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Ad un anno dalla strage di Duisburg, verità ancora lontana

 

Ad un anno dalla strage di Duisburg verità ancora lontana. Gratteri "La strage fu un grave errore". Ma il paese di San Luca vuole cambiare

09 ago 08 Un anno dopo la strage di Duisburg, del ristorante italiano protagonista di quel tragico 15 agosto 2007 è scomparsa ogni traccia, mentre il nome di Giovanni Strangio rimane nella lista delle "persone più ricercate" della polizia criminale tedesca (Bka) e anche la ricompensa non é cambiata: 10 mila euro in cambio di informazioni utili alla sua cattura. Strangio è al secondo posto di quella lista, dopo un criminale bulgaro - un certo Tzimos Belakov - ricercato per spaccio di euro falsi, e la sua è solo una delle due "taglie" offerte, su un totale di 21 super-ricercati. L'altra, per 130 mila euro, è stata messa sulla testa di Aribert Heim, meglio conosciuto come il 'Dottor morte', l'uomo considerato il più pericoloso criminale nazista ancora in vita, accusato di aver torturato e ucciso oltre 300 persone nel campo di sterminio di Mauthausen, dove era stato mandato nel 1941 come volontario. Ma oltre a pubblicare su Internet il profilo di Strangio, le autorità tedesche non sembrano disposte a parlare di lui. Salvo per dire "stiamo sempre cercando Giovanni Strangio in Germania", come ha spiegato all'ANSA un portavoce della polizia di Duisburg. Intanto, la Procura della cittadina nella regione del Nordreno-Vestfalia (Ovest) si limita a dire che si tratta di un caso "delicato". Anche la stessa Bka rimane abbottonata, preferendo parlare "in generale" di "buoni successi", per quel che riguarda la collaborazione tra le forze dell'ordine italiane e quelle tedesche. E nessuno se la sente di commentare né i recenti arresti italiani, come quello di Paolo Nirta - reggente dell'omonima cosca - né le parole dello stesso Strangio al settimanale Panorama. Vista dalla Germania, quindi, la verità su uno dei più efferati crimini che il Paese abbia mai visto, sembra lontana. Come del resto sembra lontano il ricordo del ristorante 'Da Bruno', al pian terreno del 'Silber Palais' - un edificio in vetro, cemento e acciaio a due passi dalla stazione ferroviaria di Duisburg - dove si trovavano le sei vittime fino a pochi minuti prima della strage. Del ristorante 'Da Bruno' è scomparsa ogni traccia. Al suo posto, da fine luglio, c'é il 'Silber Tafel' (tavola d'argento) che offre un menù rigorosamente tedesco. E anche i membri della cosca Pelle-Vottari - nemica storica dei Nirta-Strangio - che fino all'anno scorso vivevano in Germania, sembrano essersi volatilizzati nel nulla.

