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Why Not: in cerca di prove e nel frattempo partono querele

 

Inchiesta Why Not: Alla ricerca delle prove. Saladino e De Grano con la carta bollata: “Contro di noi calunnie, quereliamo”

07/02 E' tra alcune consulenze fittizie e la vendita di un programma informatico che, secondo la Procura Generale di Catanzaro, avveniva il passaggio di denaro tra alcuni degli indagati dell'inchiesta Why Not nella quale sono coinvolti una quarantina di persone tra cui il presidente del consiglio, Romano Prodi, l'ex ministro della giustizia, Clemente Mastella, e da ieri anche il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero. Nelle perquisizioni compiute ieri in 14 societa', la gran parte delle quali riconducibili ad uno dei principali indagati, Antonio Saladino, i carabinieri hanno acquisito una serie di documenti contabili che ora vengono analizzati per trovare i riscontri alle ipotesi accusatorie. In particolare i magistrati della Procura generale che conducono l'inchiesta ritengono che la retribuzione di una consulenza fatta dalla societa' Need&Partneers, riconducibile a Saladino, alla De Grano e Signorino srl fu un modo per ''elargire denaro - e' scritto nel decreto - al nucleo Macri'-Gozi-De Grano''. Per dimostrare che alcune societa' erano create appositamente per drenare i fondi pubblici gli inquirenti citano anche la frase dell'ex dirigente degli affari internazionali della Regione Calabria, Francesco De Grano, anch'egli coinvolto nell'inchiesta, il quale, parlando della costituzione della fondazione 'Need Ricerca srl', spiegava che ''questa fondazione ci serve per veicolare fondi''. Il materiale acquisito dai carabinieri nel corso delle perquisizioni nelle abitazioni e negli uffici del presidente della Regione, Agazio Loiero, e di uno dei suoi piu' stretti collaboratori, Eugenio Ripepe, e' finalizzato invece a trovare dei riscontri circa un presunto finanziamento di 100 mila euro che alcune societa' riconducibili ad Antonio Saladino ed altre ad un imprenditore, avrebbero dato per la campagna elettorale delle regionali del 2005. Rispetto alle accuse ipotizzate il presidente Loiero appare piu' battagliero che mai: ''Spero che tutto finisca presto, che quest' inchiesta non venga ancora dilatata nel tempo. Ne usciro' pulito, non ho dubbi''. Al filone investigativo che ha portato alle perquisizioni di ieri hanno contribuito una decina di fonti tra cui ci sarebbe anche l'ex consigliere regionale della Calabria Giuseppe Tursi Prato il quale nel corso di una deposizione resa al pm, Luigi De Magistris, prima che l'inchiesta venisse avocata dalla Procura Generale, racconta che ''il vero scambio di voti sta anche qui, cioe' io ti finanzio un progetto e tu mi assumi le persone che dico io''. Antonio Saladino, intanto, si difende ed annuncia che querelera' i testi dell'accusa sostenendo anche di aver appreso da uno di questi dell'esistenza di una ''ben precisa regia''

