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Il controllo dei Piromalli su politica e sviluppo

Dai comuni agli investimenti alla politica i Piromalli controllavano tutto il territorio

13 ott 08 E' un rapporto antico quanto consolidato quello dei Piromalli con la politica che conta, nella piana di Gioia e in tutta la regione in verità. Un rapporto che nasce nei decenni scorsi quando la cosca più importante del versante tirrenico della provincia reggina inizia a lavorare con gli appalti per lo sbancamento dell'aerea che poi ha ospitato il porto e che è continuato indisturbato per tante legislature municipali, a Gioia e non solo. Poche le eccezioni di contrasto alle cosche: tra queste la consiliatura in cui sindaco di Gioia venne eletto un coraggioso sindacalista della Cgil, Aldo Alessio, o a Rosarno quando le amministrazioni guidate da Giuseppe Lavorato ingaggiarono un durissimo braccio di ferro con le cosche federate dei Piromalli. Poi a luglio scorso l'operazione, definita di portata storica, che decapitò i vertici dei Piromalli, con i 18 fermi eseguiti dalla Squadra mobile e dai Ros su ordine della Dda reggina. Un'operazione che ha segnato un punto di svolta nella lotta alla mafia, soprattutto nei rapporti con la politica. Gli arresti di oggi sono un seguito naturale di quell'operazione, delineando quello che i Pm chiamano l'aspetto sintomatico dell'asservimento della politica alle cosche. Nelle 1.026 pagine di quel provvedimento firmato dal procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone, e dai suoi sostituti Boemi, Di Palma, Pennisi, Prestipino, e Miranda c'era già allora tutta la storia di una consorteria ritenuta, a ragione, la più potente della 'ndrangheta. Un potere mafioso frutto di ''oltre cento anni di storia", come, con orgoglio, diceva uno degli stessi boss della cosca, Girolamo Molé, che però non è servito a tenere unite le due anime della famiglia, quella dei Molé e quella dei Piromalli. Questi ultimi, infatti, non hanno esitato a rompere l'antica alleanza, fatta anche di parentele incrociate, pur di mettere le mani su una delle principali aziende per la movimentazione delle merci nel porto e trasformare la propria influenza sul principale scalo container del Mediterraneo diventando partecipi della gestione imprenditoriale. I Piromalli pensavano in grande non solo nel campo degli affari. Per cercare di eliminare il regime carcerario del 41 bis, cui è sottoposto il boss Giuseppe, che dal carcere continuava a gestire gli affari di famiglia tramite il figlio Antonio, reggente della cosca, hanno cercato, ed in alcuni casi, trovato, il contatto col mondo politico. Che significava, in concreto, un controllo totale sulle amministrazioni dei paesi della zona (cioé Gioia Tauro e Rosarno) per poi allargarsi all'economia e quindi al Porto. Quello che la 'ndrangheta chiama, in sostanza, il controllo del territorio, delineata nelle 594 pagine della nuova ordinanza di custodia cautelare alla base degli arresti di oggi.

