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Caso De Magistris, scoppia la grana intercettazioni

 

Caso De Magistris, L’archivio Genchi fu segnalato a maggio alla Procura di Roma, intercettate persone non indagate. L'ANM si difende

23 gen 09 L'esistenza dell'archivio di Gioacchino Genchi, consulente dell'ex pm Luigi De Magistris, fu segnalata nel maggio scorso alla Procura di Roma dalla Procura Generale di Catanzaro. L'archivio, che conterrebbe 500 mila file digitali di contatti telefonici, fu acquisito dai carabinieri del Ros nell'ufficio palermitano di Genchi dopo che la Procura generale del capoluogo calabrese avocò l'inchiesta Why Not a Luigi De Magistris, e revocò l'incarico al consulente dell'ex pm di Catanzaro. Dai file acquisiti dai carabinieri emerse che nell'archivio erano stati memorizzati i contatti telefonici di numerosi politici, parlamentari, alte cariche dello Stato, ed esponenti delle forze dell'ordine e dei servizi di sicurezza. Dopo una valutazione di tutto il materiale i magistrati della Procura Generale di Catanzaro decisero di segnalare alla Procura di Roma l'esistenza dell'archivio di Genchi perché l'acquisizione era avvenuta presso la sede dei gestori telefonici.

Nessun fascicolo nella Procura di Roma Non risulta, al momento, alcun fascicolo aperto dalla Procura di Roma per quanto riguarda il cosiddetto archivio Genchi, la banca dati raccolta dal consulente dell'ex Pm della Procura della Repubblica di Catanzaro Luigi De Magistris nell'ambito delle indagini cosiddette Why Not e Poseidone. Secondo fonti giudiziarie di piazzale Clodio, non è giunto alcuno stralcio sull'archivio Genchi o documentazione dalla Procura di Catanzaro che svolge indagini sul fascicolo Why Not e che aveva revocato l'incarico allo stesso Genchi dopo l' avocazione dell'indagine stessa da parte della Procura generale del capoluogo calabrese allo stesso De Magistris. L'unico stralcio giunto nella procura della capitale riguardava la posizione dell'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, fascicolo giunto all' attenzione del Tribunale dei Ministri e poi tornato a Catanzaro nei mesi scorsi. Secondo alcune indiscrezioni la Procura della Repubblica di Roma ha aperto da tempo due fascicoli sull'archivio di Gioacchino Genchi. Secondo le stesse indiscrezioni, l'inchiesta era stata in particolare aperta sulla base di un esposto presentato da Salvatore Cirafici, un ex colonnello dei carabinieri poi responsabile della sicurezza per la Wind Italia. Cirafici ha accusato Genchi di calunnia in relazione a quanto scritto dal perito nelle sue informative all'ex pm De Magistris. L'ex ufficiale dei carabinieri, nella denuncia, aveva sostenuto inoltre di avere subito pressioni per consentire l'accesso a tabulati telefonici sottratti all'anagrafe clienti perché riguardanti figure istituzionali con un ruolo per la sicurezza dello Stato.

Rutelli “Rilevante per la libertà, intercettate persone non indagate”. "Temo che nelle prossime settimane ci si renderà conto che si tratta di una questione molto rilevante per la nostra libertà e la nostra stessa democrazia". Lo ha detto il presidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, Francesco Rutelli, a margine di un convegno, parlando del cosiddetto archivio di Gioacchino Genchi, il consulente dell'ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris, che conterrebbe centinaia di migliaia di utenze telefoniche, tra cui quelle di parlamentari, esponenti dei servizi segreti e delle forze armate. "In questi giorni stabiliremo le audizioni e ascolteremo anche processualisti che ci aiuteranno a verificare se queste attività siano state rispettose della legge o meno", ha aggiunto Rutelli. "Renderemo noto il calendario delle audizioni domani o al massimo all'inizio della prossima settimana". Il presidente del Copasir ha quindi sottolineato che non è possibile quantificare con precisione il materiale presente nell'archivio Genchi e che dovrà essere esaminato dalla commissione. "Abbiamo a che fare con tabulati telefonici e acquisizioni di dati riguardanti moltissime persone non indagate. Non siamo in grado di giudicare se queste attività siano state rispettose della legge, ma se ci sono segnaleremo gli eventuali correttivi". Così Francesco Rutelli, presidente del Copasir, a margine di un convegno sulla giustizia dei giovani avvocati, a proposito del cosiddetto archivio di Gioacchino Genchi, il consulente dell'ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris.