Saladino “Querelerò i testi che mi accusano”. Antonio Saladino, uno dei principali indagati nell'ambito dell'inchiesta Why Not, si difende ed annuncia che querelerà, non appena verrà a conoscenza dei loro nomi, i testi che lo accusano. "Con il decreto di perquisizione notificatomi ieri - sostiene Saladino - oltre a contestarmi un'ipotesi di corruzione con violazione della legge che regola il voto elettorale, sono stato reso edotto dell'esistenza di una serie di testimoni i quali, non so a che titolo e su quali basi di conoscenza, si sono dilungati su pretesi miei comportamenti illeciti, mettendo, addirittura, in discussione la mia moralità civile e cattolica. Tutto ciò è veramente vile e meschino. E' evidente che l'attuale stato di secretazione dei nominativi di costoro non mi mette, oggi, nelle condizioni di procedere a querela contro di essi affinché rispondano del delitto di calunnia. Cosa che farò non appena verrò a conoscenza dei nominativi, essendo completamente falso tutto quanto da essi narrato. Sono parimenti curioso di conoscere i loro nominativi in quanto dovrò verificare se fra di essi vi siano anche soggetti che hanno reso dichiarazioni a me favorevoli e ciò in occasione di conversazioni con essi intrattenute nel mentre erano ignari di essere registrati e quindi con assoluta genuinità". "Ovviamente - prosegue - gli assunti proposti all'Autorità Giudiziaria sono frutto di fantasia. Ma tutto ciò non mi sorprende in quanto proprio una delle testi chiavi dell'intera vicenda mi confessò l'esistenza di una ben precisa regia, soggettivamente individuata. Di ciò è stata resa edotta formalmente, il 13 dicembre scorso, la Procura Generale di Catanzaro presso cui è stata depositata la trascrizione ed il file della registrazione di una delle conversazioni intercorse tra me e la teste. Da tale conversazione emergono dei fatti estremamente significativi visto che, sempre a dire della teste:a) sarebbe stata falsificata la data di verbalizzazione della sua dichiarazione testimoniale ( data di assunzione ad ottobre - data di verbalizzazione a gennaio quando la teste si trovava in Sicilia ). Di tale fatto sicuramente sarà stata informata la Procura della Repubblica di Salerno visto che per l'attività di indagine funzionale all'accertamento dell'eventuale reato è competente quella Procura, trattandosi di un magistrato; b) emergono chiaramente i nominativi dell'ideatore e degli adepti della macchinazione contro di me. Costoro, seppur invitati a rendere dichiarazioni nell'ambito dell'attività difensiva, essendosi rifiutati, verranno sentiti dalla Procura; c) tra i nominativi presenti alle riunioni, oltre ad un magistrato oggi in pensione, emerge quello di un soggetto, giornalista, che è stato in epoca passata amministratore presso il Comune di Lamezia Terme". Saladino ricorda inoltre che "gli altri atti in mio possesso disvelano ulteriormente il mendacio delle dichiarazioni rese contro di me. Un'altra teste spiega le ragioni dell'astio della Merante nei miei confronti, così come un altro teste, molto vicino alla Merante, ammette di avere dichiarato il mendacio in quanto terrorizzato e di non avere mai parlato di truffa, benché dai verbali risultasse il contrario. In particolare smentisce la truffa che sarebbe stata ordita con un Generale ed attribuisce ad altro politico la paternità della regia contro di me. Ora aspetto solo di essere interrogato, cosa che, a dire del mio avvocato, avverrà entro breve tempo. Certo è ben strano come questa vicenda giudiziaria nasca dalla segnalazione fatta da un funzionario della Regione alla Procura della Repubblica di Catanzaro, avendo il primo acclarato un'anomalia che aveva comportato l'annullamento, in autotutela, di una gara e, stranamente, l'accusata principale pensa di difendersi ( riuscendo, allo stato, nell'intento ) scaricando su altri responsabilità e attribuendosi credenziali collaborative, di cui un domani dovrà rispondere davanti all'Autorità Giudiziaria, una volta acclarata la falsità dei suoi assunti". "Questa - conclude - è una circostanza che, nonostante gli ammirevoli sforzi del suo difensore ( singolare e significativa presenza quest'ultima, visto che la teste non è assistita dal difensore, né sono contestate condotte in cui la teste è persona offesa, per cui sfugge la necessità di una difesa tecnica ), rimane anomala ed inquietante nello stesso tempo".

De Grano “Contro di me calunnie”. Si sente ancora calunniato il dottor Francesco De Grano, dirigente generale del Dipartimento regionale alle Attivita' Produttive, di cui si parla nel decreto di perquisizione nei confronti del presidente della Regione Agazio Loiero e del presidente della Sacal Eugenio Ripepe nell'ambito dell'inchiesta Why Not. De Grano sostiene di essere tirato in ballo indebitamente e minaccia nuove querele dopo quelle presentate quando il suo nome e' uscito nelle carte dell'inchiesta, e auspica ''che la magistratura accerti la verita' dei fatti in tempi brevi per la dignita' della mia persona, dei miei familiari e del presidente Agazio Loiero, cui rinnovo il mio affetto e la mia vicinanza''. In una nota, il De Grano afferma che ''apprendo dalla lettura di alcuni quotidiani di un mio coinvolgimento in ulteriori vicende giudiziarie, che hanno interessato anche il Presidente Loiero''. ''Ho il dovere - sostiene De Grano - prima come cittadino e poi come dirigente della Regione di censurare tanto il contenuto di quegli articoli, quanto la modalita' con cui vengono rappresentate situazioni irreali, poi trasferite in ambito giudiziario per malanimo di qualcuno che deve aver rappresentato ai magistrati, in modo distorto e per nulla veritiero - anche procedendo a mera invenzione - episodi dei quali non sono a conoscenza''. ''Per quanto contestatomi a giugno scorso - aggiunge De Grano - ho gia' provveduto ad avanzare alla competente autorita' giudiziaria richiesta perche' venisse punito chi ha ritenuto di potermi calunniare e lo faro' anche in questo caso, nel momento in cui conoscero' i fatti che mi vengono, secondo gli organi di stampa, addebitati. Posso sin da subito pero' dire - conclude la nota del dottor De Grano - che la mia nomina quale dirigente della Regione Calabria non e' stata determinata da alcun patto scellerato e tanto meno rispondono a verita' pagamenti per prestazioni professionali mai eseguite''