Cinque i provvedimenti. La cosca Piromalli, una delle piu' potenti nel panorama della 'ndrangheta, subisce un altro duro colpo. Dopo gli arresti dei vertici,nel luglio scorso, la Dda e la polizia hanno puntato ai rapporti con gli ambienti politico-istituzionali. Ed i sindaci ed un vicesindaco di due delle principali realta' della Piana di Gioia Tauro sono finiti in manette con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. L'operazione è scattata all'alba. Gli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria e del Commissariato di Gioia Tauro hanno arrestato il sindaco di Gioia Tauro in carica prima dello scioglimento del Consiglio per infiltrazioni mafiose, Giorgio Dal Torrione, di 62 anni, dell'Udc, a guida di una giunta di centrodestra, il suo ex vice, Rosario Schiavone (34), il sindaco di Rosarno, Carlo Martelli (68), di Forza Italia, il boss Gioacchino Piromalli (74) e suo nipote omonimo, di 39 anni. Pesantissimo il giudizio su Dal Torrione espresso dai pm della Dda reggina Salvatore Boemi, Roberto di Palma e Maria Luisa Miranda e da quello della Procura nazionale, Roberto Pennisi: "uno dei più insidiosi e pericolosi tra quei tristi personaggi della politica che mettono il mandato del popolo a disposizione delle cosche mafiose, così perpetuando quel perverso meccanismo che rende queste terre del meridione sempre schiave della criminalità mafiosa: l'intreccio tra mafia, politica ed economia". I tre amministratori sono accusati di essere i referenti dei Piromalli e delle cosche a loro federate, coloro che hanno consentito alla cosca Piromalli di diventare, col tempo, "soggetto attivo dello sviluppo territoriale di Gioia Tauro". La cosca decideva dove sistemare lo svincolo dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e dove far passare il tracciato di una variante stradale e l'amministrazione comunale "obbediva" trovando in Dal Torrione, secondo l'accusa, la disponibilità ad uniformare le scelte dell'ente agli interessi della cosca. Non solo. La cosca aveva pensato addirittura di entrare "ufficialmente" negli enti, un tentativo sventato dall'inchiesta. Gioacchino Piromalli, detto l'avvocato, dopo essere stato condannato per associazione mafiosa ed al pagamento di un risarcimento danni nei confronti dei Comuni di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando e della Provincia di Reggio, vista la sua disoccupazione aveva proposto di lavorare per gli enti per saldare il suo debito. Richiesta accolta dai tre sindaci (quello di San Ferdinando è indagato in stato di libertà), ma respinta sdegnosamente dalla Provincia che con la propria denuncia ha consentito l'avvio delle indagini. Chiaro, per i magistrati della Dda, il messaggio che sarebbe passato con l'ingresso di Gioacchino Piromalli nei Comuni: sarebbe aumentato "il prestigio della cosca di appartenenza agevolandone le possibilità, già ingenti, di controllo e di indirizzo della pubblica amministrazione verso gli interessi della cosca stessa".

Il Sindaco di Gioia cercò contatti con l’antimafia. Il sindaco di Gioia Tauro, Giorgio Dal Torrione, nel febbraio scorso, dopo che nel dicembre precedente nel suo comune era arrivata la commissione di accesso antimafia, ha cercato di avere contatti istituzionali con due componenti la Commissione antimafia, Mario Tassone, dell'Udc, e Maria Grazia Laganà, del Pd. Il 21 febbraio 2008, riferisce la polizia ai magistrati, Del Torrione è stato informato da una persona componente la segreteria politica dell'on. Laganà, indicato come Fabio, della proroga della commissione d'accesso. Al che Dal Torrione commenta "se no ci avrebbero fatto il c... a cappello di prete". La conversazione, a giudizio dei pm, è "particolarmente significativa per due motivi. Il primo è relativo alla esigenza e alle iniziative che Dal Torrione ha adottato per ritardare al l'accesso della Commissione, al punto che 'Fabio' si affretta a chiamarlo per comunicargli della proroga. E non manca di sottolineare il valore positivo della cosa, segno evidente del fatto che ben sa come tale risultato fosse particolarmente desiderato da Dal Torrione. Il secondo è quello relativo al timore manifestato da entrambi con riferimento agli esiti del lavoro della Commissione, su cui mostrano di voler intervenire, quanto meno per ritardarne l'inizio dei lavori. Il ritardo consente a Dal Torrione di mettere a posto le cose nei limiti del possibile. E una prima cosa la mette senz'altro a posto: modifica la composizione della Giunta allo scopo di eliminare 'il personaggio equivoco', cioé il vice sindaco Rosario Schiavone, colpevole di non essersi dimesso, sicché è chiaro il riferimento alla vicenda relativa al parere favorevole espresso nei confronti di Piromalli. Alla luce dei risultati investigativi acquisiti in ordine alla vicenda - aggiungono i pm - non c'é che da concludere che il vero personaggio equivoco per bocca dello stesso interessato è proprio lui, il Dal Torrione"

