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Mons.Bregantini: La Calabria non ha bisogno d'eroi

 

Mons. Bregantini all’Unical “La Calabria non ha bisogno di eroi”

10/01 "Il nostro compito è quello di diventare accordatori della Calabria. Questa terra non ha bisogno di eroi, ma di gente paziente e mite capace di accordare la terra di Calabria". E' il messaggio che mons. Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo eletto di Campobasso-Bojano ha rivolto partecipando ad un'iniziativa all'Università della Calabria. Al convegno sul tema "La lezione della Locride. Una lezione per la Calabria" - presenti tanti giovani, docenti, amministratori calabresi e rappresentanti delle cooperative - hanno relazionato il rettore dell'Unical, Giovanni Latorre e i docenti, Vito Teti, Domenico Cersosimo, Piero Fantozzi; e il direttore de "Il Quotidiano della Calabria", Matteo Cosenza. "Il messaggio principale della mia esperienza nella Locride - ha detto Bregantini - è stato sempre quello di trasformare le ferite di questa terra in feritoie. La Locride è una terra marginale, si pensi alla situazione dei trasporti, ma non emarginata. Non bisogna mai vergognarsi e nascondere le lacrime, anzi uno dei tesori più grandi della Calabria sono proprie le sue lacrime perché è dalle lacrime si può imparare una lezione di vita. Ma le lacrime devono essere asciugate insieme". "Nei confronti della mafia dobbiamo vergognarci - ha aggiunto il presule - ma anche assumerci le nostre responsabilità e affrontarle come una sfida. E' difficile fare i sindaci, i sacerdoti, i docenti, gli amministratori in questa terra, ma la lotta alla mafia non può essere una scelta eroica. Possiamo scegliere se essere don Abbondio o frà Cristoforo. Qualche giorno fa sono stato ad Ardore e mi hanno regalato un accordatore di zampogne dicendomi che era il regalo ideale per me che ero stato l'accordatore della Locride. E' questo il compito di tutti noi. Alle parole deve seguire sempre il fare". Dopo l'intervento di monsignor Bregantini, accolto da un prolungato applauso, Matteo Cosenza ha relazionato sul valore della comunicazione e dell'informazione in Calabria; mentre il prof. Teti si è soffermato sull'importanza della cultura: "dopo Duisburg - ha detto - i sentimenti di rabbia, dolore e vergogna si sono materializzati sui volti di tutti per cui l'unica cosa da fare era capire. La 'ndrangheta e' una catastrofe storica e come tale necessita di conoscenza e prevenzione. Bregantini ha capito che oltre ad una Calabria rassegnata, c'é una Calabria che ha voglia di fare". I professori Fantozzi e Cersosimo hanno relazionato rispettivamente sul tema della legalità e dei processi. La giornata è proseguita con gli interventi di amministratori della Locride, giovani e rappresentanti delle cooperative che hanno salutato monsignor Bregantini che, tra qualche giorno, lascerà la Calabria. Il convegno si è concluso con la presentazione di un documento-programmatico "La risoluzione di Arcavacata", "che - ha detto mons.Bregantini - rappresenta il significato più bello di questa giornata alla quale rispondo con un grazie. Ognuno di noi è stato protagonista, capace di fornire un contributo prezioso, consapevole di essere tutti importanti, ma non essenziali. La risoluzione sintetizza il mio messaggio che si riassume sempre nella parola-chiave intreccio tra mari e montagna, tra tradizione e modernità, tra docenti e giovani"

Lascio la Calabria con gratitudine e speranza. "Lascerò la Calabria con un sentimento e uno stato d'animo di gratitudine e di speranza per il futuro". Lo ha detto mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo eletto di Campobasso-Bojano, a margine di un convegno all'Università della Calabria. "Il mio - ha detto il presule della Diocesi di Locri Gerace - è un arrivederci alla Calabria e ai calabresi perché la rete dei contatti sarà sempre attiva e si tratterà di uno scambio sempre mantenuto in quel triangolo di cui sempre parlo Trentino, Molise, Calabria. Vorrei che la Locride e tutti i calabresi mi ricordassero come un uomo mite e tenace". All'iniziativa sul tema "La lezione della Locride. Una lezione per la Calabria" e che si è conclusa con l'approvazione di una bozza di risoluzione per il cambiamento, ha partecipato anche il sindaco di Locri, Francesco Macrì."Da quando sono sindaco - ha detto Macrì - ho apprezzato due persone Bregantini e il prefetto Luigi De Sena. Con stupore ho visto che le due persone che stavano cambiando il volto della Locride sono andate via dalla Calabria. Io non credo alle promozioni. Sono convinto che mons. Bregantini era molto più appropriato alla Locride perché Locri e la Locride hanno ancora bisogno di lui"