Loiero “Ne uscirò pulito”. "Sono curioso di capire come sono state articolate le accuse nei miei confronti e mi secca molto il fatto di trovarmi, in prima pagina, in un contesto di illegalità. Ci sono cose dette sul mio conto sideralmente distanti dal mio operare". E' al lavoro il presidente della Regione Calabria Agazio Loiero, continua ad assolvere i propri impegni istituzionali, "perché - spiega - i problemi non attendono, con consentono pause" In una intervista esclusiva all'ANSA, il giorno dopo la raffica di perquisizioni e il suo coinvolgimento nell' inchiesta 'Why Not?', Loiero parla ancora con serenità e conferma i giudizi sugli sviluppi dell' inchiesta. "Non sono abituato ad attaccare i pm. Non l'ho fatto con De Magistris che nei miei riguardi non è stato tenero dopo avermi garantito che in quindici giorni avrebbe chiuso un'inchiesta contro di me e invece l' ha tenuta in piedi per più di un anno, e tenterò di mantenere i nervi saldi anche in questa occasione. Ma è duro, non è per niente facile, anche perché le perquisizioni sono state invasive, per nulla mirate, neppure si trattasse di un bieco e riconosciuto criminale. E' un trattamento che ritenevo di non meritare". Loiero, però, appare più battagliero che mai. "Spero che tutto finisca presto, che quest' inchiesta non venga ancora dilatata nel tempo. Ne uscirò pulito, non ho dubbi". Ora Loiero intende uscire di scena. Sui contenuti dell' avviso di garanzia per corruzione semplice e corruzione elettorale (quest'ultimo reato sarebbe già prescritto), fa sapere il governatore della Calabria, stanno lavorando i suoi avvocati, Marcello Gallo e Nicola Cantafora ai quali si è affidato con fiducia: "Vedranno loro - afferma - quali strumenti giudiziari mettere subito in campo per dimostrare che si tratta di accuse infondate". Una delle cose curiose, per Loiero, è quella di vedersi accusato di corruzione elettorale. "E' curiosa - spiegato - perché ho avuto sempre un comportamento lineare e trasparente. Per affrontare le spese dell'ultima campagna elettorale, insieme agli amici Piero Amato, Gaetano Bruni, Beniamino Donnici, Pietro Fuda e Mario Pirillo, sono stato costretto a chiedere un prestito a una banca, il cui ammontare, gravati dagli interessi, alla fine di settembre 2007 era di 138 mila euro e oggi sarà lievitato a oltre 150 mila. La Banca è la Carime di Catanzaro, il conto è il n. 10363". Sull' inchiesta sono state scritte cose, però, che Loiero definisce insopportabili. "Ho letto da qualche parte che tutto poggia sulle accuse di un tizio, Giuseppe Tursi Prato, un ex politico che non ho mai conosciuto e che si trova in carcere a scontare una condanna per mafia, il quale, apparso nel vecchio filone d'inchiesta del pm De Magistris, ricompare all'improvviso oggi stabilendo un collegamento col secondo troncone condotto dal Pg Alfredo Garbati". Per Loiero quel che Tursi Prato sostiene è "una vera e propria ignominia. Intanto perché afferma di avere assistito a una telefonata tra Antonio Saladino e me, nel corso della quale avrei detto al mio interlocutore di mandare a casa i ragazzi di Why Not per assumerne altrettanti ex novo. Mi domando come potrebbe avere sentito e perché mai avrei dovuto dire una cosa del genere. In secondo luogo, sostiene che mia moglie addirittura! appartenga ai servizi segreti.Ripeto si tratta di due ignominie. Non mi dolgo per la prima che pure, per molti versi, sarebbe processualmente la più grave. Chi fa politica in Calabria al livello in cui la faccio io, può aspettarsi di tutto e io mi sono candidato aspettandomi di tutto. Mi duole moltissimo per la seconda. E' una carognata. Chi conosce mia moglie e sa chi è, sa anche a vantaggio di quale categorie di persone, quelle più deboli e indifese, ogni giorno in silenzio e in disparte si spende. Per colpire me, insomma, si tenta di coinvolgere mia moglie per storie che non stanno né in cielo né in terra. E' un metodo inaccettabile e mi domando, a questo punto, che tipo di testimoni siano stati acquisiti alle indagini"