Un anno fa la strage

09 ago 08 Quattro killer armati di mitra, una valanga di fuoco devastante, sei morti ammazzati per un'azione omicida portata a termine con estrema precisione e lucida professionalità criminale. La strage di Duisburg del Ferragosto dello scorso anno rappresenta l'azione più eclatante portata a termine dalla 'ndrangheta, e per di piu' all'estero, nella logica di annientamento che caratterizza le vendette incrociate tra le cosche Nirta-Srangio, da una parte, e Vottari-Pelle, dall'altra, coinvolte nella faida di San Luca. Scenario della strage il piazzale antistante il ristorante "Da Bruno" nella città tedesca, gestito da Sebastiano Strangio, di 39 anni, che è una delle vittime. Insieme a Strangio vengono uccisi i fratelli Francesco e Mario Pergola, di 20 e 22 anni, che lavoravano nel ristorante; Marco Marmo, di 25, Tommaso Venturi, di 18, e Francesco Giorgi, di 17. Erano tutti legati, secondo l'ipotesi che emerge subito dalle indagini, alla cosca Vottari-Pelle. Pensavano di essere al sicuro, ma la vendetta da parte dei Nirta-Strangio li raggiunge, inesorabile, anche in Germania, colpendoli dove pensavano di non essere individuati. La strage si consuma dopo che Sebastiano Strangio e gli altri componenti del gruppo hanno festeggiato il compleanno di Tommaso Venturi. Il gruppo di fuoco entra in azione nel momento in cui i sei lasciano il ristorante e prendono posto su due veicoli, quattro su una Golf e due su un furgone. Non fanno in tempo a partire, però, perché vengono raggiunti dai colpi di mitraglietta sparati dai killer, giunti sul posto a bordo di due auto. Alcune delle vittime designate cercano scampo scendendo dalle vetture, ma vengono subito bloccate dagli assassini, che sparano poi contro ognuna il colpo di grazia alla nuca. Un'azione fulminea e dagli effetti devastanti. L'ipotesi di un collegamento tra la strage e la faida di San Luca emerge subito. Delle indagini della polizia tedesca e della Squadra mobile di Reggio Calabria risulta, infatti, che una delle vittime della strage, Marco Marmo, arrivato in Germania pochi giorni prima, era sospettato di essere uno degli assassini di Maria Strangio, uccisa a San Luca il giorno di Natale del 2006 in un agguato in cui restò ferito anche il nipote di cinque anni della donna. Obiettivo degli assassini di Maria Strangio sarebbe stato, in realtà, il marito della donna, Giovanni Nirta, considerato uno dei capi della cosca. Gli investigatori, grazie alla collaborazione di una testimone, tracciano l'identikit di uno dei possibili responsabili della strage. E alla fine di agosto identificano uno dei presunti esecutori, Giovanni Strangio, di 28 anni. Strangio, titolare di due pizzerie in Germania, era stato scarcerato pochi mesi prima perché trovato in possesso di una pistola ai funerali di Maria Strangio, di cui era cugino. Era stato lui ad esprimere i maggiori propositi di vendetta per l'agguato contro Giovanni Nirta costato la vita alla moglie di quest'ultimo. E' così che maturano e si concretizzano la logica di annientamento contro i Vottari-Pelle e la strage di Duisburg. Giovanni Strangio, però, riesce a sfuggire all'arresto ed ancora oggi è latitante. Lo cercano dappertutto, in Italia ed all'estero. Molti ritengono che sia in Germania, protetto dai potenti affiliati alla cosca Strangio-Nirta che risiedono in quel Paese. Restano ancora senza nome, inoltre, gli altri responsabili della strage di Duisburg, mentre a San Luca i capi delle cosche hanno imposto ormai da un anno una tregua alla faida per evitare l'eccessiva pressione da parte delle forze dell'ordine.

Gratteri “La strage fu un grosso errore”

