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Brogli sul voto all'estero: la DDA indaga

 

La DDA indaga su brogli dei voti all’estero: 200.000 euro e modifiche al 41Bis per 50 mila schede bianche da votare. La DDA indaga

11 apr 08 La Dda di Reggio Calabria sta conducendo un'inchiesta su presunti brogli nel voto degli italiani in America latina che sarebbero stati messi in atto dalla cosca Piromalli di Gioia Tauro. Nell'inchiesta sono coinvolti un uomo d'affari della piana di Gioia Tauro, Aldo Micciché, espatriato in Venezuela, ed un parlamentare in carica siciliano, candidato nelle prossime elezioni di cui non si conosce l'identità, né la coalizione politica d'appartenenza. Il tentativo d'inquinamento del voto avrebbe mirato a condizionare l'esito della consultazione facendo risultare come votate circa 50 mila schede bianche. La notizia, uscita da tempo da indiscrezioni mai confermate, è stata invece confermata quest’oggi dal procuratore della Repubblica facente funzioni, Francesco Scuderi, che non ha inteso, però fornire ulteriori particolari. "Il momento, visto che siamo ad appena due giorni dal voto - ha detto Scuderi - è delicatissimo, anche perché in alcune notizie apparse sui giornali ci sono molti dettagli che avrebbero dovuto rimanere riservati, e sarebbe irresponsabile da parte nostra in questo momento rivelare ulteriori particolari. Dopo il voto - ha aggiunto Scuderi - potremo fornire qualche notizia in più. Al momento non è il caso di dire alcunché". Nei giorni scorsi lo stesso Scuderi ed il pm della Dda Roberto Di Palma, titolare dell'inchiesta, avevano incontrato il ministro dell'Interno Giuliano Amato per informarlo sulle risultanze dell'inchiesta. Il ministro Amato, dopo essere stato informato dell'inchiesta, aveva fatto una dichiarazione in cui aveva detto: "Mi sono arrivate segnalazioni di tentativi di brogli del voto all'estero per cui da parte nostra l'attenzione è massima". L'inchiesta da cui sarebbero emersi i brogli è partita dalle intercettazioni di colloqui tra alcuni esponenti della cosca Piromalli detenuti in cui si faceva riferimento al voto all'estero. Nei dialoghi, in particolare, si parlava di una richiesta d'interessamento da parte della cosca all'andamento e all'esito del voto. Per mettere in atto i brogli sarebbero stati mobilitati alcuni consoli onorari incaricati di verificare che si realizzasse il meccanismo di manipolazione del voto facendo risultare come votate migliaia di schede bianche. Per mettere in atto i brogli il partito del parlamentare siciliano coinvolto nell'inchiesta avrebbe stanziato duecentomila euro destinati a chi avrebbe dovuto controllare la regolarità delle operazioni elettorali. La cosca Piromalli, alla quale sarebbe collegato l'imprenditore Aldo Micciché, ha importanti collegamenti in America Latina, dove gestisce i propri affari illeciti attraverso suoi emissari che risiedono da tempo nel continente sudamericano

In cambio chiesta modifica al 41 bis. La cosca Piromalli di Gioia Tauro che si sarebbe attivata per fare concentrare i voti all'estero su un parlamentare siciliano uscente e ricandidato, attraverso la contraffazione delle schede bianche, avrebbe ricevuto in cambio la promessa della modifica del regime carcerario in 41 bis per gli affiliati detenuti. E' quanto sarebbe emerso dall'inchiesta che sta conducendo la Dda di Reggio Calabria in cui sono indagati il parlamentare che avrebbe organizzato i presunti brogli ed un imprenditore siciliano che ha fatto da mediatore, da tempo residente in Venezuela. Gli investigatori riferiscono anche del notevole spessore politico del parlamentare siciliano uscente coinvolto nell'inchiesta. Il meccanismo messo in piedi dagli ideatori dei presunti brogli avrebbe avuto come pedine fondamentali alcune persone che avrebbero omesso di segnalare le irregolarità concretizzatasi con l'apposizione, sulle schede bianche, del voto sul simbolo del partito del parlamentare uscente coinvolto nella vicenda. Una situazione con la contraffazione di circa 50 mila voti. Nel fascicolo dell'inchiesta sarebbe inserita anche un'intercettazione telefonica tra il parlamentare uscente e l'imprenditore, collegato alla cosca Piromalli. Le schede truccate sono quelle che tecnicamente vengono definite "schede di ritorno", non recapitate cioé all'elettore e da rispedire indietro bianche e chiuse. Alla cosca Piromalli sarebbero stati anche garantiti interventi per "aggiustare" i processi in corso nei confronti di alcuni affiliati. Le intercettazioni dalle quali sono emersi gli accordi per mettere in atto i brogli erano state disposte nell'ambito di un'inchiesta della Dda di Reggio Calabria sugli affari a livello internazionale della cosca Piromalli, che nella 'nndrangheta mantiene ancora un posizione di primo piano. Sono molti gli emigrati in America latina che gestiscono gli affari dei Piromalli, mantenendo un rapporto costante col gruppo criminale d'origine. Secondo quanto riferiscono gli investigatori, i presunti illeciti emersi dall'inchiesta avrebbero potuto avere un peso determinante sull'esito delle elezioni. Proprio l'importanza degli elementi emersi dall'inchiesta ha indotto il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Francesco Scuderi, ed il sostituto, Roberto Di Palma, a segnalare i risultati dell'indagine al ministro dell'Interno, Giuliano Amato.