Vicenda scoperta grazie ad Avvocatura di Reggio. La vicenda dell'inserimento di Gioacchino Piromalli nel comune di Gioia Tauro e Rosarno viene definita dai pm della Dda di Reggio Calabria, come un "'aspetto sintomatico' dell'asservimento del potere politico-amministrativo alla 'ndrangheta''. "E, per converso - proseguono i pm - della necessità di quest'ultima di poter disporre dei riferimenti presso la pubblica amministrazione per poter conseguire i propri scopi di dominio del territorio, di acquisizione di prestigio presso la collettività che le è ormai indispensabile per la gestione del potere". "Perché questo - scrivono ancora i pm - è in realtà, il vero aspetto della mafia, che vive e prospera grazie al rapporto che instaura coi pubblici poteri. Un 'aspetto sintomatico' che per caso è stato conosciuto, grazie alla iniziativa di una Avvocatura, quella della Provincia di Reggio Calabria che, avendo ricevuto una delle istanze di Piromalli, è rimasta veramente scandalizzata per la richiesta pervenutale, letteralmente offensiva, ed ha subito informato la Procura della Repubblica competente. Strano che sia rimasta isolata. Eppure le stesse istanze erano state inoltrate a tante autorità, che parimenti avrebbero dovuto rimanere esterrefatte per l'ardire del mafioso, e comportarsi di conseguenza. Strano? Forse no. Ed é triste doverlo constatare".

Il Sindaco di Gioia cercava bando blindato per appalti. Il sindaco di Gioia Tauro, Giorgio Dal Torrione, ha cercato di far acquisire a una societa' mista pubblico-privata, la Tauro Ambiente, l'appalto per la pulizia degli arenili e dell'acqua adiacente il porto cercando di ottenere un bando di gara "blindato" per riuscirvi. E' quanto emerso dalle indagini condotte dalla squadra mobile di Reggio Calabria. "Un interesse - scrivono i pm della Dda reggina - che si ricollegava a quello della criminalità organizzata". "Un gioco - proseguono i pm - che rischiava di far cadere nella trappola il presidente della Autorità portuale Giuseppe Guacci che solo perché era divenuto profondo conoscitore dell'ambiente, e perché veniva appositamente messo in allerta, evitava di rimanere vittima di quelle manovre". Nel settembre 2003, gli agenti intercettano un colloquio avvenuto nell'ufficio di Guacci, nel corso del quale Dal Torrione dice: "noi Comune abbiamo una società mista che sarebbe interessata a prendere questo lavoro". Società, evidenziano i pm, nel cui consiglio di amministrazione siedono due persone poi arrestate per associazione mafiosa. Nell'ufficio entra poi un tecnico della Autorità portuale al quale Dal Torrione chiede notizie sulla stesura del capitolato. Il tecnico risponde di aver preparato il regolamento e che l'unico ostacolo da superare è l'imposizione per legge di fare una gara per aggiudicare l'appalto. Guacci chiede rassicurazioni sulla possibilità che il Comune partecipi come parte pubblica nell'appalto per avere, rispetto a un privato, un consistente risparmio economico. La risposta del tecnico è chiara: "Ecco, se noi riusciamo a blindarla da capo il problema non si pone, perché noi rispettiamo il dato formale di fare la gara". "Lei - aggiunge il tecnico rivolgendosi al sindaco - mi porta questi elementi di valutazione, io le telefono e concordiamo la stesura del capitolato, così noi facciamo in maniera tale da cucirlo a misura per cui poi le offerte che saranno formulate da voi saranno congrue rispetto al capitolato, alle esigenze. Blindiamo in una certa maniera l'esito della gara sicuramente"

Sindaco di Gioia “Insidioso e pericoloso”. Le indagini ''hanno smascherato" il sindaco di Gioia Tauro Giorgio Dal Torrione, "come uno dei più insidiosi e pericolosi tra quei tristi personaggi della politica che mettono il mandato del popolo a disposizione delle cosche mafiose, così perpetuando quel perverso meccanismo che rende queste terre del meridione d'Italia sempre schiave della criminalità mafiosa: l'intreccio tra mafia, politica ed economia". E' quanto scrivono i pm della Dda di Reggio Calabria nella richiesta al gip di ordinanza di custodia cautelare. "Insidioso - proseguono i pm - in particolare, perché ha tentato di mascherarsi da campione dell'antimafia a parole, osando persino avvicinarsi a sedere accanto a magistrati di questo ufficio, mentre nei fatti operava per il crimine organizzato e, essendo stato l'ispiratore del favore accordato a Piromalli, rimaneva nell'ombra perché quella sua maschera non cadesse mostrando il suo vero volto di sindaco al servizio della cosca".