09 ago 08 La strage di Duisburg, per le cosche di San Luca, ''é stata un grosso errore". Ad un anno da quell'episodio, il pm della Dda di Reggio Calabria che coordina le indagini sul caso, Nicola Gratteri, fa un'analisi di quanto accaduto e di cosa è cambiato in questi dodici mesi. Che sia stato un errore, afferma Gratteri, lo dimostra il fatto che "subito dopo la strage, l'elite della 'ndrangheta ha imposto la pace''. Un errore provocato dall'odio accumulato in anni di faide tra i Nirta-Strangio da una parte ed i Pelle-Vottari dall'altro. Mai, prima del 2007, la 'ndrangheta aveva colpito cosi' pesantemente e all'estero. "Ma nelle faide - spiega Gratteri - c'é un additivo in più che fa saltare le logiche della 'ndrangheta. Probabilmente se lo scorso anno ci fossero state dieci o quindici persone le avrebbero uccise tutte ugualmente''. Imponendo la pace ai contendenti, le altre cosche speravano di allentare la pressione di magistrati e forze dell'ordine. Ma così non è stato. "Abbiamo fatto una cinquantina di arresti - ricorda Gratteri - sequestri di beni per decine di milioni. Danni, quindi, le cosche di San Luca ne hanno subiti. Ciò, naturalmente, non vuol dire che le altre cosche hanno smesso di fare i loro affari illeciti. La forza della 'ndrangheta e' talmente grande che gli affari, soprattutto quelli relativi al traffico di stupefacenti, continuano". La strage di Duisburg ha anche evidenziato all'opinione pubblica ed ai governi di Stati esteri, ciò che magistrati come Gratteri vanno dicendo da tempo: gli interessi della 'ndrangheta sono multinazionali. ''La 'ndrangheta - conferma il pm - e' ovunque c'é da comprare e da investire, in Europa in America del nord e del sud, in Australia. Paesi dove continuano a fare affari anche in Europa non c'é la cultura del controllo del territorio non ci sono norme tali da contrastare le cosche". "Il sistema giudiziario italiano - spiega Gratteri - è il migliore nel contrasto alle mafie, anche se noi ci lamentiamo che non è adeguato rispetto alla realtà criminale. Nel resto d'Europa, però, si sta peggio. In Germania non c'é il reato di associazione mafiosa e non c'é la possibilità di fare misure di prevenzione personali o patrimoniali o intercettazioni in locali pubblici. Anche dopo la strage di Duisburg le cose non sono cambiate. C'é una buona magistratura, una buona polizia giudiziaria ed hanno buona tecnologia, ma non hanno gli strumenti normativi per potere aggredire la presenza mafiosa". Anche in Italia, comunque, le cose possono essere migliorate, senza però ricorrere ad operazioni di facciata. "La lotta alle mafie - dice Gratteri - non è la caccia alla volpe all'inglese, é uno studio che va fatto sulle dinamiche dei flussi di denaro, della cocaina. Spesso abbiamo visto grandi parate con posti di blocco e quant'altro con relative riprese di tv e giornali. Non é con l'esercito che si risolve il problema. Bisogna investire di più nel reclutamento della polizia giudiziaria, nel pagare meglio chi opera sul territorio. Servono norme adeguate". Ed a questo proposito, Gratteri cita una norma contenuta nel "decreto sicurezza". "E' passata sotto silenzio - dice il pm - ma è una grande cosa: il divieto del patteggiamento in appello per i reati di mafia. Se uno è condannato in primo grado a 24 anni, mediamente, in appello, non scende sotto i 20. Invece, fino ad adesso, con il patteggiamento le condanne scendevano a sei, sette anni. A mio avviso ci sarà anche ad una ripresa delle collaborazioni di giustizia. Finora non conveniva perché si usciva prima con il rito abbreviato e il patteggiamento in appello. Questo è solo un esempio di quello che si può fare con modifiche normative senza dispendio di uomini e mezzi e senza far vedere muscoli". Una risposta, questa, che Gratteri considera fondamentale anche perché, "la gente è stanca della presenza della 'ndrangheta pero' non ha la forza per reagire. Vorrebbe vedere uno Stato più forte, più presente e più efficiente e quindi tale da essere incoraggiata a reagire. Serve più impegno del Governo al contrasto alle mafie e che non si confondesse la sicurezza dello Stato con i lavavetri di Firenze o con i rom".

