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Blitz a Milano contro la 'ndrangheta

 

Sgominata a Milano il braccio economico della cosca Ferrazzo di Mesoraca: valige di soldi oltre confine

01/02 Un'associazione di stampo 'ndranghetistico che da Mesoraca (Crotone) aveva allungato le sue spire fino in Svizzera, dove il denaro, frutto di traffici di armi e droga, era ripulito per poi essere investito in Spagna e Sardegna nel settore turistico-immobiliare. Circa 100 milioni di franchi svizzeri (70-80 milioni di euro) il riciclaggio accertato con l'aggravante di aver favorito un' associazione a delinquere di stampo mafioso, ma la cifra potrebbe essere anche di quattro volte superiore. La 'ndrina e' quella dei Ferrazzo, gia' indagata in Calabria e anche a Varese per una serie di omicidi. Il personaggio di spicco e' l'avvocato milanese Giuseppe Melzi, gia' paladino dei piccoli risparmiatori nel processo per il crac Ambrosiano, che vedeva imputato il finanziere Michele Sindona. Melzi e' ritenuto la 'mente economica' del gruppo arrestato su ordine della magistratura milanese e, secondo il gip Guido Salvin., e' presente ''in tutto lo snodarsi della vicenda''. Una presenza ''assolutamente pacifica e anche documentalmente provata'' cosi' come e' provata la sua ''consapevolezza delle finalita' integralmente illecite dei soggetti in favore dei quali, con una serie di operazioni pilotate, aveva messo a disposizione la sua esperienza''. ''Di tali soggetti - scrive il giudice - di inequivocabile stampo criminale, Melzi era divenuto di fatto socio, condividendone le medesime finalita' di lucro''. Un gruppo che faceva girare molto denaro, anche in valigie piene di contanti. L'attivita' di riciclaggio, nella ricostruzione del pm della Dda Mario Venditti, erano realizzate attraverso due ''lavatrici'', ovvero due societa' finanziarie svizzere, la World Financial Services Ag e la Pp Finanz Service Gmbh, ''tra loro collegate e i cui patrimoni erano anzi caratterizzati da una assoluta confusione contabile'', aggiunge Salvini. Societa' che erano state svuotate e fatte fallire nell' ottobre 2003 e che ''si occupavano ufficialmente di raccogliere capitali, direttamente o attraverso intermediari, da una clientela di investitori svizzeri e internazionali per operare soprattutto nel campo delle divise sul mercato Forex''. Millesettecento i risparmiatori svizzeri che hanno perso i loro soldi. All'attivita' ufficiale, ''gestita comunque in forma disinvoltamente fiduciaria senza veri e propri contratti e convogliando le somme su conti unici di gestione'', si affiancava la ''raccolta di masse in contanti di origine a dir poco incerta'', tanto che una testimone, impiegata nella banca d'affari di cui il gruppo aveva preso il controllo per effettuare le operazioni di riciclaggio, racconta che gli uomini della Wfs ''si recano in aereo in Calabria e rientravano con valigie di soldi in contanti che venivano messi nella cassaforte e non venivano contabilizzati nel sistema informatico e che alcuni 'clienti' a tarda ora si presentavano in ufficio con pistole sotto la giacca''. Melzi, da parte sua, per giustificare gli spostamenti di denaro, si accreditava in Svizzera millantando di essere il fiduciario di una ''grossa famiglia italiana il cui patrimonio ammonta a 500 milioni di euro''. Un cliente, a detta del legale, ''di cui non poteva fare il nome'', e comunque ''un player sia economico che politico''. Altro personaggio rilevante e' Alfonso Zoccola, una sorta di 'principe della truffa', condannato per una 'stangata' da 153 milioni di franchi ai danni di Abn Amro e Sbs. I carabinieri del Ros e i loro colleghi della Polizia federale svizzera hanno dovuto consultare migliaia di documenti per riscontrare le dichiarazioni di un ex affiliato alla 'ndrina dei Ferrazzo, arrestato nel 2001 per l'omicidio di Giorgio Perboni, ucciso nel Varesotto.

