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Inchiesta Why Not, richiesta rinvio per 98

Inchiesta Why Not, la procura di Catanzaro chiede il rinvio a giudizio per 98. Tra loro tutto il gotha politico regionale

30 apr 09 L'inchiesta Why not, avviata dal pm Luigi De Magistris al quale fu poi avocata e per mesi al centro di aspre polemiche, sta per entrare nella sua fase decisiva. La Procura generale di Catanzaro, concludendo, di fatto, il proprio lavoro, ha chiesto il rinvio a giudizio di 98 indagati sui 106 che nei mesi scorsi avevano ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. Si tratta, da quanto si è appreso, di un atto articolato che prevede non solo richieste di rinvio a giudizio, ma anche sette stralci (un altro imputato è deceduto) con trasmissione degli atti alla Procura di Milano, ed alcune archiviazioni parziali. Ciò vuol dire che per alcuni imputati il rinvio a giudizio viene chiesto non per tutti i reati ipotizzati nell'avviso di conclusione indagini ma solo per alcuni. Tra loro figurano il presidente della Regione Calabria Agazio Loiero ed il suo predecessore Giuseppe Chiaravalloti per i quali è stata chiesta l'archiviazione per il reato di associazione per delinquere. Tutte le richieste dovranno passare al vaglio del gup che, intanto, dovrà fissare l'udienza preliminare nel corso della quale gli imputati ed i loro difensori avranno la possibilità di difendersi dalle accuse chiedendo il proscioglimento. Al gup è già pendente una richiesta avanzata dalla Procura generale: è quella che riguarda l'archiviazione della posizione dell'ex presidente del Consiglio Romano Prodi (iscritto nel registro degli indagati nell'estate di due anni fa) e di altre otto persone tra le quali l'on. Sandro Gozi, Piero Scarpellini e Luigi Bisignani. Per i magistrati catanzaresi, l'ex premier non era coinvolto in "manovre affaristiche" e non aveva fatto parte di quel gruppo che, l'accusa originaria avviata da Luigi De Magistris - oggi candidato alle Europee da Italia dei Valori - indicava come "comitato di San Marino". La decisione del gup sull'archiviazione di Prodi non è stata ancora presa. Al giudice, nel febbraio scorso, sono stati trasmessi tutti gli atti dell'inchiesta, pari a 87 faldoni. Altrettanto accadrà adesso con la richiesta conclusiva di Why not, ma in questo caso i faldoni da trasferire al gup saranno più di cento. Da Why not, nel frattempo, è uscito l'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, la cui posizione fu archiviata nell'aprile dello scorso anno. I reati che vengono ipotizzati, a vario titolo, ai 98 imputati vanno dall'associazione per delinquere all'abuso d'ufficio e alla turbata libertà degli incanti; dalla truffa alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche; dalla frode nelle pubbliche forniture al peculato; dalla corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio all'istigazione alla corruzione; dall'estorsione alla falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. Tra gli indagati figurano assessori e consiglieri regionali in carica ed ex, funzionari regionali e imprenditori, tra i quali Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle Opere della Calabria, e la superteste Caterina Merante, che con le sue dichiarazioni aveva dato il via all'inchiesta aperta da De Magistris.

Richieste di rinvio per Loiero e Chiaravalloti. La Procura generale di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio di 98 persone sulle 106 che nei mesi scorsi avevano ricevuto l'avviso di conclusione dell'inchiesta Why not. Per altre sette è stato deciso lo stralcio con l'invio degli atti alla procura di Milano, mentre un indagato è morto. La Procura ha anche chiesto l'archiviazione per alcuni reati di imputati per i quali è stato comunque chiesto il rinvio a giudizio per altri illeciti. E' il caso del presidente della Regione Agazio Loiero e del suo predecessore, Giuseppe Chiaravalloti, per i quali è stata chiesta l'archiviazione per l'associazione a delinquere, ma il rinvio a giudizio per gli altri reati ipotizzati nell'avviso di conclusione delle indagini. Tra gli indagati figurano assessori e consiglieri regionali in carica ed ex, funzionari regionali e imprenditori, tra i quali Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle Opere della Calabria, e la superteste Caterina Merante, che con le sue dichiarazioni aveva dato il via all'inchiesta aperta dall'allora pm Luigi De Magistris. I reati ipotizzati, a vario titolo, vanno dall'associazione per delinquere all'abuso d'ufficio e alla turbata libertà degli incanti; dalla truffa alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche; dalla frode nelle pubbliche forniture al peculato; dalla corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio all'istigazione alla corruzione; dall'estorsione alla falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici.

Tutto il gotha politico regionale tra agli indagati. Tra gli indagati figurano gli assessori regionali Luigi Incarnato dello Sdi e Mario Pirillo del Pd; il capogruppo del Pd alla Regione ed ex vice presidente della Giunta, Nicola Adamo; il consigliere regionale ed imprenditore Sergio Abramo, candidato del centrodestra alle presidenza della Regione nelle elezioni del 2005; il consigliere regionale di Fi Giuseppe Gentile; l'ex assessore alla sanità Giovanni Luzzo, dell'Udc; il consigliere regionale di An Franco Morelli; l'ex parlamentare dell'Udeur Ennio Morrone; il consigliere regionale di Fi Antonio Pizzini; il consigliere regionale di An, Antonio Sarra; l'ex consigliere regionale dell'Udc Dioniso Gallo; l'ex assessore regionale all'ambiente dei Verdi Diego Tommasi, e l'ex assessore regionale dell'Udeur Pasquale Maria Tripodi; l'ex consigliere regionale Domenico Basile, di An, attuale parlamentare europeo.

 

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