Il testo della risoluzione Arcavacata. Questo il testo della così detta "risoluzione di Arcavacata", punto di arrivo di un cammino aperto e, certo, non concluso, anzi all'inizio. Si tratta di una prima stesura aperta alle sollecitazioni e alle proposte dei sindaci della Locride, degli studiosi di diverse realtà di base della Calabria, di intellettuali, dentro e fuori l'Università, di giovani e donne, impegnati a vario livello per affermare un nuova Calabria. La Locride, la Calabria, molte aree del Mezzogiorno conoscono uno dei momenti più difficili e dolenti della loro storia contemporanea. Nel caso della Calabria, fatti come l'omicidio Fortugno, gli incendi del periodo estivo, ricorrenti episodi di malapolitica e di malaffare, l'eccidio di Duisburg, ci dicono che forse si è giunti alla linea di non ritorno, si toccata forse la soglia più bassa della credibilità e dell'immagine dell' intera comunità regionale. Un senso di impotenza, di apatia, di sfiducia alimenta la convinzione che la Calabria non possa farcela o non possa farcela da sola. La 'ndrangheta come struttura complessa e articolata, arcaica e postmoderna, locale e globale, come insieme compatto di elementi contorti che si rinviano, come un fatto sociale totale, che tutto contagia e contamina, fa pensare a una sorta di ''catastrofe" naturale e storica che devasta la Calabria e i luoghi dove si è ramificata. Molti fenomeni degenerativi della società calabrese e la stessa criminalità organizzata sono in parte legate al processo di spopolamento delle aree interne, di svuotamento dei paesi, di devastazione del paesaggio, di distruzione delle coste e del conseguente, irragionevole, freddo, incompiuto, popolamento delle marine. Il problema, però, è più generale; é economico, politico, sociale e culturale, nel senso più radicale e profondo. E' culturale in accezione antropologica. Il degrado e la violenza non riguardano solo le 'ndranghete, ma sono inscritte ormai nel tessuto sociale e politico della regione. La catastrofe genera assuefazione, melanconia, depressione, senso di inattivita', ma anche alibi per non fare. La 'ndrangheta richiede opera di conoscenza, prevenzione, controllo, repressione. Scrive Bregantini che ''più studieremo e faremo studiare il nostro passato, non solo scopriremo tante cause che ci impediscono di crescere e che la ndrangheta "non va mai nascosta né tanto meno mitizzata, ma va bene conosciuta e soprattutto affrontata con intelligenza e saggezza". Per questo essa va conosciuta, contrastata, affrontata a livello culturale. Il ruolo della cultura, della scuola, dell'università sono centrali sia per conoscere storia e meccanismi di diffusione, sia per un' educazione, non rituale, alla legalità. Bisogna creare strutture culturali e isitituzionali stabili e non effimere; c'é bisogno di politiche di lunga durata e non effimere. La legalità non è un fatto biologico; al contrario la si conquista, la si acquisisce con l'educazione, l'esempio, la testimonianza e con valori di riferimento alti di cui non si può fare a meno. Svuotare la ndrangheta significa svuotarne i falsi valori, prosciugarne il brodo di cultura, bonificare il contesto in cui si afferma. Ci sono valori e tradizioni da abbattere, da dimenticare e ci sono tradizioni da custodire, da inventare, da mescolare. Nessun mutamento è possibile, nessuna modernità e innovazione sono realizzabili se si dimentica la propria storia, le proprie tradizioni, i propri saperi. Una lezione irrinunciabile è quella della necessità, dell'etica, del dovere del "fare". La proposta e la necessità del fare non debbono trasformarsi in predica, in enfasi, in retorica. Fare ha senso soltanto se, per l'appunto, ha un suo fondamento, una sua finalità nobile, se è legato al bene comune. Senza un progetto, senza una finalità, senza un riferimento a un orizzonte di valori sia non solo inefficace. C'é