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Procura divisa sull'iscrizione del sen. De Gregorio

 

Sull’iscrizione nel registro degli indagati del sen. De Gregorio, Procura di Reggio divisa

07 mag 08 Ha spaccato la procura di Reggio Calabria l'iscrizione nel registro degli indagati del senatore Sergio De Gregorio per concorso esterno in associazione mafiosa. Quel provvedimento fu firmato solo da due dei quattro titolari dell'inchiesta,il procuratore aggiunto Salvatore Boemi e il sostituto Francesco Mollace; non invece dai due pm più giovani, Giuseppe Lombardo e Domenico Galletta, che, come hanno spiegato ieri davanti alla Prima Commissione del Csm in trasferta, non sottoscrissero l'atto perché non lo condividevano. La questione dell'inchiesta sul senatore leader di Italiani nel mondo è finita all'attenzione del Csm dopo la lettera critica sul modo in cui sono state condotte le indagini e sulla fuga di notizie sull'iscrizione di De Gregorio inviata da Francesco Scuderi, l'aggiunto della procura che ha retto l'ufficio sino alla nomina del nuovo capo Giuseppe Pignatone. Scuderi ha lamentato di non essere stato informato dell'iscrizione del senatore, nonostante il suo ruolo di responsabile della procura, e ha segnalato alcune anomalie; a cominciare, spiegano a Palazzo dei marescialli, dal dissenso dei due pm più giovani, che non condivisero la scelta di Boemi e Mollace di disporre l'iscrizione di De Gregorio dopo un rapporto della polizia giudiziaria, ritenuto da loro insufficiente. A quel dissenso di Lombardo e Galletta non segui' la revoca della delega a indagare e questa sarebbe una delle "stranezze" portate all'attenzione del Csm. La questione delle indagini su De Gregorio è uno degli aspetti dei contrasti in procura di cui si sta occupando Palazzo dei marescialli. Contrasti in alcuni casi risalenti nel tempo, come quelli tra Scuderi e Boemi. Tra gli episodi segnalati dal primo, la riorganizzazione della Direzione distrettuale antimafia, che Boemi - che coordina l'ufficio - avrebbe disposto senza informare Scuderi, in quel periodo assente per ragioni di salute. Una ricostruzione smentita dal collega che ha ridimensionato la circostanza: nessun evento straordinario, solo una riunione nella quale come tutti gli anni si stabilì il programma delle attività. I conflitti in procura non sono limitati ai due aggiunti, come pure le anomalie segnalate al Csm: come il caso di Mollace che pur non facendo più parte della Dda, continuerebbe a occuparsi di indagini sulla criminalità organizzata; o quello di un sostituto della procura che, una volta applicato alla procura generale, avrebbe avocato (ma la Cassazione ha poi annullato il suo provvedimento) un'indagine del suo ufficio di provenienza. E l'attenzione di Palazzo dei marescialli è anche rivolta alle ripetute iscrizioni nel tempo e nel registro degli indagati delle stesse persone per le medesime vicende. Storie che nell'insieme la Commissione deve vagliare anche per stabilire se ci sono situazioni di incompatibilità, cioé se ci sono magistrati che devono lasciare la procura.

Il legale del politico: Ora capire le responsabilità. "Le notizie provenienti da Reggio Calabria e relative alla visita della I commissione del Csm, presso quella procura, fanno emergere con estrema evidenza l'opposizione di due dei magistrati inquirenti all'iscrizione del senatore Sergio De Gregorio nel registro degli indagati". A dichiararlo è stato l'avvocato Carlo Fabbozzo, legale di fiducia del senatore Sergio De Gregorio. "Ciò rende degna della massima attenzione - ha proseguito Il legale di De Gregorio - una vicenda che, a due giorni dal voto per le elezioni politiche, rischiava di indirizzare il risultato elettorale, incidendo sul giudizio dei cittadini italiani. Occorrerà attendere e capire se vi sono stati dei responsabili che dovranno essere perseguiti per il danno arrecato al senatore De Gregorio, chiuso in un rispettoso silenzio e convinto che soltanto l'approfondimento istituzionale possa restituirgli giustizia. Egli ha provveduto, nei giorni scorsi, a interessare con una lettera il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, on. Nicola Mancino, chiedendogli se fosse legittimo avallare tali comportamenti senza che alcuno riferisse di doversi pronunciare con decisione". "Il silenzio assordante che in questi casi circonda la posizione dell'indagato - ha concluso Fabbozzo - è la migliore testimonianza di quanto ormai sia chiaro che i processi, in questo Paese, rischiano ormai di consumarsi sulle pagine dei quotidiani e non nelle aule di giustizia"

 

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