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Allarme alcolismo tra i giovanissimi con l'happy hour

 

Allarme alcolismo tra i giovanissimi: 3 ragazzi su 4, dai 14 ai 17 anni, abituè dell’happy hour

04 ago 08 Allerta "happy hour" tra i giovanissimi, oggi il 7 per cento ne abusa una volta la settimana. Secondo l'Osservatorio nazionale sull'alcol, nei ragazzi tra i 14 e i 17 anni il consumo e' aumentato del 2 per cento rispetto a 10 anni fa. Il gastroenterologo Nicola Caporaso dell'Universita' di Napoli mette in guardia sui pericoli di questa cattiva abitudine. "Danni al fegato dopo due soli bicchieri e pericolo di dipendenza. Non solo - spiega Caporaso - l'abuso costante di alcol, ma anche un abuso saltuario, puo' determinare seri problemi di salute". La diffusione dell'alcol tra i teenager suscita allarme tra gli esperti: nei fine settimana o durante l'"happy hour" spesso si ubriacano senza pensare alle conseguenze. "L'alcol viene utilizzato per migliorare la comunicazione interpersonale - spiega il professore. - Se il bere alcolici e' utilizzato per superare difficolta' relazionali diventa un bere problematico e si ricorrera' all'alcol ogni volta che si avranno difficolta': in pratica e' dipendenza". L'analisi dell'Istiuto superiore di sanita' dice che 3 ragazzi su 4 tra 16 e 25 anni bevono alcolici e se si abbassa l'eta' a 15 anni, un anno in meno del limite di legge per poterli acquistare, i dati non cambiano: beve il 67 per cento. Il problema, oltre che sociale, e' anche medico: negli adolescenti l'alcol viene metabolizzato con maggiore difficolta' e i danni al fegato ed al sistema nervoso sono maggiori che negli adulti. Cosi' si facilita l'insorgenza di malattie del fegato, come la steatosi (o fegato grasso) e la steatoepatite che, nel corso degli anni, possono trasformarsi in cirrosi ed epatocarcinoma. Solo a 18-20 anni si sviluppa maggiore capacita' di metabolizzare l'alcol: percio', come ricorda l'Oms, fino ai 20 anni non bisognerebbe bere piu' di un bicchiere di vino al giorno. "I giovani pero' non si accontentano di vino o birra - sottolinea Caporaso - preferiscono i drink a base di superalcolici, ma devono capire che il loro e' un errore gravissimo che puo' preludere alla dipendenza". "Superare la soglia indicata dall'Oms - chiarisce il professor Caporaso - aumenta la probabilita' di contrarre un danno epatico indipendentemente dalle bevande che si assumono, siano esse vino, birra o superalcolici".

I dati sono preoccupanti: il 7 per cento dei giovani fa abuso di alcol almeno una volta la settimana e il primo approccio alle bevande alcoliche si e' abbassato a 10-11 anni. "E' importante - spiega il professore - anche non sottovalutare altri elementi come lo stile di vita nel suo complesso (abitudini alimentari, attivita' fisica, ecc.) e le modalita' con cui ci si avvicina all'alcol. Bevute, quotidiane - continua - e lontane dai pasti, fumo e malnutrizione sono fattori altrettanto importanti nel determinismo del danno epatico". Studi recenti dimostrano che l'abuso di alcol, sotto ogni forma, crea piu' problemi dell'epatite da virus HCV confermandosi, sia al Nord che al Sud Italia, il principale fattore di rischio per l'insorgenza di malattie epatiche, quali la steatosi alcolica o "fegato grasso", una condizione molto diffusa in Italia, finora ritenuta benigna, ma che gli esperti considerano oggi come l'anticamera di problemi piu' seri. "E' stato accertato - continua Nicola Caporaso - che un consumo superiore agli ottanta grammi al giorno, per dieci anni, aumenta di cinque volte il rischio di cancro del fegato. Un ruolo lo svolgono anche il sesso maschile e l'eta': l'attivita' dell'alcol, deidrogenasi, infatti, risulta significativamente ridotta nelle donne giovani ed in quelle con piu' di sessant'anni. Negli uomini, invece - sottolinea Caporaso - e' del cinquanta per cento in meno nella fascia che va dai sessanta agli ottant'anni". Cosa fare allora? Smettere di bere resta l'arma principale. Lo dicono i dati epidemiologici: la sopravvivenza a cinque anni delle persone affette da cirrosi e' del 90 per cento, ma scende al 70 se il paziente continua ad assumere alcol e, addirittura, al 30 se quello stesso soggetto e' scompensato. Al momento non esistono farmaci che hanno la capacita' di far regredire questa patologia ma sono disponibili sostanze antiossidanti (silibina, estratta dal cardo mariano, vitamina E) che hanno la proprieta' di contrastare l'azione dei radicali liberi che rappresentano i vettori del danno epatico da parte dell'alcol. Queste sostanze potrebbero contribuire all’approccio terapeutico non solo nelle forme legate all'abuso di alcol ma anche al danno da farmaci, da tossici ambientali, ecc.

 

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