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Gratteri "Grave errore la strage di Duisburg"

 

Gratteri: “Grave errore delle cosche la strage di Duisburg”

09 mar 08. ''San Luca e' per meta' di proprieta' dello Stato''. La battuta pronunciata dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria sul maxi sequestro di beni riconducibile alle famiglie Pelle-Vottari e Nirta-Strangio per un valore complessivo intorno ai 150 milioni di euro comprende tutto il lavoro svolto dagli inquirenti nell'ultimo anno. Partito da un passo falso commesso dalle cosche reggine: aver fatto troppo rumore. Anche ai criminali fa comodo la pace. Non conviene in alcun caso attirare l'attenzione, per questo la strage di Duisburg e' stato un errore enorme. Lo ha detto gia' in piu' occasioni il pm della Dda Nicola Gratteri che ricorda l'affrettarsi delle stesse cosche rivali a stipulare la pace (alla fine di agosto in un incontro che sarebbe avvenuto a Polsi) proprio perche' avevano capito di aver acceso i riflettori su di loro e cio' poteva danneggiarli. La quiete dopo la tempesta ancora sta durando ed e' probabile che per i prossimi mesi sara' cosi'. Anche perche' all'arresto di molti esponenti delle cosche Pelle-Vottari e Nirta-Strangio dovrebbero aprirsi trattative ''interne'' per la successione. Non si puo' parlare, infatti, di decapitazione. ''C'e' sempre qualcuno che prende il posto dei capi'', dice Gratteri, ricordando che nella storia della 'ndrangheta si e' arrivati anche a contrasti molto evidenti tra le vecchie e le nuove generazioni. Cosi', spiega ancora il sostituto procuratore dell'antimafia, e' nata la Santa. A meta' degli anni '50 c'e' stato uno spartiacque che ha dato corso ad una nuova criminalita' organizzata. Le competenze e la furbizia dei nuovi capi hanno portato la 'ndrangheta ad assumere un ruolo ancora piu' importante di Cosa Nostra, ritenuta per anni la piu' pericolosa. Tanto da attirare l'attenzione della commissione parlamentare antimafia nelle relazioni piu' recenti prodotte sull'argomento.

Le ramificazioni dall'Europa all'Australia passando per le americhe Un piccolo paese riprodotto in ogni luogo dove i calabresi si sono trasferiti, l'esatta riproduzione del ''locale'', la struttura gerarchica mafiosa. E' la caratteristica della criminalita' organizzata, che sente forte il legame con il proprio territorio d'origine al punto da riproporre lo stesso ordinamento interno nei posti di arrivo della grande emigrazione. Le ramificazioni sono pervasive e diffusissime. ''Ce ne sono nel nord Italia, in Europa, in Australia, in Nordamerica e in Sudamerica'', avverte ancora Gratteri, che spiega: la 'ndrangheta ha una capacita' straordinaria di riprodurre lo stesso locale ma nel contempo anche di adattarsi ad una visione ''moderna e piu' allargata''. ''In ogni locale c'e' un capo che controlla il territorio e ha potere di vita e di morte - aggiunge il sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia di Reggio Calabria - Poi il contabile, un vero e proprio ministro delle finanze della 'ndrangheta, che e' attento ai bisogni dei membri della comunita' ed elargisce aiuti anche alle famiglie dei detenuti, per esempio''. La struttura interna continua, per ordine di importanza, con una figura che il procuratore dell'antimafia definisce come ''ministro della guerra'': e' l'individuo che gestisce la parte armata della cosca, si occupa di reperire le armi e decidere la strategia di un agguato o qualsiasi altra azione criminale che impieghi un'organizzazione militare in termini di mezzi, uomini e modalita' di azione. Non di secondo piano e' la figura del picciotto di giornata, gli occhi e la bocca del capo all'esterno. E' lui a portare notizie o comunicazioni dal territorio al leader della cosca, irrangiungibile se non attraverso questo canale. Solo in un secondo momento potrebbe eventualmente ricevere di persona qualcuno in particolare, e solo per motivi molto importanti. A decidere e' sempre lui.