San Luca vuole cambiare

09 ago 08 Un anno dopo la strage di Duisburg a San Luca si vive in un apparente pace e serenita'. Obiettivo è quello di cambiare e seppellire in modo definitivo la faida che per anni ha segnato con il sangue le famiglie del piccolo centro aspromontano. Nel pieno della calura estiva a San Luca, famoso non solo per la faida di 'ndrangheta ma anche perche' qui nacque il più grande scrittore calabrese, Corrado Alvaro, la vita scorre nella normalità e tra i problemi classici dei piccoli centri montani. Quando si giunge in centro si notano subito un gran numero di persone anziane sedute sulle panchine, c'é poi chi discute di politica ed infine ecco i bambini che giocano e si rincorrono tra loro. I colori ed i profumi del paese sono quelli tipici del piccolo comune meridionale arroccato sulla montagna. L'unico elemento insolito che risalta subito alla vista sono il discreto numero di persone che indossano delle magliette nere, non tanto perché ritenute alla moda ma perché rappresentano un segno di lutto. E questo perché la faida, a San Luca, dove i legami di parentela si intrecciano tra tutti i residenti, non ha risparmiato nessuno. Da alcuni mesi si è insediata una nuova amministrazione comunale guidata dal sindaco Sebastiano Giorgi il quale non esita a chiedere che per il suo paese ci sia più attenzione. "San Luca - dice Giorgi - è fatta di gente laboriosa che guadagna mille euro al mese e lavora quindici ore al giorno. In questa terra non bisogna vedere solo la faida, che noi comunque non abbiamo mai nascosto. A San Luca c'é anche gente che quotidianamente vede come fare per comprare il latte ai propri figli. E' giusto quindi che il nostro comune venga aiutato dalle istituzioni così come avviene dalle altre parti d'Italia". Negli ultimi mesi c'é stato un incisivo impulso in favore di un percorso dedicato alla legalità ed alle attività culturali. Le donne, che dopo la strage sono state protagoniste per riportare la pace in paese, hanno fondato una associazione. L'attore Michele Placido, approfittando dello spazio esistente nella scuola media, ha regalato a San Luca un teatro con 90 posti a sedere. Non solo. Le visite dell'attore nel piccolo centro calabrese stanno diventando sempre più frequenti, la prima proprio in occasione dell'inaugurazione del teatro. Placido ha aperto anche quattro corsi, due di recitazione e due di illuminotecnica e scenografie, destinati ai ragazzi delle scuole elementari e medie. Ed è un successo di partecipazione. Il 'Progetto San Luca', infatti, oltre che sull'aspetto culturale punta anche a fornire un'opportunità di formazione nel lavoro per i ragazzi. "Il paese - aggiunge il sindaco - è vivo, sta camminando, sta crescendo, sta cercando di trovare nei vari finanziamenti delle nuove politiche del lavoro. Stiamo stimolando i giovani verso percorsi di legalità. Però questo non possiamo continuare a farlo non potendo offrire nulla alle nuove generazioni". Nel percorrere le strade si arriva ad una delle strutture più belle del paese. Si tratta dell'asilo delle suore, una struttura che è riuscita a catalizzare l'attenzione di tutti i bambini che vi trascorrono il loro tempo libero partecipando ad attività ricreative. Di questa struttura è orgoglioso il parroco e rettore del santuario della Madonna di Polsi, Don Pino Strangio. "A San Luca - dice don Pino - c'é una vita normale e si vive come negli altri paesi. Tutto quello che è successo è stato una grande negatività che ha fatto maturare la comunità sanluchese. La gente ha voglia di vivere e di andare avanti. Non bisogna dimenticare ma non si deve nemmeno continuare a condannare la nostra comunità". Don Pino conosce bene tutti i suoi parrocchiani ai quali rivolge sempre, anche nei momenti più difficili, parole di speranza. "Da una delle mamme delle vittime di Duisburg - ha aggiunto - abbiamo avuto il dono del perdono. E questo ha trascinato altri cuori ed altre mamme verso la preghiera. La comunità ha saputo venir fuori dal dolore. La vita è ripresa normalmente e questo dimostra che c'é la voglia di vivere nella legalità"

