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Ferme le imprese del Sud

 

Imprese del sud ferme, poca innovazione e niente export. In Calabria a zero ricerca e sviluppo

26 feb 09 Imprese non al passo con la competizione globale, legate unicamente al mercato locale, non sufficiente a garantire crescita e sviluppo. Imprese che non investono in ricerca e che sempre più si identificano con il titolare/imprenditore senza aprirsi all'esterno. E' questa la fotografia delle aziende meridionali che emerge dal rapporto di Srm (Studi e ricerche per il mezzogiorno) e Obi (Osservatorio banche-imprese) su 'Impresa e competitivita'' nelle regioni del Sud. La maggior parte delle imprese meridionali, evidenzia il rapporto, rispondono a standard vecchio stile, sia nell'organizzazione interna che nella produzione e negli investimenti. "Le funzioni complesse, come la ricerca e sviluppo e la pianificazione strategica, sono presidiate molto raramente", si legge nella ricerca. L'area finanziaria ad esempio è presente appena del 3,2% delle imprese della Basilicata e nel 3% di quelle calabresi. L'area marketing solo nel 3,9% delle aziende pugliesi e l'area ricerca e sviluppo è praticamente inesistente in Calabria (solo lo 0,3% delle aziende). Allo stesso modo la propensione ad innovare "risulta piuttosto modesta e, oltretutto, decrescente tra il biennio 2006-2007 e il 2008". Il rapporto sottolinea in particolare "la diffusione assolutamente modesta delle innovazioni nel campo dell'Ict della maggior parte delle regioni esaminate" e "l'insufficiente a apertura delle imprese meridionali". In Calabria e Basilicata meno del 15% delle imprese ha effettuato nel 2008 attività di esportazione. Accanto a questa "moltitudine di realtà produttive completamente tagliate fuori dal circuito degli investimenti" esiste anche un'elite minoritaria di imprese che investe, innova e cresce. Proprio questa fetta più evoluta di aziende rischia però, secondo la vicepresidente di Confidustria per il Mezzogiorno, Cristiana Coppola, di essere la più colpita dalla crisi: "saranno paradossalmente queste aziende a soffrire di più - afferma - perché più esposte ai rischi e, al contrario della maggioranza delle imprese del Sud, meno legate al settore pubblico. Con questa crisi rischia di andarsene la parte più bella del Mezzogiorno".

Calano le esportazioni in Calabria. Se la maggioranza delle imprese del Mezzogiorno non è al passo con il fenomeno della competizione globale, c'é una piccola parte di imprese più dinamiche che manifestano progressi in tutti i campi e adottano strategie competitive integrate. E' quanto emerge dal 'Rapporto 2008 - Impresa e competitivita'' presentato oggi a Palazzo Cornaro dall'Associazione studi e ricerche per il Mezzogiorno e l'Osservatorio banche imprese e finanze con il patrocinio del ministro per i Rapporti con le Regioni e in collaborazione con la Conferenza Stato-Regioni. Il Rapporto analizza i sistemi produttivi di 5 regioni del Mezzogiorno - Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Sicilia -partendo da una indagine realizzata su un campione di imprese appartenenti ai settori manifatturiero, delle costruzioni, dei servizi Ict e turistico-ricettivi. Dallo studio emerge dunque che per la maggioranza delle imprese il naturale mercato di sbocco è quello locale, ormai non sufficiente a garantire crescita e sviluppo, mentre c'é una piccola parte di imprese più dinamiche che investe in innovazione e capitale umano. La percentuale di imprese che hanno realizzato investimenti nel biennio 2006-2007 o erano pronte a effettuarli nel 2008 era comunque inferiore al 50%. Molta è infine la strada da fare sotto il profilo della internazionalizzazione: in Calabria e Basilicata meno del 15% delle imprese del campione effettua esportazioni nel 2008; Campania e Sicilia arrivano al 45% nel manifatturiero ma e ancora modesta 'incidenza del fatturato estero sul giro d'affari, confermando il carattere ancora provinciale dell'economia del Mezzogiorno..

 

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