Corbelli “No a massacro mediatico su Loiero e la Calabria”: Il leader del Movimento diritti civili, Franco Corbelli, in una nota, "denuncia un vero e proprio massacro mediatico posto in essere dalla stampa italiana (tranne pochissime eccezioni) nei confronti del presidente della Regione, Agazio Loiero, e della stessa Calabria". "La regione - prosegue il leader - esce con una immagine letteralmente devastata, con danni incalcolabili e irreparabili, per la persona indagata e per la sua famiglia, a causa di una perquisizione e di un semplice avviso di garanzia al Governatore calabrese. Continua a difendere a spada tratta Loiero.". "Questo inaudito accanimento mediatico - riferisce ancora Corbelli - che cancella e fa a pezzi il garantismo, calpesta letteralmente il principio di presunzione di innocenza degli indagati, cardine di uno Stato di diritto, e le stesse e più elementari regole democratiche. Hanno sbattuto Loiero come un mostro in prima pagina. Per che cosa? Per quali gravi accuse? Per un avviso di garanzia per una ipotesi di reato, tutta da dimostrare, di corruzione elettorale, per un finanziamento ricevuto dal partito (e regolarmente registrato e denunciato) che sosteneva la sua candidatura alla presidenza della Regione Calabria alle elezioni regionali del 2005". "Per questa contestazione - sostiene ancora il leader - è stato trattato come il peggiore dei criminali! Si può criminalizzare e condannare anzitempo una persona perbene, un politico onesto che sta rischiando la propria vita per cambiare questa maledetta regione? Per altre inchieste, con accuse ben più gravi a leader politici nazionali e grandi imprenditori, non c'é stata questa sproposita attenzione e criminalizzazione mediatica. Sembra, in questo caso, invece, di essere ripiombati nell'inferno degli anni bui di tangentopoli, della dittatura mediatico-giudiziaria, quando bastava un avviso di garanzia per distruggere non solo la carriera, ma la reputazione e, in tanti casi purtroppo, la vita stessa di una persona, spesso innocente! E' la fine di ogni regola deontologica, professionale e democratica. "Questa - conclude Corbelli - è solo barbarie informativa che sbatte l'indagato in prima pagina e ignora e censura chi, come Diritti civili, lo difende. Alla magistratura, che rispetto, chiedo di garantire subito il diritto di Loiero e degli altri indagati di dimostrare la loro innocenza. Infatti, non possono essere lasciati nella gogna mediatica, con sofferenza e danni immani e irreparabili per loro, per le loro famiglie, per le Istituzioni e le aziende che rappresentano".

Tra gli accusatori Pino Tursi Prato. Sono almeno dieci le fonti alle quali i magistrati della Procura Generale di Catanzaro hanno attinto per giungere al decreto di perquisizione emesso nell'ambito dell'inchiesta Why Not ed eseguito ieri nei confronti del Presidente della Regione, Agazio Loiero, di un suo collaboratore, Eugenio Ripepe, delle sedi calabresi di Obiettivo Lavoro e della Compagnia delle Opere e di 14 società. Due delle dieci fonti potrebbero essere Caterina Merante, già teste nell'inchiesta Why Not, e l'ex consigliere regionale della Calabria Giuseppe Tursi Prato, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. Caterina Merante era già stata sentita dal sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro, Luigi De Magistris, che aveva avviato l'indagine. Successivamente, dopo l'avocazione dell'inchiesta da parte della Procura Generale, il legale della Merante aveva chiesto alla Procura Generale di svolgere nuove indagini e cercare nuovi riscontri, assicurando in questo senso la "piena collaborazione" della testimone. Pino Tursi Prato, invece, era stato anch'egli sentito dal Pm De Magistris nell'ottobre del 2007. Dopo l'avocazione dell'inchiesta anche Tursi Prato si era reso disponibile a proseguire con la sua collaborazione. L'influenza e l'interesse di Antonio Saladino nelle campagne elettorali sono state descritte nel corso di una deposizione fatta dall'ex consigliere regionale della Calabria Giuseppe Tursi Prato dinanzi al pm, Luigi De Magistris, prima che l'inchiesta Why Not venisse avocata dalla Procura generale di Catanzaro. Saladino, che è uno dei principali indagati dell'inchiesta e che era il leader della compagnia delle opere in Calabria, faceva "pesare molto - racconta Tursi Prato - la sua influenza ed il suo peso durante le campagne elettorali. Il vero scambio di voti sta anche qui, cioé io ti finanzio un progetto, te lo finanzio a condizione che tu mi assumi le persone che dico io, le persone ti dico io mi fanno i voti". Antonio Saladino, uno dei principali indagati nell'inchiesta Why Not, avrebbe seguito, secondo la deposizione fatta dall'ex consigliere regionale Giuseppe Tursi Prato al pm, Luigi De Magistris, il pacchetto dei fondi Por della Calabria direttamente all'Unione Europea. "Saladino - racconta Tursi Prato - seguiva tutta la fase di elaborazione e la fase di trasmigrazione dall'Italia a Strasburgo e l'effettiva, diciamo, riconoscenza di questo progetto. Lui sosteneva che Prodi gli dava molto ascolto e aveva la possibilità di essere aiutato proprio in modo fattivo. Io assistetti ad una telefonata che è stata proprio nel periodo in cui lui, scaduto il termine del commissario alla presidenza, doveva candidarsi".

