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Ucciso perchè amava la moglie del boss

 

Amava la moglie del boss, lupara bianca a Stefanaconi: due arresti.

08 mar 08. Freddato con un colpo di pistola alla nuca ed il suo cadavere fatto sparire. Amava la donna sbagliata Michele Penna, di 30 anni, figura emergente della criminalita' vibonese, ed ha pagato col prezzo piu' alto una colpa che nei codici segreti della 'ndrangheta non lascia scampo. Per l'omicidio e l'occultamento del cadavere di Penna i carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia hanno fermato due esponenti della cosca Petrolo-Bartolotta, la stessa cui apparteneva la vittima,Andrea Foti, di 29 anni, ed Emilio Antonio Bartolotta, di 31. Sarebbero stati loro ad attirare in una trappola Penna e ad ucciderlo, facendo sparire poi il suo cadavere. Il fermo di Foti e Bartolotta e' stato disposto dal pm della Dda di Catanzaro Marisa Manzini. Era un giovane intraprendente Michele Penna. All'interno della cosca Petrolo-Bartolotta di Stefanaconi, contrapposta da sempre a quella dei Bonavota, aveva assunto da tempo una funzione importante. In piu' aveva deciso di impegnarsi in politica. Era il segretario cittadino di Stefanaconi dell'Udc e proprio negli ambienti politici aveva molte conoscenze. I capi della cosca tolleravano l'intraprendenza di Penna e lo lasciavano fare. Ma e' stata la relazione del giovane con la moglie di un esponente di spicco dello stesso gruppo criminale a non lasciare scampo a Penna. Qualcuno lo aveva anche avvertito del pericolo che stava correndo ed aveva cercato di indurlo alla ragione. Penna, pero', era un duro ed aveva deciso di andare avanti dritto per la sua strada, sfidando non soltanto il marito della donna, ma anche i capi della cosca. Non c'e' stato, dicono i carabinieri, un vero e proprio mandato ad uccidere Penna da parte dei capi della cosca, ne' da parte del marito della donna. Oltre a Foti e Bartolotta, infatti, non ci sono altri indagati nell'inchiesta sull'omicidio. Ma la relazione con una donna sbagliata non era la sola colpa di Penna. La sua intraprendenza lo stava inducendo a costituire un gruppo autonomo con l'intenzione di assumere un ruolo concorrenziale rispetto alla cosca Petrolo-Bartolotta. Colpa anche questa imperdonabile nella logica della 'ndrangheta. Viene decisa cosi' l'eliminazione di Penna. Il tranello nei suoi confronti scatta la mattina del 19 ottobre scorso. Penna porta la sua auto nell'autolavaggio di Andrea Foti. Quest'ultimo, insieme a Bartolotta, si offre di accompagnarlo a casa con la sua vettura. Penna non viene colto da alcun sospetto ed accetta il passaggio. E cosi' l'uomo, durante il tragitto, viene ucciso. Il suo cadavere viene occultato e l'automobile (una Fiat Panda) bruciata. Foti, il giorno dopo, va dai carabinieri e denuncia che la vettura gli e' stata rubata. Una mossa che si rivela controproducente per Foti perche' i carabinieri capiscono subito che rappresenta un tentativo di depistaggio. Scattano cosi' le indagini ed attraverso una serie di intercettazioni telefoniche ed ambientali nei confronti di Foti e Bartolotta, oltre che di altri affiliati alla cosca, si arriva a fare chiarezza sull'uccisione di Michele Penna.

Eliminato per punizione. Michele Penna, di 30 anni, il presunto affiliato alla 'ndrangheta fatto sparire ed ucciso a Stefanaconi nell'ottobre scorso, sarebbe stato eliminato per punizione perché aveva una relazione con la moglie di un esponente di spicco della cosca di cui egli stesso faceva parte, quella dei Petrolo-Bartolotta. E' quanto è emerso dall"indagine che la scorsa notte ha portato al fermo dei due presunti responsabili dell'omicidio e dell'occultamento del cadavere di Penna, Andrea Foti ed Emilio Antonio Bartolotta. La relazione di Penna con la donna andava avanti da alcuni mesi ed avrebbe fatto scattare, ad un certo punto, la reazione del marito della donna. Da qui, dunque, l'uccisione di Penna, decisa con l'avallo dei capi della cosca Petrolo-Bartolotta. Michele Penna, inoltre, sarebbe stato punito perché era intenzionato a costituire un gruppo criminale autonomo. Penna, la mattina del 19 ottobre del 2007, secondo la ricostruzione dei carabinieri, portò la macchina nell'autolavaggio di Andrea Foti e per andare a casa accettò l'offerta di un passaggio fino a casa da parte di quest'ultimo e di Emilio Antonio Bartolotta. Durante il tragitto Penna fu ucciso da Foti e da Bartolotta ed il suo cadavere fatto sparire. Penna, dopo aver lasciato la sua autovettura presso l'autolavaggio gestito da Foti, per prima cosa è stato attirato con un tranello dai due a bordo di un'autovettura e quindi eliminato. Subito dopo il fatto Foti, lavagista di fiducia di Penna, al fine di nascondere le tracce del delitto, ha denunciato il furto della sua autovettura che in seguito è stata rinvenuta bruciata a Sant'Onofrio. Tale incendio, per come accertato dalle indagini, si è verificato nello stesso arco temporale in cui Foti ha falsamente denunciato il furto del suo mezzo. A Stefanaconi e Sant'Onofrio operano due associazioni di stampo mafioso, i Bonavota e i Petrolo. I procedimenti che hanno portato alle sentenze della magistratura sui due clan sono stati avviati nel 1991, anno in cui si è verificata la strage dell'Epifania, che ha rappresentato il culmine della guerra di mafia nei comuni di Sant'Onofrio e Stefanaconi. Tale scontro, inoltre, nel corso degli anni, è stato caratterizzato da una lunga sequenza di attentati a pubblici amministratori, finalizzati a creare una clima di tensione e terrore e determinando quindi una contrapposizione fra il Comune e le cosche. Obiettivo delle cosche è sempre stato quello di condizionare l'operato della pubblica amministrazione, infiltrandone all'interno i propri aderenti, al fine di acquisire il controllo del settore degli appalti pubblici. Tale tentativo, nel 1991 ha anche condotto allo scioglimento del Consiglio Comunale per infiltrazioni mafiose. E' in tale contesto che si inserisce l'uccisione di Penna, che sarebbe stato eliminato, oltre che per una sua relazione extra - coniugale con la moglie di un personaggio del clan Petrolo - Bartolotta ma anche come risposta, da parte del gruppo contrapposto a quello cui apparteneva Penna, allo strapotere che questi intendeva dimostrare. L'attività investigativa è stata condotta sotto la direzione del Procuratore presso la Procura di Catanzaro, Salvatore Murone, e del Sostituto Procuratore presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, Marisa Manzini.

 

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