Senza collusi, no delitti politici. ''Se non vi fossero gli amministratori pubblici al servizio della mafia, non vi sarebbero quelli abbattuti a colpi di arma da fuoco". E' quanto scrivono i pm della Dda di Reggio Calabria in un passaggio della richiesta di ordinanza di custodia cautelare per i sindaci di Gioia Tauro e Rosarno. "In una Regione dove gli avversari politici si eliminano a colpi di pistola quando si è rimasti sconfitti dal popolo - affermano i pm - nulla deve meravigliare. E' consentita solo la amarezza di dovere constatare che in alcune parti d'Italia può più il piombo che il consenso elettorale". "Ed alla amara constatazione - proseguono i magistrati - deve far seguito immediatamente la ferma convinzione ed affermazione che condotte come quelle prese in esame costituiscono le premesse logiche e cronologiche dei gravi fatti di sangue che danno corpo a veri e propri delitti politici".

Aldo Miccichè tra gli indagati. Il faccendiere Aldo Micciché è uno degli indagati nell'inchiesta che stamani ha portato all'arresto dei sindaci di Gioia Tauro e Rosarno. Per Micciché, originario di Marapoti, un centro poco distante da Gioia Tauro, negli anni '80 e' stato dirigente della Democrazia cristiana. Da anni si è rifugiato in Venezuela. Nei suoi confronti era già stato emesso un provvedimento di fermo nell'ambito dell'inchiesta che nel luglio scorso porto all'operazione che ha decapitato al cosca Piromalli. L'uomo è al centro di una inchiesta della Dda su presunti brogli degli italiani all'estero alle ultime elezioni che, secondo l'accusa, avrebbero dovuto portare ad un'attenuazione del regime detentivo del 41 bis che Micciché avrebbe cercato di ottenere mettendosi in contatto con il senatore Marcello Dell'Utri. Alcune telefonate, già riportate nel provvedimento di fermo del luglio scorso sono riproposte nell'ordinanza di oggi. Dell'Utri era stato citato come teste nell'inchiesta su Micciché. Nell'ambito dell'operazione di oggi Micciché, è accusato di associazione mafiosa e per lui era stata chiesta l'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare.

Santelli “Il Viminale valuti uso esercito”: Jole Santelli, responsabile sicurezza di Forza Italia, sostiene che gli ''inquietanti scenari" delineati dagli arresti in Calabria nell'operazione contro la 'drangheta dovrebbero portare il ministero dell'interno a valutare l'opportunità di ricorrere all'esercito per il controllo del territorio. In particolare, per Jole Santelli, "il coinvolgimento delle cosche nella definizione del percorso dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria richiede un maggiore controllo degli obiettivi". Per questo, l'esponente di Forza Italia suggerisce di valutare la "possibile collaborazione anche dell'esercito nel controllo del territorio, visto che la Salerno-Reggio Calabria sembra un'opera impossibile da completare, anche a causa della poderosa capacità di infiltrazione della criminalità organizzata in tutte le fasi della sua realizzazione".

Loiero “Liberare la Calabria dalle collusioni”. Il Presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, circa l'operazione contro la cosca Piromalli, afferma che "il territorio deve essere affrancato da infiltrazioni e collusioni varie". "Liberare Gioia Tauro, e la Calabria, dalla mafia - aggiunge - è altamente meritorio e bisogna congratularsi con coloro che, magistrati e inquirenti, hanno affondato il bisturi nella piaga di un perverso rapporto tra clan e amministratori". Secondo Loiero "non ci debbono essere titubanze, il territorio deve essere affrancato da infiltrazioni e collusioni varie, perché Gioia Tauro è un valore per tutta la regione che deve essere salvaguardato se si vuole sperare in un futuro migliore". "E' encomiabile - concluso Loiero - il lavoro che la Dda a le forze dell'ordine stanno svolgendo con successo, come lascia intendere l'operazione di questa mattina. Quella di Gioia è un'area delicata dove c'é bisogno di un rinnovato, puntuale e qualificato impegno del governo centrale per stroncare un fenomeno mafioso devastante sul piano della stessa vivibilità".

