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Le uccisero il figlio, s'incatena per nuove indagini

 

Le uccisero il figlio, madre si incatena davanti al tribunale di Locri per chiedere nuove indagini

24/01 Liliana Esposito, madre di un uomo ucciso a Locri nel settembre 2004, si è incatenata simbolicamente stamani davanti al palazzo di giustizia di Locri, dove era in corso il processo ai presunti mandanti ed esecutori dell'omicidio di Francesco Fortugno, per chiedere la riapertura dell'inchiesta sul delitto del figlio. Massimiliano Carbone, di 30 anni, titolare della cooperativa Arcobaleno che si occupa dell' affissione di manifesti e del lavaggio dei muri, morì il 24 settembre 2004 dopo essere stato ferito, la sera del 17 precedente, da un colpo di fucile caricato a pallettoni sparato da un uomo che lo aspettava vicino alla sua abitazione. L'inchiesta, coordinata dalla Procura di Locri, è stata archiviata nell'ottobre scorso per mancanza di indizi. Le indagini si erano indirizzate sulla vita privata dell'uomo, dal momento che Carbone non aveva alcun legame con ambienti malavitosi.

Archiviazione, inquietante e pericoloso. "La notizia dell'archiviazione dell'indagine per l'omicidio di Massimiliano Carbone assume un carattere ancora più inquietante e pericoloso, oltreché rappresentare una resa dinnanzi alla mano assassina della mafia". E' quanto si afferma in una nota della Casa della Legalità in cui si manifesta sostegno alla protesta della madre di Carbone, Liliana Esposito, che si è incatenata simbolicamente stamani davanti al palazzo di giustizia di Locri. "Un caso - prosegue la nota - in cui una madre ed una famiglia, sopravvissute allo strazio di quella morte, hanno avuto il coraggio di rompere l'omertà e dare la massima collaborazione alle autorità dello Stato. Un caso in cui evidenti sono risultati i tentativi di intimidazione verso quella madre che aveva rotto l'omertà di una comunità che sapeva da tempo ma aveva taciuto, facendosi complice di chi ha premuto il grilletto di quel fucile a canne mozze". "L'aggressione subita sulla tomba di suo figlio - prosegue la nota - l'isolamento del quartiere per la pretesa di verità e giustizia, gli attacchi indecenti nella scuola elementare dove é maestra che hanno portato, a sua tutela, anche all'intervento del Ministero della Pubblica Istruzione". "Archiviare quell'indagine - conclude la nota della Casa della Legalità - significa non solo mettere la parola fine alla ricerca di verità e giustizia, per Massimiliano e per la sua famiglia, soprattutto per suo figlio, ma significa archiviare la speranza di cambiamento, significa deprimere quanti non tacciono e, invece, incoraggiare quanti 'per campare', sopravvivono ai propri morti, scegliendo il silenzio e la contiguità. Noi non ci stiamo ed ancora una volta siamo al fianco di Liliana e della sua famiglia"

 

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