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Processo Whi Not

 

 

Processo Why Not: La Merante deposita l'atto di ricusazione. Proseguono le arringhe difensive

18 dic 09 La Merante in persona ha depositato, questa mattina in Corte d’appello di Catanzaro, l’istanza di ricusazione del giudice dell’udienza preliminare Abigail Mellace, che sta trattando il procedimento penale nato dall’inchiesta “Why not”, su presunti gravi illeciti nella gestione dei fondi pubblici in Calabria. In quattro pagine è racchiuso l’elenco delle motivazioni in base alle quali si chiede di sostituire il gup, poiché “le situazioni personali che riguardano o hanno riguardato congiunti della dottoressa Mellace - si legge nell’istanza - rendono evidente come sia fondato il sospetto che la stessa possa non essere imparziale”. L’intenzione della Merante, “superteste” nell’inchiesta, imputata per una contravvenzione in materia di lavoro, e contemporaneamente costituita parte civile nell’interesse della società Why not, era stata resa nota ieri, durante la trattazione dell’udienza preliminare per le 60 persone che non hanno chiesto il rito abbreviato, dall’avvocato Alessandro Diddi, il quale aveva chiesto al giudice Mellace di sapere - senza però ottenere una sua risposta - se le notizie pubblicate nei giorni scorsi dall’Espresso che la riguardano siano vere oppure no. Sul settimanale è stato avanzato un dubbio sulla serenità di giudizio della dottoressa Mellace nel trattare questo procedimento, per via del presunto rapporto che esisterebbe tra suo marito, l’imprenditore Maurizio Mottola D’Amato, titolare della società Impremed, ed Antonio Saladino, ex leader della Compagna delle opere in Calabria e principale indagato di “Why not”. Un rapporto che, secondo quanto riportato dal settimanale, emergerebbe dal fatto che durante le perquisizioni della Polizia giudiziaria a Saladino “è stato sequestrato il biglietto da visita di Mottola con i numeri del telefono fisso e di quello cellulare”. Per il tramite del proprio legale, la Merante ha proposto la ricusazione del giudice Mellace, chiedendo che la Corte di Appello disponga la sua sostituzione nella trattazione del procedimento; che acquisisca gli accertamenti che sarebbero stati disposti dagli organi superiori rispetto alla vicenda, come lei stessa ha detto in aula, ed anche il verbale dell’udienza di ieri; che il giudice sospenda temporaneamente ogni attività processuale o si limiti al compimento degli atti urgenti. Nell’istanza è ricordato l’articolo del codice di rito in base al quale è previsto come caso di ricusazione l’obbligo del giudice di astenersi se ha un interesse nel procedimento, e l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale “la causa di astensione sia identificabile ogni volta che il giudice abbia un interesse che possa indurlo a dare al procedimento una soluzione non conforme a giustizia o a rivolgere a proprio vantaggio economico o morale l’attività giurisdizionale”. Diddi e la Merante ritengono che la Mellace possa avere un interesse nella causa, ed a sostegno di questa tesi ricordano “che il processo Why not è caratterizzato dall’essere stato istruito dal dott. De Magistris; che si tratta del processo che ha determinato non solo la avocazione del procedimento ed il trasferimento disciplinare del magistrato, ma anche la vicenda giudiziaria che ha contrassegnato lo scontro tra due uffici giudiziari; che il dott. de Magistris costituisce dunque l’estremo comune che lega, tra loro, alcune delle vicende che sono state riportate essendo, da un lato, il magistrato che ha condotto le indagini Why Not ma anche il magistrato che avrebbe richiesto la misura cautelare del marito della dott.ssa Abigail Mellace; che la signora Caterina Merante - si legge poi nell’istanza - è identificata come la testimone del dott. Lugi de Magistris; che, ancora, come detto, la dott.ssa Mellace è chiamata a decidere su un’ipotesi associazione per delinquere che vede Antonio Saladino quale organizzatore ed altre persone in ruoli differenti; che nella specie il Giudice Abigail Mellace è chiamata a decidere della responsabilità/rinviabilità a giudizio di un promotore dell’associazione e di altri sodali di una persona che risulterebbe essere stato in rapporti con il marito della dott.ssa Mellace; che il marito della dottoressa Mellace avrebbe chiesto un finanziamento agevolato per tramite del Saladino; che analoghe situazioni si vengono a frapporre con riferimento alla posizione di Sergio Abramo, i fratelli del quale - come si è detto - sono componenti di un organo amministrativo del quale fa parte anche il marito della dott.ssa Mellace; che, infine, come detto, il padre della dott.ssa Mellace sarebbe difeso da un avvocato che difende anche imputati del processo Why Not”. Infine, il legale della Merante sottolinea “che la testimonianza della mancanza di serenità della dott.ssa Abigail Mellace si ricava dal fatto che, all’udienza del 17-12-2009, la stessa ha respinto la richiesta del difensore della sottoscritta per avere il termine per presentare la richiesta di ricusazione, non solo disponendo che il processo proseguisse, deprivando le parti della difesa tecnica che si è dovuta allontanare per predisporre la richiesta, ma altresì motivando il rigetto della richiesta perchè la proponenda richiesta di ricusazione sarebbe stata intempestiva, anticipando un giudizio che compete alla Corte di appello”.

Proseguono le arringhe difensive. Il clima di tensione che graverebbe sul procedimento “Why not” è stato al centro delle arringhe difensive che si sono svolte stamani davanti al giudice Abigail Mellace, nel corso dell’udienza preliminare per le 60 persone che non hanno chiesto il giudizio abbreviato. Dopo le prime discussioni dell’altro ieri, in aula è stata la volta dei difensori di Mario Pirillo, Rocco Leonetti ed Emilio Intrieri (tra gli avvocati Caratelli, Badolati e Pugliese), i quali hanno detto di ritenere che la Procura generale di Catanzaro, che dopo l’avocazione dell’inchiesta “Why not” ha avanzato la richiesta di rinvio a giudizio per 98 persone, avrebbe agito “sotto ricatto psicologico dei media” che tanta attenzione hanno riservato a questa indagine. Inoltre, dopo che in aula è stata data lettura dell’istanza di ricusazione della Mellace presentata da Caterina Merante, i legali non hanno mancato di evidenziare la pressione psicologica cui anche il gup sarebbe sottoposto, rinnovandole comunque la propria stima. Gli avvocati hanno concluso chiedendo il proscioglimento dei propri assistiti, che invece la pubblica accusa aveva in precedenza chiesto di mandare sotto processo. In aula si tornerà lunedì prossimo per le altre discussioni dei difensori. Si dovrà attendere il 15 gennaio, invece, per l’inizio dei 38 giudizi abbreviati richiesti da altrettanti imputati. Complessivamente nel procedimento le accuse contestate vanno dall’associazione per delinquere, all’abuso d’ufficio, turbata libertà degli incanti, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode nelle pubbliche forniture, peculato, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, istigazione alla corruzione, estorsione, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, fino a contestazioni minori in materia di lavoro. L’inchiesta fu avviata nel 2006 dall’allora sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Luigi de Magistris e poi avocata dalla Procura generale di Catanzaro, e conquistò la ribalta delle cronache soprattutto per il coinvolgimento dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, la cui posizione è stata archiviata nell’aprile dello scorso anno, e dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, per il quale l’Ufficio gip ha disposto l’archiviazione a fine novembre.

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