dal costante rischio di scivolamento al di sotto della soglia di poverta'.

E' stato chiesto ai non occupati quale retribuzione minima sarebbero disposti ad accettare pur di inserirsi nel mondo del lavoro. Circa il 18,7% degli intervistati dichiara che accetterebbe qualsiasi remunerazione, anche in nero. "E' una posizione - scrive l'Eurispes - che attesta la percezione di un marcato senso di debolezza contrattuale, soprattutto se consideriamo che un altro 25,2% pone come unico vincolo la regolarita' della posizione lavorativa. Oltre alla difficolta' oggettiva di trovare lavoro, possiamo ipotizzare che i nostri intervistati ritengano di non essere sufficientemente formati per poter pretendere la giusta retribuzione e che considerino il primo impiego come un periodo di formazione sul campo, utile per essere in futuro piu' competenti e quindi piu' competitivi". All'estremo opposto, il 5% degli intervistati afferma di non voler accettare un compenso minimo inferiore a una cifra compresa tra i 1300 e i 1700 euro al mese (risposta 'altro'), mostrando aspettative troppo ottimistiche rispetto alle attuali retribuzioni, soprattutto in relazione al primo impiego. Probabilmente si tratta di soggetti che non hanno al momento necessita' di lavorare, che stanno conseguendo un titolo elevato e hanno proiettato nel futuro e in maniera del tutto ideale la propria risposta, senza tener conto del contesto.

Al fine di rilevare la propensione degli intervistati a preferire uno stipendio piu' elevato in cambio di condizioni di lavoro disagiate (lavoro notturno, festivo, in nero, precario etc.) e' stato chiesto loro se fossero stati disponibili a svolgere un lavoro del genere ma con una retribuzione doppia del normale. "Il dato rilevante che suscita un'immediata attenzione - si legge - e' che ben il 67,8% dei giovani intervistati si e' detto pronto a lavorare di notte pur di guadagnare il doppio di cio' che attualmente percepisce. Inoltre, gli under 35 hanno dichiarato piena disponibilita' a fare i pendolari (71,5%), a lavorare con un contratto a termine (65,8%), a lavorare durante i giorni festivi (61,7%), a cambiare spesso lavoro (58,7%) e, infine, a lavorare in nero (35,8%)".

 

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