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Padre Fedele "Ridatemi il mio sacerdozio"

 

Padre Fedele “Ridatemi l’esercizio del mio sacerdozio”

22 mar 08 Padre Fedele Bisceglia, imputato in un processo per violenza sessuale nei confronti di una suora, in una lettera aperta ai sacerdoti, religiosi e religiose della Curia di Cosenza, chiede che "mi venga ridato l'esercizio del mio sacerdozio perché sono innocente". "E' un dolore indescrivibile - scrive - quando in un'alba della vita sacerdotale vieni preso e portato in carcere per un delitto mai commesso e mai pensato. Profondo dolore acuta sofferenza, sanguinante solitudine, umana rabbia, zelo sacerdotale, grande fede, sono queste queste le emozioni che vivo da 26 mesi. Però su tutte si erge l'amore incondizionato per voi tutti e per il mio essere religioso e sacerdotale. Sono nella tempesta, nell'uragano più devastante della mia vita sacerdotale religiosa. Si è abbattuto un disastroso tsunami sulla mia anima". "E' un dolore indescrivibile - afferma ancora padre Fedele - quando vieni punto con l'esilio, lasciato solo, buttato nella cisterna, come Giuseppe, da fratelli con cui hai condiviso il pane quotidiano. E' un dolore indescrivibile incontrarsi nelle aule di un tribunale, suora contro frate, per un peccato di stupro mai pensato. E' una ferita che sanguina per tutta la vita". Padre Fedele evidenzia inoltre che "é un dolore indescrivibile essere allontanato dall'altare, da dove per 44 anni ho annunziato il vangelo e celebrato i divini ministeri. Prima che si pronunzi la giustizia umana, quella religiosa ti bastona. Amo e amerò per tutta la mia vita i poveri, i bambini abbandonati, le donne violentate e maltrattate". "Amo e amerò la mia cara città di Cosenza - scrive ancora - e la mia Calabria bella, ospitale e solidale. Vi ho scritto per dirvi che solo alcuni membri della chiesa hanno scritto una pagina dolorosa. Mi hanno condannato con la sospensione a Divinis subito dopo l'arresto e precisamente il 25 febbraio 2006. Mi hanno espulso dal convento e mi hanno costretto a chiedere la dispensa dei voti. E' anacronistico condannare e punire ancor prima che la giustizia umana, che ha i suoi tempi, si pronunzi". "Griderò per tutta la mia vita - conclude - che quel delitto-peccato di stupro non l'ho mai pensato. Dio lo sa".

 

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