Cossiga d’accordo con Rutelli. "Ho sempre ritenuto che tutte le comunicazioni telefoniche dei servizi di informazione e sicurezza, specie quando sono con servizi paralleli di potenze alleate ed amiche, siano coperti dal segreto e non possano essere soggette ad intercettazioni dalla magistratura in nessun caso. Quindi, bene ha fatto Francesco Rutelli a sottoporre il caso dell'oltre un milione di intercettazioni di quel genere della procura di Catanzaro al Copasir". Lo afferma il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. "Il fatto è - spiega - che il caso è al vaglio della Corte costituzionale, alla quale hanno presentato più di un ricorso i governi Prodi e Berlusconi, contro cui a loro volta hanno ricorso non solo la procura ma anche una sezione penale del Tribunale di Milano. La Corte costituzionale, investita del problema da mesi, ha rinviato più volte l'esame dei ricorsi dopo averli dichiarati ammissibili. E ciò anche su richiesta dell'Avvocatura dello Stato. Fissata l'udienza per marzo prossimo, si parla già di un altro rinvio. E' opinione comune degli ambienti forensi - rileva Cossiga - che la Consulta respingerà i ricorsi dell'Esecutivo per dare ragione nel caso specifico e anche in generale ai Pm di Milano, affermando che dato il carattere costituzionale della norma che prevede l'obbligo della promozione e dell'esercizio dell'azione penale e di rendere giustizia, non si può opporre ad essa la tutela del segreto di Stato che è prevista soltanto in una norma di legge ordinaria". Secondo Cossiga, "questa è una delle cause nascoste della difficoltà superata dal Parlamento ma non da altri organi costituzionali di completare il numero dei giudici costituzionali. Perché - spiega - si ha il giusto timore di poter incidere sulla maggioranza esistente, che notoriamente è favorevole e ne ha già dato segnali a vanificare le norme sul segreto di Stato privilegiando quelle costituzionali sulla promozione e l'esercizio dell'azione penale. Una certa lentezza nell'attuazione della riforma dei Servizi è dovuta anche al fatto che le autorità di governo conoscono bene questa situazione e sanno che con la vanificazione del segreto di Stato verrebbe meno uno dei pilastri dell'azione dei Servizi: cosa che naturalmente preoccupa il governo anche per gli obblighi che ci derivano da trattati internazionali come quello Nato e Ue; e perché l'Italia si troverebbe priva di uno strumento di acquisizione di informazioni e di difesa della sicurezza del Paese, l'unica forse tra tutti Paesi della terra". Cossiga va oltre: "E' tra l'altro noto che nettamente contrario alla tesi che dall'esistenza del segreto di Stato fa derivare la non legittima intercettabilità delle comunicazioni dei servizi segreti, con tutto il peso culturale che ne deriva, sia l'attuale presidente della Corte costituzionale, l'amico Giovanni Maria Flick: è lui che ha istruito i ricorsi. La tesi sostenuta dai governi Prodi e Berlusconi con l'appoggio del Pd, e l'opposizione, allora, della sinistra radicale è sentita tanto debole dalle autorità di governo che essa, tramite l'Avvocatura dello Stato, ha cercato di fare una specie di compromesso con i magistrati di Milano; e con l'intervento della Consulta, introducendo una prassi mai vista e anche piuttosto azzardata e ridicola dell'istituto dell'arbitrato in un campo del diritto pubblico totalmente estraneo ad interessi economici e finanziari ma che attiene agli interessi essenziali dello Stato".

Gasparri “Uno scandalo da Corte Marziale". "Stiamo assistendo al più grande scandalo del Paese in tema di giustizia, si parla di oltre mezzo milione di persone intercettate nell'archivio Genchi. E se tutto questo fosse vero sarebbe un caso di degenerazione da portare in corte marziale". Così il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, oggi all'arrivo a palazzo San Macuto per un convegno sulla giustizia, ha commentato le notizie di questi giorni sul cosiddetto archivio Genchi. A proposito, invece, della riforma della giustizia e delle parole del ministro Alfano di oggi, Gasparri si è detto concorde nel cercare un dialogo con le opposizioni, "ma dobbiamo decidere subito per il bene del paese, è bene dialogare con tutti, ma serve subito una riforma". Si è svolta stamani a Catanzaro una riunione tra i magistrati della Procura Generale, titolari dell'inchiesta Why Not, ed i carabinieri del Ros che acquisirono i file digitali di contatti telefonici raccolti da Gioacchino Genchi, il consulente dell'ex pm Luigi De Magistris. Nel corso della riunione, secondo indiscrezioni, si è discusso del materiale che la Procura Generale di Catanzaro invierà al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) che, nella riunione di ieri, ne ha deciso l'acquisizione e l'audizione di alcuni "soggetti interessati" alla vicenda. Nell'archivio di Genchi ci sarebbero 578 mila record anagrafici, 1.402 tabulati e oltre un milione di contatti telefonici. I contatti riguarderebbero parlamentari, magistrati, esponenti delle forze dell'ordine e dei servizi di sicurezza ed alte cariche dello Stato. Il materiale sui contatti telefonici è parte integrante dell'inchiesta Why Not, su presunti illeciti nella gestione dei fondi comunitari e statali. Quando la Procura Generale decise di avocare l'inchiesta a De Magistris l'allora Procuratore generale facente funzione, Dolcino Favi, dispose che i carabinieri del Ros acquisissero il materiale nella disponibilità di Genchi.

