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Processo Fortugno

 

Processo Fortugno: I mandanti dell’omicidio legati alla cosca Cordì

03 dic 08 Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, presunti mandanti dell'omicidio di Francesco Fortugno, sono legati alla cosca Cordì di Locri. A sostenerlo è stato il pm Marco Colamonici nella requisitoria del processo per l'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria. Colaminici, facendo riferimento alle dichiarazioni del pentito Domenico Novella, ha detto che Alessandro Marcianò, caposala dell'ospedale di Locri, era in rapporti, in particolare, col boss Cosimo Cordì, ucciso a Locri in un agguato nel 1997. Con lo stesso Cordì, inoltre, Marcianò aveva un rapporto di comparaggio. Un rapporto che, secondo quanto ha riferito anche la moglie di Fortugno, Maria Grazia Laganà, era noto anche negli ambienti dell'ospedale di Locri. Giuseppe Marcianò, sempre secondo il pm, era amico inoltre di Salvatore Ritorto. Il legame di Giuseppe Marcianò con i Cordì risalirebbe al 1996, quando, ancora minorenne, fu coinvolto nelle manifestazioni di protesta scoppiate a Locri per la morte di Josefatto Carpentieri, investito da un'auto della scorta del pm Nicola Gratteri. In quell'occasione, ha ricordato Colamonici, i Cordì imposero ai commercianti di chiudere i negozi in segno di lutto. Nel processo per l'omicidio di Fortugno è imputato Vincenzo Cordì, uno dei presunti capi della cosca, ma solo di associazione mafiosa.

Udienza sui presunti mandanti. L'udienza del processo per l'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno, ucciso a Locri il 16 ottobre del 2005 è iniziata con il prosieguo della requisitoria dei pm Mario Andrigo e Marco Colamonici. Quest’ultimo ha iniziato a parlare facendo riferimento al presunto ruolo di Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, accusati di essere stati i mandanti dell'omicidio. Per l'assassinio del vicepresidente del Consiglio regionale, sono imputati, oltre ad Alessandro e Giuseppe Marcianò, Salvatore Ritorto, accusato di essere stato l'esecutore materiale, e Domenico Audino. Di associazione per delinquere di tipo mafioso, nello stesso procedimento, sono accusati Vincenzo Cordì, Antonio e Carmelo Dessì e Alessio Scali.

Fu un messaggio anche a Loiero. Un "messaggio" rivolto anche al presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero. E' la tesi dei rappresentanti della pubblica accusa a proposito dell'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno. Secondo i pubblici ministeri, la cui requisitoria è in corso da due giorni, la matrice dell'assassinio di Fortugno va inquadrata nel contesto degli interessi per la ripartizione delle risorse pubbliche, ed in particolare di quelle destinate al settore della sanità nella Locride ed in tutta la provincia di Reggio Calabria. La pubblica accusa sottolinea anche il particolare interesse delle cosche al settore della sanità. A tale proposito nel fascicolo del processo per l'assassinio di Fortugno è inserita l'intercettazione di un colloquio telefonico, risalente al 1998, in cui Giuseppe Panzera, genero del boss Giuseppe Morabito, fa riferimento specifico all'interesse della cosca per le questioni della sanità. "Vediamo nella Regione - disse Panzera - a chi possiamo appoggiarci per poterci garantire qualcosa".

 

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