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Dir.resp. Pippo Gatto |
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Operazione "Treasure"
Maxi sequestro della Guardia di Finanza a Cosenza, confiscati 70 mln di beni tra cui 35 abitazioni, ville, motoscafi e oggetti di lusso 02 dic 09 Il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, al termine di una prolungata attività investigativa svolta nel settore delle frodi ai danni dello stato e dell’unione europea, ha eseguito un provvedimento del tribunale di Cosenza con il quale è stata disposta, tra l’altro, la confisca di beni per un valore complessivo stimato in circa 70 milioni di euro. I beni sono riconducibili a tre professionisti di Cosenza: Ferdinando Marini, titolare di uno studio di commercialista, Giovanni Lupo e Gennaro Mortati, entrambi odontoiatri, nell'ambito di un'inchiesta ai danni dello Stato e dell'Unione europea nella gestione dei fondi della legge 488. La confisca fa seguito alla condanna dei tre professionisti, 13 anni a Lupo e sei anni e sei mesi a Mortati e Marini, nel settembre scorso da parte del Tribunale di Cosenza. Con la suddetta sentenza, il citato tribunale - oltre ad infliggere complessivamente 84 anni di reclusione a 23 soggetti responsabili di truffa aggravata ai danni dello stato e dell’u.e. - ha disposto:
Mentre per le aziende in parola era già stato a suo tempo eseguito un decreto di sequestro preventivo, emesso dal G.i.p. presso il tribunale di Cosenza, relativamente all’individuazione dei beni personali nella disponibilità degli imputati condannati le fiamme gialle hanno eseguito ulteriori accertamenti presso istituti di credito, assicurativi ed enti pubblici (conservatorie dei registri immobiliari, camera di commercio, ecc.), i cui esiti hanno determinato la richiesta da parte della Procura della Repubblica di Cosenza di un ulteriore provvedimento, in esecuzione del quale si è provveduto al sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei seguenti beni per un valore stimato pari a complessivi € 35 milioni circa:
Particolarmente ardua e’ stata l’attivita’ tesa ad individuare i diversi beni che, dopo l’instaurazione del relativo procedimento penale, erano stati formalmente intestati a prossimi congiunti degli imputati, i quali, pertanto, hanno posto in essere una “condotta simulatoria, che si è esplicitata attraverso lo strumento della fittizia intestazione dei beni ai propri familiari”, uno “stratagemma che doveva servire ad occultare ricchezza mediante l’affidamento dei beni stessi a persone di cui potevano fidarsi”, per come testualmente riportato nel decreto di sequestro preventivo in argomento. La vicenda da cui sono scaturite le condanne emesse dal tribunale di Cosenza e la relativa confisca di beni riconducibili agli imputati condannati trae origine da una complessa ed articolata indagine svolta dal nucleo di polizia tributaria di Catanzaro nei confronti di n. 15 imprese aventi sede nella provincia di Cosenza e quasi tutte riconducibili ad un unico assetto proprietario, i cui esiti avevano permesso di rilevare l’indebita concessione di contributi pubblici per complessivi euro 81.271.749,00, di cui euro 34.723.162,00 percepiti. In particolare, gli accertamenti eseguiti avevano consentito di rilevare condotte delittuose poste in essere dagli indagati al fine di:
Ciò aveva permesso di mettere in luce un progetto criminale di vasta portata, una vera e propria catena di attività fraudolente – poste in essere mediante l’utilizzo di fatture false e di altra documentazione ideologicamente non veritiera – che ha visto il coinvolgimento di amministratori di società beneficiarie, di funzionari di banca, di professionisti e consulenti, fra i quali anche il titolare di un importante studio cosentino, tutti oggetto di indagini (operazione “sparkling”), culminate, nel mese di febbraio u.s., con l’esecuzione, tra l’altro, di misure cautelari personali disposte nei confronti di 21 soggetti.
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