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Zona radioattiva vicino Amantea

 

Area radioattiva individuata in collina vicino spiaggiamento Jolly Rosso ad Amantea

20 ago 09 Un'area radioattiva a pochi chilometri dal luogo del naufragio della motonave Rosso. Il sospetto di altri traffici di sostanze tossiche via mare con una grave minaccia per la salute. Ecco le ultime scoperte degli investigatori sulla vicenda di quello che sembrava un incidente dovuto al mare grosso e che invece sembra rivelarsi uno dei piu' gravi casi di inquinamento con rifiuti tossici pericolosi. Quello della Jolly Rosso ad Amantea. E’ quanto anticipa un servizio del settimanale l'Espresso in edicola domani che sottolinea come sia stata individuata '' un'area collinare, a pochi chilometri dal litorale cosentino, contaminata dalla radioattivita'. Si e' scoperto che in quella stessa zona e' avvenuto lo smaltimento di rifiuti tossici provenienti dalle lavorazioni industriali. Sono spuntate testimonianze che collegano questi ritrovamenti a traffici, via mare, di scorie pericolose. E soprattutto, si e' riscontrato nei comuni limitrofi l'aumento dei tumori maligni, con un pericolo a tutt'oggi incombente sulla popolazione''.

''Una vicenda terribile che parte il 14 dicembre 1990 dalla spiaggia di Formiciche, Calabria, mezz'ora di macchina a nord di Lamezia Terme. Pochi ombrelloni sparsi, turismo familiare e l'azzurro tenue del mare costeggiato dalla ferrovia. Qui, 19 anni fa, si e' arenata davanti agli occhi perplessi dei residenti la motonave Jolly Rosso. Secondo l'armatore Ignazio Messina, si tratto' di un incidente provocato dal mare in burrasca. Ai magistrati, invece, venne il dubbio che a bordo ci fossero sostanze tossiche o radioattive: bidoni che avrebbero dovuto essere smaltiti sui fondali marini, e che causa maltempo sarebbero finiti sulla costa, per poi sparire nell'entroterra''.

A lungo, come riferito in numerosi articoli da ''L'espresso'', gli investigatori hanno cercato di scoprire la verita'. ''Sia sul carico della Rosso, sia sulle altre carrette del mare: imbarcazioni in condizioni pietose, mandate a picco nel Mediterraneo colme di scorie. Un lavoro segnato da mille ostacoli e costanti minacce. Il 13 dicembre 1995, dentro questo scenario, e' morto in circostanze piu' che sospette il capitano di corvetta Natale De Grazia, consulente chiave della procura di Reggio Calabria. E intanto, dall'intreccio tra Italia e altre nazioni (europee e non, comunque disposte a tutto per smaltire pattume tossico) sono uscite le figure di agenti segreti, politici ai massimi livelli, faccendieri massoni e onorati membri della 'ndrangheta. Ma nonostante le migliaia di verbali, di indizi, di indicazioni sui presunti luoghi di occultamento, non si e' raggiunta per anni la certezza.

Ancora il 13 maggio scorso, il gip Salvatore Carpino si e' trovato ad archiviare il sospetto di affondamento doloso e truffa pendente sugli armatori Messina. E loro hanno festeggiato: dichiarando che quest'atto chiude una stagione di 'accuse infondate, calunnie, subdole diffamazioni e campagne stampa fondate sul nulla'''. Ma, evidenzia l'Espresso, ''niente e' ancora tranquillo in Calabria. Poco e' stato definitivamente chiarito, in questa storia, e il primo a riconoscerlo e' il procuratore capo di Paola, Bruno Giordano: il quale non soltanto sta continuando a indagare, ma ha trovato quello che si sospettava da anni: appunto la presenza, a pochi chilometri dalla spiaggia di Formiciche, sulla strada provinciale 53 che sale in collina, di un'area radioattiva.