Politica e massoneria, tra rituali e arresti 'eccellenti' Il collegamento tra politica e 'ndrangheta ha fatto discutere molto negli ultimi mesi, a partire dall'omicidio del vicepresidente del consiglio regionale Franco Fortugno, il cui movente sarebbe legato agli appalti della sanita'. Una fetta di denaro che assorbe quasi il 70 per cento dell'intero bilancio regionale in Calabria. Ma non solo. Sono diversi anche i Comuni sciolti per mafia e le amministrazioni finite sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti, a dimostrazione che gli interessi delle cosche pervadono tutti i settori e i ''mercati'', dai Comuni alla Regione (fino allo Stato con l'inchiesta che sospetto' persino l'ex presidente del Consiglio dei Ministri, Giulio Andreotti, di collusione con la mafia siciliana). Nell'ultimo anno si sono visti casi eclatanti e meno mediatici. Dal coinvolgimento di tre consiglieri regionali in inchieste per associazione mafiosa in cui si trovano nomi eccellenti di capi cosca (Franco La Rupa sul tirreno cosentino, Domenico Crea e Pasquale Tripodi nel reggino) fino ai comuni piu' piccoli ma forse proprio per questo piu' controllabili dai gruppi criminali: e' il caso del sindaco di Seminara (Reggio Calabria) o di quello di Africo (Vibo Valentia), accusati di essere stati eletti con i voti degli 'ndranghetisti in cambio di favori. Insomma, tra criminalita' organizzata, politica e massoneria deviata esisterebbero un mare di legami nascosti ancora da sbrogliare. Una storia fatta di lavoro silenzioso, quasi nell'ombra. ''La 'ndrangheta ha cercato da subito di inserirsi nelle logge della massoneria deviata per avvicinarsi agli ambienti della borghesia che controllano il potere politico'', afferma Gratteri che ricorda l'evoluzione degli stessi schemi d'iniziazione dei picciotti. Il ''contrasto onorato'' che chiede di essere ammesso al primo grado di picciotto liscio viene sottoposto ad un rituale che prevede un santino bruciato tra le mani. ''Mentre prima il modello era San Michele Arcangelo - spiega il magistrato dell'antimafia reggina - successivamente si e' passati a Mazzini e Garibaldi, che sono notoriamente modelli massonici''.

10 anni dal sequestro alla confisca dei beni Dal sequestro dei beni alla criminalita' organizzata fino all'effettiva confisca il percorso e' lungo in media dieci anni. Tanti. Le carenze del sistema sono evidenti, come rilevate dalla commissione bicamerale antimafia in una relazione dello scorso anno. Colpire le cosche nel patrimonio e' molto ''fastidioso'' per i mafiosi perche' vengono lesi nelle loro disponibilita' finanziarie, ma bisogna aspettare che vengano condannati in via definitiva per giungere alla confisca. I tempi dei processi sono notoriamente lunghi, quindi il divario tra beni sequestrati e beni confiscati si amplia ogni anno di piu'. Gli ultimi dati del Ministero della Giustizia mostrano 29.800 beni sottoposti a sequestro, mentre quelli effettivamente confiscati sono 2.300, per un valore di oltre 460 milioni si euro. Meno del 15 per cento. Nello spirito originario della legge che istituiva la confisca il principio ispiratore era che ridistribuire i beni sequestrati alla collettivita', per incentivare l'utilizzazione sociale e dimostrare che ''legalita' e sviluppo sono insieme una grande risorsa''. Vedere la villa di un mafioso destinata ad esempio ad una villa per anziani, scrive la commissione, ''inviano un segnale positivo che si aggiunge a quello di avere assicurato alla giustizia il mafioso''. Ma le norme che regolano il meccanismo sono ''disorganiche e frammentarie'', ammonisce la bicamerale antimafia. La soluzione auspicata va nella direzione di cambiare l'intero impianto delle misure di prevenzione, in modo da poter ampliare anche il novero dei reati punibili con il sequestro e la confisca dei beni. ''Appare opportuno procedere a modifiche normative nel senso della separazione tra le misure di prevenzione personali e le misure patrimoniali - suggerisce la commissione antimafia - al fine di prevenire che provvedimenti modificativi della misura di prevenzione concernente il soggetto travolgano le misure patrimoniali disposte sui beni di cui e' stata accertata la provenienza illecita e che in ragione di tale accertata illecita provenienza sono dotati di una perdurante pericolosita' e di un insito potere destabilizzante per l'economia lecita''.

 

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