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Processo Fortugno

 

Processo Fortugno: Dopo pentimento Novella il padre “Disconosco mio figlio”

09 ott 08 Nel processo per l'omicidio di Francesco Fortugno, in corso davanti alla Corte d'assise di Locri, ha deposto stamani il padre del pentito Domenico Novella, Pasquale. "Appena ho appreso del suo pentimento - ha detto il teste - non sono più andato a trovarlo. Anzi, lo disconosco come figlio". Novella è stato condannato dal Gup di Reggio Calabria a 14 anni di reclusione. Pasquale Novella ha detto di avere fatto visita al figlio quattro volte dopo l'arresto e prima del pentimento. "L'avevo visto - ha detto - dimagrito e in condizioni di salute non buone". Secondo il racconto del genitore, Domenico Novella gli avrebbe manifestato la volontà di collaborare per evitare una condanna all'ergastolo. Stamani ha deposto anche Pasquale Piccolo, zio del pentito Bruno suicidatosi. "A distanza di un mese dall'arresto - ha detto - sono andato a trovare Bruno in carcere e ho notato che era sciupato e aveva perso molto peso". L'uomo ha riferito che il nipote gli disse di non sopportare il 41 bis, che non aveva fatto nulla e che non stava bene. Il processo è stato poi aggiornato al 15 ottobre.

Udienza iniziata con deposizione commerciante auto. E' iniziato con l'audizione di un commerciante di automobili, Massimo Zappia, di Bovalino, l'udienza in Corte d'assise a Locri del processo per l'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno. Zappia è la persona che dal dicembre del 2005 al gennaio del 2006 ha tentato di vendere l'automobile Bmw di Salvatore Ritorto, presunto killer del vicepresidente Fortugno. Non essendo riuscito, per un mese, a vendere la vettura, Zappia l'ha restituita al fratello di Ritorto, Giuseppe, ed a Domenico Audino, imputato anch'egli nel processo per l'omicidio di Fortugno. Per l'assassinio del vicepresidente del Consiglio regionale, oltre a Salvatore Ritorto e Domenico Audino, sono imputati anche Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, accusati di essere i mandanti. Di associazione per delinquere di tipo mafioso, nello stesso procedimento, sono accusati, invece, Vincenzo Cordì, Antonio e Carmelo Dessì e Alessio Scali.

 

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