Gia' nel 2004, l'Arpacal (Agenzia regionale protezione ambiente calabrese) aveva qui scoperto metalli pesanti e granulato di marmo, utilizzato dalla malavita per schermare la radioattivita'. Allora, il perito Ornelio Morselli certifico' la presenza eccedente di rame e zinco, ma anche di policlorobenzeni (Pcb) con ''caratteristiche tossicologiche analoghe alle diossine''. Se a questo si somma che un funzionario dell'ex genio civile, ha ammesso di avere visto un fusto nella briglia del fiume Oliva, si capisce perche' l'ex pm di Paola, Francesco Greco, abbia ipotizzato un nesso tra il ritrovamento dei rifiuti e la motonave Rosso; e piu' in generale, un legame tra le sostanze tossiche e i traffici marittimi.

Una tesi che qualcuno ha cercato di catalogare come azzardata, ma che oggi, con il ritrovamento di un documento inedito, assume tutt'altro spessore. Nel 2005, infatti, un investigatore della procura di Paola ha accompagnato al fiume Oliva Amerigo Spinelli, poliziotto municipale di Amantea (paesino accanto alla spiaggia di Formiciche). E nella sua relazione finale, ha scritto: ''Spinelli indico' un'area che (...) corrisponde al greto della localita' Valle del Signore ed aree adiacenti ''. Di piu': Spinelli ha riferito ''che un'ampia zona compresa tra la predetta zona e almeno 200 metri a ovest (...) era stata interessata dal deposito di rifiuti/materiali derivanti dallo smantellamento della motonave Rosso''.

PRC sostiene azione Procura di Paola. “Speriamo vivamente che, questa volta, la Procura di Paola faccia sul serio e possa finalmente andare fino in fondo”. Così Lucio Cortese e Francesco Saccomanno del Comitato politico del PRC-SE in una dichiarazione. “Quella della "Jolly Rosso" , affermano i due, è una vicenda davvero vergognosa e assai sporca. La sporcizia di questa storia, consiste nel fatto che lo smaltimento illecito di materiale tossico e radioattivo, delle scorie di quelle produzioni di morte che, già di per se stesse, andrebbero soppresse immediatamente in un mondo che volesse definirsi "giusto", è in realtà un affare gigantesco dove, pure essendo le consorterie del malaffare a farla da padrone, si accomunano pezzi interi di servizi segreti, di capitalismo predone e, addirittura, di governi di tutte le parti del mondo. Questa della "Jolly Rosso" è solo la più eclatante delle rappresentazioni del ginepraio inestricabile che sono gli affondamenti, presenti, passati e futuri, delle cosiddette carrette del mare e dei loro carichi di morte scaricati in acqua, a volte persino insabbiati nei fondali e, alla bisogna, tranquillamente anche sulla terraferma. In realtà, chissà quante di questi bastimenti velenosi sono stati affondati solo nel nostro tirreno cosentino, con conseguente, ed esponenziale, aumento delle patologie tumorali e letali in genere. Siamo di fronte ad un vero e proprio caso emblematico in cui, per fare soldi, non si guarda più in faccia nessuno, non ci si cura della qualità della vita della gente onesta e per bene, soprattutto da parte di quegli stessi poteri forti che già condizionano pesantemente la nostra esistenza e, continuamente, vorrebbero piegare, e piegano la nostra stessa coscienza. Che indaghi, dunque, la procura di Paola, che riesca, magari, a sollevare il velo, non solo sulle consorterie criminali che, spesso e volentieri, sono coloro che compiono il lavoro sporco, ma anche su quei livelli, di borghesia mafiosa e di istituzioni deviate che lucrano sulla morte altrui, e su quei pezzi di servizi segreti che hanno coperto, e coprono, questo vergognoso e immenso affare. E che affronti anche le responsabilità etiche e penali di quella mala-politica che anziché spingere per il raggiungimento della verità si è sempre maggiormente preoccupata per la presunta salvaguardia dell'economia turistica locale salvo passare poi all'incasso in termini clientelari ed elettorali. Lo faccia, la Procura, anche per il rispetto e la considerazione che tutti i cittadini per bene hanno di quel movimento di lotta, spontaneo e generoso che, negli anni passati, con encomio, ma contro mille diversi ostacoli e interessi, si è battuto e, siamo certi, è ancora disposto a battersi. Per quanto ci riguarda, con umiltà ma anche con determinazione, come abbiamo dimostrato di esserci, come organizzazione ma anche personalmente, in passato, ci saremo ancora senza nessun indugio”.

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