Indagini su di un commercialista di Palmi. L'inchiesta in corso sui presunti brogli elettorali ha radice più lontane. I magistrati della Dda reggina, Roberto Di Palma segnatamente perché applicato sulla piana di Gioia Tauro, stavano inquisendo un noto commercialista massone originario di Palmi, con studio anche a Milano, in passato finito dentro la maxi inchiesta sulla massoneria dell'allora procuratore di Palmi, Agostino Cordova. Il commercialista sarebbe l'interfaccia legale (solo una delle facce legali, sottolineano gli investigatori) del clan Piromalli con il mondo degli affari. Il Micciché siciliano pare sia, invece, legato al potente uomo politico siciliano ed amico del commercialista che ha uffici sia nella piana di Gioia Tauro che a Milano. Micciché avrebbe richiesto un intervento presso la 'ndrangheta per inquinare il voto degli italiani all'estero residenti in Sud America. Da qui l'iniziativa di Scuderi e Di Palma con il ministro Amato.

Miccichè in Venezuela dopo la condanna. Aldo Micciché, l'imprenditore coinvolto nell'inchiesta della Dda di Reggio Calabria su presunti brogli nel voto degli italiani all'estero, si trova in Venezuela da alcuni anni dopo essersi allontanato dall'Italia perché condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta e millantato credito. Micciché non è siciliano, come si era appreso in un primo tempo, ma di Maropati, un centro della Piana di Gioia Tauro in provincia di Reggio Calabria. In passato ha avuto anche incarichi politici nella ex Dc ed è stato coinvolto in numerose vicende giudiziarie. I suoi presunti rapporti con la cosca Piromalli di Gioia Tauro risalgono al periodo in cui Micciché viveva in Calabria. Tra l'altro negli anni '80 e '90 le sue conoscenze avrebbero consentito ai Piromalli di introdursi anche in ambienti politici per gestire affari legati ad appalti di importanti opere pubbliche. Dopo le condanne definitive e la fuga all'estero, Micciché avrebbe continuato a mantenere i suoi rapporti con la cosca Piromalli. In Venezuela Micciché avrebbe curato, in particolare, gli affari della cosca di Gioia Tauro concentrati in vari settori economici e commerciali. E' proprio indagando sulle attività all'estero della cosca Piromalli che la Polizia, su delega della Dda di Reggio Calabria, ha scoperto i contatti telefonici tra Micciché e l'esponente politico siciliano di primo piano da cui sarebbe emerso il presunto controllo dei voti degli italiani residenti nell'America latina. Un passaggio che ha consentito l'apertura per l'inchiesta di nuovi scenari i cui risvolti sono ancora tutti da approfondire.

Ministro Amato “Quelle schede non verranno perse di vista”.: “Nei giorni scorsi "ho ricevuto una comunicazione da parte della Procura di Reggio Calabria su tentativo di broglio per il voto all'estero". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, nel corso di una conferenza stampa al Viminale. Si tratta, ha spiegato Amato, "di materia coperta dal segreto istruttorio. Dopo aver ricevuto la notizia ho subito attivato il ministero degli Esteri che ha provveduto con particolare attenzione a garantire che quelle schede non vengano mai perse di vista". Sapere, ha aggiunto, "che ci sono persone che scambiano denaro per il voto non è mai una soddisfazione, ma le misure adottate dal ministero degli Esteri possono aver prevenuto il danno". Il voto per corrispondenza, ha poi ricordato il ministro, "é fatto in modo che le buste si accumulino nei consolati prima di essere spedite in Italia. Mi auguro che i consoli se le siano tenute sotto il letto, tenendole d'occhio prima del trasferimento in Italia a Castelnuovo di Porto". In questa sede, ha osservato, "é stato moltiplicato il personale che deve esaminare le schede, i seggi sono stati portati da 760 a 1.200 per agevolare il lavoro degli scrutatori"

 

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