Fondazione per veicolare soldi. Uno degli indagati nell'inchiesta 'Why Not', Francesco De Grano, dopo le elezioni regionali del 2005 venne nominato dirigente degli affari internazionali della Regione Calabria, e nel corso di una riunione, parlando della costituzione della fondazione 'Need Ricerca srl', spiega ad un suo interlocutore che "questa fondazione ci serve per veicolare fondi". La frase pronunciata da De Grano è riportata nel decreto di perquisizione emesso dalla Procura Generale della Repubblica ed eseguito ieri nei confronti del presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero. De Grano - secondo l'accusa - avrebbe partecipato ad una serie di riunioni nel corso delle quali si "decise quale poteva essere - è scritto nel decreto di perquisizione - lo strumento più utile, meno possibile di controlli, per la distrazione in favore del Saladino dei fondi pubblici". E nel corso di una riunione fu proprio De Grano a "suggerire la costituzione della fondazione".

Consulenze fittizie. E' attraverso una serie di consulenze fittizie che alcune società del leader della compagnia delle Opere della Calabria e principale indagato nell'inchiesta giudiziaria 'Why Not', Antonio Saladino, elargiva finanziamenti alle società che facevano riferimento al gruppo di Francesco De Grano, Pietro Macrì e Sandro Gozi, tutti indagati nell'inchiesta. La vicenda relativa alle consulenze fittizie è riportata nel decreto di perquisizione emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Catanzaro ed eseguito ieri nei confronti del presidente della regione Calabria, Agazio Loiero. In particolari i magistrati che conducono l'inchiesta ritengono che la retribuzione di una consulenza fatta dalla società Need&Partneers, riconducibile a Saladino, alla De Grano e Signorino srl fu un modo per "elargire denaro - è scritto nel decreto - al nucleo Macrì-Gozi-De Grano"

Si cercano prove. Il materiale sequestrato nel corso delle perquisizioni compiute ieri, nell'ambito dell'inchiesta 'Why Not', nelle abitazioni e negli uffici del presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, e di uno dei suoi più stretti collaboratori, Eugenio Ripepe, viene esaminato dai carabinieri e dai magistrati della Procura generale di Catanzaro. Gli inquirenti stanno, in particolare, consultando alcuni documenti ed agende per trovare riscontri al presunto finanziamento di 100 mila euro che alcune societa' avrebbero dato per la campagna elettorale delle regionali del 2005. Saranno valutati anche i computer portati via nelle sedi del consiglio e della giunta regionale. Sul contenuto e sulla quantità del materiale sequestrato gli inquirenti mantengono il massimo riserbo. All'attenzione degli investigatori ci sono poi alcuni documenti contabili che sono stati acquisiti nel corso delle perquisizioni compiute in 14 società, la gran parte delle quali riconducibili a Saladino. In particolare si stanno cercando riscontri all' ipotesi accusatoria di consulenze fittizie fatte dalle società riconducibili a Saladino e che, secondo la Procura Generale, sarebbero servite per elargire fondi ad alcuni degli indagati. Le perquisizioni compiute nelle sedi calabresi di Obiettivo Lavoro sarebbero finalizzate, invece, a trovare elementi circa l'assunzione di persone segnalate da politici a Saladino.

 

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