Arrestato l’avvocato Melzi. Il Ros dei carabinieri, su mandato del Gip di Milano Guido Salvini e richiesta del Pm Mario Venditti, ha arrestato l'avvocato milanese Giuseppe Melzi, ex difensore dei risparmiatori nell'inchiesta sul crac Banco Ambrosiano, e altre otto persone, nell'ambito di una indagine sul riciclaggio e reimpiego di almeno 100 milioni di franchi svizzeri (70-80 milioni di euro), reimpiegati in Italia e in Spagna, e provenienti dal traffico di armi e droga di una associazione di stampo mafioso appartenente alla 'ndrangheta. Per portare a termine le operazioni di riciclaggio, gli arrestati nell'ambito dell'operazione della Dda milanese che ha portato in carcere nove persone, tra cui l'avv. Melzi, avevano anche comprata una banca d'affari le cui quote societarie erano intestate a un pastore calabrese. Le indagini sull'associazione di stampo mafioso sono di competenza della Procura federale svizzera e un contributo determinante alle indagini era stato dato dalla pubblicazione delle irregolarità da parte di un quotidiano di Zurigo. Nella banca avevano investito 1.500 cittadini elvetici che hanno perso tutto, dal momento che le casse dell'istituto di credito erano state svuotate e il denaro aveva preso il volo verso paradisi fiscali.

Gli investigatori: Melzi mente economica. L'ex avvocato dei piccoli azionisti nella vicenda del crac ambrosiano (che vedeva imputato il finanziere Michele Sindona), Giuseppe Melzi, è ritenuta la "mente economica" del gruppo arrestato su ordine della magistratura milanese. Melzi, secondo il gip Guido Salvini, è presente "in tutto lo snodarsi della vicenda". Una presenza "assolutamente pacifica e anche documentalmente provata" così come è provata la sua "consapevolezza delle finalità integralmente illecite dei soggetti in favore dei quali, con una serie di operazioni pilotate, aveva messo a disposizione la sua esperienza". "Di tali soggetti - scrive il giudice -, di inequivocabile stampo criminale, Melzi era divenuto di fatto socio, condividendone le medesime finalità di lucro"

Forgione (Antimafia) “Inchiesta importantissima”. Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione, si complimenta con la magistratura milanese per l'operazione che ha portato in carcere nove persone ritenute legate alla 'ndrangheta. ''Quella conclusa dai carabinieri e dalla magistratura di Milano, in collaborazione con le autorita' svizzere - ha osservato Forgione - e' un'indagine importantissima che non solo ha bloccato un canale di riciclaggio ma che, soprattutto, ha rivelato ancora una volta la forza economica delle cosche della 'ndrangheta''. ''La capacita' di produrre ricchezze dai traffici illeciti e' facilmente immaginabile - ha proseguito -, quello a cui non tutti sembrano credere e' che questi capitali vengono continuamente reimmessi nel circuito economico e lo inquinano in maniera devastante. Questa indagine rivela le connivenze di colletti bianchi apparentemente insospettabili e la raffinatezza delle attivita' messe in campo per schermare la provenienza illecita dei capitali''. Per Forgione, e' ''importante che su questo si sviluppino sempre piu' attivita' d'inchiesta a livello transnazionale, un solo Stato da solo non puo' vincere questa battaglia con l' illegalita'''.

Valigie di soldi in contanti. L'attività di riciclaggio, secondo il Gip Guido Salvini, erano realizzate attraverso due "lavatrici", ovvero due società finanziarie, la World Financial Services Ag e la Pp Finanz Service Gmbh, "tra loro collegate e i cui patrimoni erano anzi caratterizzati da una assoluta confusione contabile". Queste società, si legge nell' ordinanza, "si occupavano ufficialmente di raccogliere capitali, direttamente o attraverso intermediari, da una clientela di investitori svizzeri e internazionali per operare soprattutto nel campo delle divise sul mercato Forex". "A tale attività ufficiale - annota il giudice - gestita comunque in forma disinvoltamente fiduciaria senza veri e propri contratti e convogliando le somme su conti unici di gestione, si affiancava la raccolta di masse in contanti di origine a dir poco incerta, se si pensa che Messerli Ursula, segretaria presso la Wfs, ha testimoniato che Paulangelo (uno degli arrestati, ndr) e altri uomini della Wfs si recano in aereo in Calabria e rientravano con valigie di soldi in contanti che venivano messi nella cassaforte e non venivano contabilizzati nel sistema informatico e che alcuni 'clienti' a tarda ora si presentavano in ufficio con pistole sotto la giacca".

 

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