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    Maniamuni: quando 80 cosentini invadono Roma

     

     

    Maniamuni: quando 80 cosentini invadono Roma

    09 mar 13 Quando una comunità si guarda allo specchio e si vuole bene: questo è quello che ho capito ieri sera. In un Teatro romano situato appena dietro Piazza Re di Roma, come dire quasi al centro, della più grande città della civiltà mediterranea, che ha ospitato-metabolizzato tutti i popoli che l'hanno cercata, nella città eterna è andata in scena la comunità cosentina. La grande sala del Teatro Orione gremita, suonava delle voci quotidiane di Cosenza e guardava il palcoscenico ingombro di 80 sedie su cui sedevano quieti in attesa altrettanti ospiti, attori un po' speciali che sudavano sotto le luci e sventolavano i fogli del loro copione per rinfrescarsi. Al centro c'era Sergio Crocco, o meglio "Canaletta", autore del testo teatrale intitolato Maniamuni, che solo se pronunciato, da un cosentino, svela il suo significato, ad altri cosentini ovviamente. Maniamuni (traduzione: sbrighiamoci) è il titolo di una raccolta di appunti, schizzi, frammenti obbligati della vita di un cosentino doc, che può chiamarsi solo Pilerio Pietramala. Dal concepimento al funerale di Pilerio, seguiamo i costumi della cosentinità cristallizzati nei modi di dire e nel lessico popolare ereditato da quello che una volta era il dialetto e ora un linguaggio in codice in cui si riconosce una comunità. Quella stessa comunità rappresentata direttamente da ogni una di quelle 80 persone sedute sul palcoscenico, davanti a un pubblico di cosentini a Roma. Come allo specchio. Gli attori sono persone 'normali' che di solito non stanno su un palcoscenico, chiamate a rappresentare quello che conoscono già, aiutandosi con i fogli che riportano le parole raccolte dalla strada nel testo di Crocco. Non c'è satira, non c'è politica, non c'è niente di niente se non riconoscersi in quello che la mia generazione, impegnata politicamente, chiamava qualunquismo e che oggi è quasi una ricercatezza, in questo rumore assordante di non-sense ideologico. Io, cosentina d'adozione, rifugiata a Roma da 30 anni, mi sono lasciata abbracciare dalla comunità che ho lasciato tanti ani fa e che riaffiora automaticamente portandosi grumi di passato, immutabile, ho pensato. Sicuramente Cosenza di oggi non è più quella, in un mondo globalizzato dove anche le partite di calcio sono decise a Singapore e le malattie arrivano da chissà dove nei cibi distribuiti dal supermercato con il nome pronunciato alla cosentina, con abbondanza di zeta dolci. Ma chi se ne frega se gli occhi mi si riempiono di lacrime per il tanto ridere; e mi lascio riscaldare dall'atmosfera di provincia buona, dove gli handicappati sono veramente diversamente abili, e recitano perfettamente, tenuti per mano dai 'normali' per non perdere l'equilibrio, o aiutandosi con l'autoironia: sei handicappato perchè non ti funziona il microfono – dice lo splendido attore sulla sedia a rotelle, rivolto al suo vicino, attore sull'altra sedia a rotelle con il microfono difettoso, prima di partire con la irresistibile scarica finale di bozzetti sul tema “cosentino è”. Ringrazio Pasquale Anselmo, cosentino, amico, attore e doppiatore famoso (ndr: oltre ad essere la voce italiana di Nicolas Cage, fa parlare i Soprano, e tantissime voci del panorama televisivo del digitale terrestrea da Real Time a Dmax, oltre a tantissimi altri personaggi), seduto per più di due ore su quel palcoscenico tra gli altri 80, che mi ha inviato un sms con l'invito ad una manifestazione a cui non sarei andata. Un po' di tempo sospeso che fa bene al cuore. Vogliamoci bene, perchè siamo cosentini, perchè non lo siamo, perchè dovunque siamo è dolce tenersi per mano.
    (Luciangela Gatto)

    PS: L'incasso dello spetatcolo spettacolo è stato devoluto alla Onlus "Le terre di Piero" un progetto finalizzato ad aprire pozzi d'acqua in Africa. Dedicato a Piero Romeo, ultrà del Cosenza scomparso prematuramete

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