Tripodi “Un quadro gravissimo”. ''Grande preoccupazione per la gravità di quanto emerge dalle indagini, ma allo stesso tempo rinnovata fiducia nell'azione della magistratura". E' quanto afferma in una nota l'assessore regionale all'urbanistica e segretario regionale del Pdci, Michelangelo Tripodi. "Siamo preoccupati - aggiunge - dal quadro gravissimo che emerge dalle indagini della connivenza tra la politica e la criminalità organizzata, dalla penetrazione della `ndrangheta nei settori trainanti dell'economia di un intero territorio. Peraltro, la dichiarazione rilasciata dal procuratore capo della Dda reggina, Giuseppe Pignatone, circa l'esistenza di un'alleanza tra comuni e cosche e tra comuni in favore delle cosche che investe vari settori che riguardano le attività del porto di Gioia Tauro, i lavori dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, il settore dei rifiuti e la viabilità comunale, apre uno scenario inquietante sulla reale situazione di oppressione malavitosa che conoscono interi settori e conferma la necessità di rilanciare l'impegno e la lotta contro la mafia su tutti i piani. Siamo di fronte ad una condizione, nella quale la 'ndrangheta e' assurta a ruolo di grande potenza che controlla indisturbata il territorio ed i flussi di spesa affossando le istituzioni e la democrazia e con esse la speranza di un futuro diverso per la nostra Regione". "Per questo è necessario - prosegue Tripodi - un forte impegno da parte di tutte le istituzioni e lo Stato deve dare delle risposte efficaci e decisive. Non è assolutamente ammissibile come è emerso dalle indagini che possano esserci comuni coinvolti nell'inchiesta che si costituiscono parte civile nei processi e poi anziché farsi risarcire i danni dall'avvocato Piromalli, dieci milioni di euro come previsto da una sentenza, offrano al condannato la possibilità di evadere la sanzione in cambio di prestazioni professionali e di consulenza a favore degli stessi comuni. Siamo veramente al paradosso. Per questo dobbiamo rafforzare l'impegno contro un sistema allucinante, di illegalità diffusa, dove è purtroppo la 'ndrangheta a farla ancora da padrona. La Calabria onesta attende da tempo risposte che non possono essere piu' disattese. Per questo è necessario dare seguito al percorso avviato nella scorsa legislatura, introducendo norme più stringenti per quanto riguarda lo scioglimento delle Pubbliche Amministrazioni e delle Asl infiltrate dalla criminalità organizzata. Un sistema che consenta di intervenire anche contro gli amministratori resisi colpevoli, in modo da spezzare le collusioni tra mafia, politica e pubblica amministrazione. Così come è fondamentale rivedere l'attuale normativa sulla certificazione antimafia raggirata in molti casi dagli esponenti delle stesse cosche mafiose". Tripodi evidenzia inoltre che "é ora di finirla con la retorica stucchevole e parolaia, non possiamo più limitarci a commenti di solidarietà con le vittime e gli inquirenti, con complimenti alle forze dell'ordine e i generici appelli alla moralità e alla lotta alle mafie. E' troppo poco, è troppo facile. Bisogna affrontare il problema con determinazione, prendere di petto l'emergenza criminalità organizzata con leggi adeguate che vadano a colpire al cuore gli interessi e i patrimoni dei mafiosi. Lo Stato deve dare risposte certe, visto che ormai interi comparti della pubblica economia sono appannaggio esclusivo delle "famiglie" legate alla 'ndrangheta, che decidono persino, come ha messo in luce l'indagine della Dda, il tracciato dei lavori della A/3, gli importi delle singole gare e le imprese che devono aggiudicarseli, intervenendo con le minacce e le intimidazioni quando qualcuno osa opporsi ai loro disegni". "Occorre convincersi - conclude - che una guerra è in atto e che a questa guerra lo stato si deve attrezzare adeguatamente per combatterla e vincerla".

 

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