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Federica Monteleone: nove avvisi di garanzia

 

Lo stato della sala operatoria dove fu operata Federica Monteleone fu modificata. Nove avvisi di garanzia

21 mag 08 Lo stato della sala operatoria dell'ospedale di Vibo Valentia in cui fu sottoposta ad intervento chirurgico Federica Monteleone, la sedicenne che entrò in coma e morì dopo una settimana, fu modificato dopo l'intervento e prima dell'ispezione dei magistrati. Lo sostiene il sostituto procuratore di Vibo Valentia, Fabrizio Garofalo, nell'avviso di conclusione indagini notificato a nove persone. Garofalo, nei mesi scorsi, ipotizzando presunte omissioni da parte di un magistrato nella fase iniziale delle indagini, aveva trasmesso gli atti dell'inchiesta alla Procura di Salerno, competente a valutare il comportamento dei magistrati del distretto della Corte d'appello di Catanzaro. Le prime indagini sulla morte di Federica vennero condotte dallo stesso Garofalo e dal procuratore di Vibo, Alfredo Laudonio. In particolare, Garofalo e Laudonio, un giorno prima del decesso di Federica, condussero l'interrogatorio nei confronti del medico anestesista. Secondo Garofalo, la consulenza medico legale ha accertato che l'impianto elettrico non era a norma, tanto che la ragazza fu colpita da una scarica elettrica. Circostanza, però, che non era stata evidenziata dagli accertamenti sull'impianto elettrico e sugli apparecchi elettromedicali "fatto da cui si desume inequivocabilmente che durante il lasso di tempo intercorso fra l'intervento e l'ispezione, lo stato dei luoghi sono stati artificiosamente modificati".

Tutti gli indagati. Sono nove, complessivamente, le persone indagate nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Vibo Valentia sulla morte di Federica Monteleone. Si tratta di Antonio Bruni, consulente dell'ex Azienda sanitaria locale di Vibo incaricato di seguire l'esecuzione dei lavori relativi alla realizzazione dell'impianto elettrico nella sala operatoria; Matteo Cautadella, medico con compiti di direzione sanitaria dei presidi ospedalieri dell'Asl; l'ex direttore generale dell'Azienda sanitaria, Francesco Talarico; Alfonso Luciano, ex direttore sanitario; Pietro Schirripa, direttore sanitario dell'ospedale Iazzolino; Roberto De Vincentis, che all'epoca dei fatti era direttore dei servizi tecnici dell'Azienda; Nicola Gradia, responsabile di un settore dei servizi tecnici; Antonino Stuppia, titolare dell'impresa che ha eseguito lavori di ristrutturazione nella sala operatoria; Francesco Costa, il medico anestesista che assisteva Federica nel corso dell'intervento di appendicite. Per tutti l'accusa è omicidio colposo. A Talarico viene contestata anche l'istigazione alla corruzione, mentre Stuppia é accusato anche di falsità ideologica per avere "dichiarato falsamente" l'esecuzione di alcuni lavori.

Si aggrava la posizione dell’ex DG Talarico. Due nuovi avvisi di garanzia sono stati emessi dalla Procura di Vibo Valentia a conclusioni delle indagini per nove persone in relazione alla morte di Federica Monteleone, la sedicenne deceduta il 26 gennaio 2007 dopo essere entrata in coma in seguito ad un black out nella sala operatoria dell'ospedale di Vibo Valentia. I nuovi indagati sono Antonio Bruni, consulente dell'ex Azienda sanitaria locale di Vibo e Matteo Cautadella, medico. L'avviso di conclusione indagini e stato notificato anche agli altri sette indagati tra cui l' l'ex direttore generale dell'Azienda sanitaria, Francesco Talarico. Per tutti l'ipotesi accusatoria è omicidio colposo, ma a Talarico viene contestata anche l'istigazione alla corruzione, perché avrebbe offerto al dirigente dell'Unità operativa di medicina del lavoro dell'Asl, Cesare Pasqua, la nomina a capo dipartimento nella stessa Azienda, allo scopo di ottenere il parere positivo alla sussistenza dei requisiti minimi di adeguatezza della sala operatoria a prescindere dall'effettiva sussistenza dei requisiti stessi. La morte di Federica, secondo l'accusa, fu provocata da una scossa elettrica determinata dal contatto di un elettrodo con la gamba sinistra della giovane che le provocò "un arresto del circolo ematico". Contestualmente si verificò anche un black out in sala operatoria e lo spegnimento sia del respiratore automatico, sia dei monitor con i parametri vitali della ragazza che non erano alimentate da un circuito di sicurezza. Nonostante il passaggio "tempestivo" alla ventilazione manuale, è la tesi dell'accusa, solo dopo dieci minuti, quando i monitor si riaccesero, i medici si accorsero del blocco ematico. La ragazza andò quindi in arresto cardiaco e fu rianimata, ma i dieci minuti di blocco ematico avevano provocato una insufficienza cerebrale grave che determinò la morte di Federica.

 

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