bisogno di nuova politica, nuova cultura, nuova impresa che abbiano un fondamento etico, che sappiano guardare al bene comune, alle condizioni dei ceti sociali deboli e delle giovani generazioni. A loro dobbiamo guardare perché inviano segnali di novità e di speranza. Il quadro generale dolente non deve indurre alla disperazione; non deve impedirci di ascoltare le voci di quanto vogliono una nuova Calabria. La realtà presenta segni, esempi, simboli, sogni, esperienze di speranza che bisogna favorire, intercettare, decifrare, collegare, rappresentare anche al di fuori da tradizionali circuiti della politica e della comunicazione. Non un invito all'antipolitica, ma alla politica come bene della polis, come soluzione dei problemi, come partecipazione attiva, come democrazia. Per tali ragioni, pensiamo che oggi nessuno possa disertare, nessuno possa, a cuor leggero, chiamarsi fuori, dire che non è più passibile fare niente. Non è possibile restare, impotenti e rassegnati, davanti al bivio che la Calabria ha di fronte. Da postazioni diverse, con ruoli differenti, senza confusione dei ruoli, è necessario un grande patto per la Calabria. La responsabilità non è sempre degli altri: lo Stato lontano, la politica, i gruppi dirigenti. E' il tempo delle responsabilità. E' richiesta una coerenza profonda tra quello che si dice, quello che si propone e quello che si fa. Fare significa anche fare con, fare per, fare insieme. La politica, la Chiesa, le professioni, le organizzazioni sociali, le imprese e le associazioni debbono rinnovarsi, assumere nuove responsabilità. L'Università non può non interrogarsi sul proprio ruolo anche rispetto al posto in cui vive ed opera. Il territorio non può essere soltanto il luogo da cui ottenere finanziamenti, è anche il luogo a cui bisogna generosamente dare. Se non sappiamo legare destini, storie, culture, saperi, risorse, esperienze, se non sapremo condividere responsabilità e gioie, fatica e letizia, la Calabria non ce la farà. Dall'intreccio di esperienze diverse, da un comune e forte appassionato amore alla Calabria e al suo riscatto, nascono proposte articolate, chiare, anche se diverse per stile e per linguaggio. Un progetto di riscatto della regione richiede più voci, reti, energie, solidarietà, capacità di leggere la realtà e voglia di cambiarla. Esistono le risorse ambientali, culturali, umane - da mettere in collegamento - per affermare nuove economie, nuove mentalità, nuove esperienze. L'iniziativa dei locali è decisiva. Ben vengano gli aiuti esterni, le solidarietà generose, le fortune insperate che hanno la capacità di svegliare e di innovare, di iniettare fiducia e speranza, ma in tutti deve maturare la consapevolezza che alla fine il riscatto e il cambiamento sono, soprattutto, nelle mani dei calabresi. La scommessa verrà vinta se le comunità locali, i sindaci, gli intellettuali, le associazioni, le imprese, le cooperative, le scuole, il mondo del lavoro e delle professioni sapranno imboccare percorsi non subalterni, autonomi, sapranno creare economie e saperi, aprirsi al mondo esterno, prendere in mano il proprio destino. Ci sembra anche questo il modo migliore per salutare e ringraziare mons. Brigantini per la sua azione, per la capacità di dire parole e di compiere gesti concreti e simbolici che sono arrivati al cuore e alla testa dei calabresi. La "lezione" di Brigantini é di avere mostrato tenacia, aver saputo resistere, progettare e realizzare con generosità; di aprirsi a riflessioni esterne, al mondo dei saperi e dell'università, di costruire collettivamente il futuro. Il futuro ha bisogno dell'opera costruttiva di ognuno di noi; di azione collettiva per il cambiamento. Il futuro è una costruzione sociale. Sono necessarie pazienza, continuità d'impegno, entusiasmo, progetti, classi dirigenti di qualità.

 

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