A San Luca domenica un Consiglio comunale aperto sulla legalità

09 ago 08 Un impegno interistituzionale per San Luca finalizzato allo sviluppo ed al ripristino della legalità nel centro della Locride, "marchiato" negativamente dalla faida di 'ndrangheta che ha provocato la strage di Duisburg. E' quanto prevede il "tavolo" costituito nella Prefettura di Reggio Calabria proprio all'indomani dei sei morti ammazzati nella città tedesca il giorno di Ferragosto dello scorso anno. Il progetto in favore della "rinascita" di San Luca sarà l'argomento di un consiglio comunale aperto che avrà luogo domani a Polsi, luogo simbolo della 'ndrangheta per essere stato a lungo teatro dei summit tra i boss nel giorno dedicato alla Festa della Madonna. Alla riunione, presieduta dal sindaco, Sebastiano Giorgi, parteciperanno, tra gli altri, il sottosegretario all'Interno, Nitto Palma, ed il prefetto di Reggio Calabria, Francesco Antonio Musolino. Il "tavolo" costituito in Prefettura si collega al manifesto per la "rinascita civile, legale e culturale" di San Luca approvato dall'Amministrazione comunale nello scorso autunno. All'iniziativa hanno partecipato 31 partner che hanno prodotto una quarantina di iniziative per lo sviluppo complessivo di San Luca. Domani, nel corso della seduta aperta del Consiglio comunale, cui parteciperà anche il vescovo di Locri, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, si farà il punto sul tavolo interistituzionale in favore di San Luca, con l'esame dei progetti che sono stati presentati. Alla riunione parteciperà anche il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti. Il Comune di Reggio, infatti, è uno dei partner del progetto per lo sviluppo di San Luca, dove ha costituito uno "Sportello Europa" per accompagnare le richieste di finanziamento di iniziative imprenditoriali. Il progetto, secondo quanto hanno riferito i suoi promotori, mira ad offrire alla colletività di San Luca prospettive di sviluppo e di recupero sociale, economico e culturale. Una sorta, dicono i suoi promotori, di "rinascita del paese".

La madre dei fratelli uccisi non perdona

09 ago 08 E' una ferita lancinante, che gronda ancora sangue, quella di Maria Carlino, madre dei fratelli Marco e Francesco Pergola, uccisi nella strage di Duisburg. Ad un anno dall'eccidio la donna non esita a ribadire, così come aveva fatto nelle ore successive al delitto, che "non perdono nessuno. Mi hanno tolto due angeli, mi hanno rovinato la vita". Maria Carlino accetta di parlare della sua vicenda ma la sua voce è ripetutamente spezzata dall'emozione e dal pianto. "I miei figli - aggiunge - non erano dei delinquenti. Il perdono deve venire dal cuore e al momento proprio non me la sento. E' inutile dire di sì e poi pensare alla vendetta. Io non perdono gli autori della strage ma neanche coloro che l'hanno pensata ed organizzata. E comunque non è a me che devono venire a chiedere perdono ma devono rivolgersi alla provvidenza divina". La donna tiene a ribadire con forza che "noi non siamo una famiglia malavitosa, ci siamo sempre guadagnati da vivere con il sudore della fronte. Noi non siamo legati a nessuna delle famiglie di San Luca, sappiamo i nomi ma fisicamente non li conosciamo. I miei figli hanno avuto solo la sfortuna di andare a lavorare in quel locale". I genitori dei due fratelli uccisi nella strage di Duisburg vivono a Siderno, uno dei centri del reggino sulla costa jonica. Il padre dei ragazzi, Giovanni Pergola, è un ex agente della polizia di Stato attualmente in pensione. Maria Carlino, invece é impiegata in un esercizio commerciale. L'anno scorso, in occasione dei funerali dei due fratelli, i cittadini di Siderno si mobilitarono per far sentire la loro vicinanza alla famiglia Pergola. "Prima - prosegue Maria Carlino - avevo un odio verso San Luca indescrivibile, poi però ho ragionato e riflettuto e mi sono resa conto che non tutte le persone che abitano in quel paese sono dei delinquenti. Ed ora l'odio verso quella comunità, verso quella terrà, è scemato. Ma chi ha organizzato la strage e chi l'ha fatta materialmente da me non potrà mai avere nessuna forma di perdono". La vita della famiglia Pergola è stata segnata in modo irreversibile dalla strage. "Dopo ferragosto dell'anno scorso - racconta - la mia vita è diventata un inferno. Per me tutti giorno sono come il quindici agosto alle ore 12,30, quando ho sentito la notizia ai telegiornali". Maria Carlino ricorda poi gli attimi vissuti quando seppe che i suoi due figli erano stati uccisi. "Ricordo ancora - conclude - quei momenti. Guardavo le immagini in televisione e riconobbi il ristorante dove lavoravano i miei figli e subito chiamai la polizia per sapere cosa era accaduto. Poi ho ricevuto la tragica notizia e da allora la mia vita ha subito un cambiamento radicale. E' come se qualcuno mi avesse strappato il cuore".

 

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