D’Alia “Il Governo riferisca” "Il Governo porti a conoscenza del Parlamento le reali dimensioni dell'archivio segreto Genchi: riteniamo grave che un soggetto, pur convenzionato, possa avere a disposizione un'immensa banca dati e aver controllato i tabulati telefonici di personalità istituzionali, tra cui, a quanto si apprende, anche dell'allora Capo della Polizia Gianni De Gennaro, oggi al vertice delle strutture di intelligence". E' quanto dichiara, in una nota, il presidente dei senatori dell'Udc, Gianpiero D'Alia. "Nella prossima capigruppo - aggiunge l'esponente centrista - chiederemo che il Copasir possa mettere a disposizione del Parlamento una relazione specifica, che faccia chiarezza su questa oscura vicenda, come su quella dei dossier illegali Telecom".

L’ANM si difende dalle accuse "Noi non plaudiamo alle sentenze di assoluzione e condanna e, a maggior ragione, in occasione di una decisione della sezione disciplinare. Non esistono dichiarazioni in tal senso dei dirigenti dell'associazione" del Csm. Così l'Associazione nazionale magistrati interviene dopo le 'dimissioni' prima del procuratore Luigi Apicella, poi del sostituto Grabriella Nuzzi, entrambi di Salerno. "Comprendiamo l'amarezza dei colleghi nei cui confronti sono state inflitte gravi sanzioni", aggiunge l'Anm, "noi riteniamo, tuttavia, che spetti solo agli organi istituzionalmente competenti stabilire, nel pieno rispetto delle garanzie procedurali, chi deve essere condannato o assolto e che sia sbagliato da parte della politica prendere spunto da queste vicende per preannunciare riforme". Il nostro pensiero sulle vicende di Salerno e Catanzaro - spiega la giunta esecutiva dell'Anm - lo abbiamo ampiamente espresso in due documenti recentemente approvati: "in quei documenti non vi è stato alcun riferimento al merito delle indagini, ma solo a profili attinenti alla professionalità e al metodo, tanto nei confronti dei colleghi di Salerno quanto di quelli di Catanzaro". "Noi riteniamo che in occasione degli ultimi episodi il sistema abbia funzionato - prosegue l'Anm - perché ha consentito, in tempi rapidi, all'organo cui la Costituzione assegna tale compito di verificare la fondatezza, in una fase preliminare, di un'accusa disciplinare in una vicenda che aveva creato sconcerto nella pubblica opinione e che richiedeva che venissero ristabilite delle certezze per restituire credibilità alla magistratura".
E rilancia… Se nel caso di Salerno si è arrivati a stabilire in tempi rapidi la fondatezza di un'accusa disciplinare, "purtroppo lo stesso non è sempre accaduto prima". L'accusa arriva dall'Associazione nazionale magistrati (Anm). "Magistrati professionalmente inadeguati o addirittura collusi con le diverse forme di potere illegale - spiega l'Anm - non hanno subito analogo rigore da parte degli organi disciplinari". "Sulla vicenda di Catanzaro - aggiunge - si è intervenuti in ritardo e in maniera inadeguata, lasciando nell'opinione pubblica e nei colleghi un senso di insoddisfazione e di incompiutezza. Una indagine giudiziaria è stata prima ostacolata dal dirigente dell'ufficio e poi illegittimamente avocata dal procuratore generale. Comportamenti che certamente non possono giustificare le gravi e inaccettabili torsioni degli strumenti processuali che pure si sono verificate, ma sui quali sarebbe stato doveroso intervenire con altrettanto rigore e tempestività ". "Così come riteniamo necessario - prosegue l'Anm - che le indagini in corso non vengano obliterate ma siano condotte a termine senza indugi". "Siamo consapevoli del fatto che la scelta della associazione di esprimere con chiarezza il proprio punto di vista su questa vicenda, rompendo una tradizione consolidata abbia creato discussione, dibattito e divisioni", dice ancora l'Anm. "Noi vogliamo proseguire, non con le parole ma con i fatti, in un percorso di rinnovamento della magistratura e dell' associazionismo - prosegue l'Anm - che porti al superamento delle logiche di appartenenza correntizia nel governo della magistratura e del corporativismo nel suo significato di difendere a tutti i costi qualsiasi condotta dei colleghi che non risponda a canoni di deontologia professionale. Ma riteniamo, anche, che il dovere del magistrato non sia quello di 'combattere il male' con qualunque mezzo, bensì di applicare la legge". "E' interesse dei cittadini, e il nostro pensiero va in particolare ai familiari delle vittime della mafia, ai ragazzi di Locri e più in generale a tutti coloro che per questa causa hanno sacrificato la propria vita e che per noi sono costante punto di riferimento - dice l'Anm - che non vi siano magistrati collusi con il potere, ma magistrati professionalmente adeguati che sappiano esercitare il controllo di legalità nel pieno rispetto delle regole". "Se ciò non accadesse - conclude - non avrebbe senso e ragione difendere l'autonomia e l'indipendenza della magistratura".

 

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