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    Rapporto Confindustria Cosenza su economia calabrese: dati devastanti

     

    da sin: Branda, Arena, Mazzuca, Panucci e Nisticò

     

    Rapporto Confindustria Cosenza su economia calabrese: dati devastanti, solo il 38% lavora

    04 lug 13 Lavorare su due linee di intervento: una che guardi a misure immediate in grado di immettere liquidità sul mercato, facendo ripartire la domanda interna e restituendo fiducia a cittadini ed imprenditori, l’altra che si concentri su misure di natura strutturale. E’ quanto chiedono gli Industriali cosentini, presenti numerosi alla presentazione dello studio "La Calabria nella crisi italiana: una regione in affanno", il Rapporto sull’economia calabrese che ogni anno Confindustria Cosenza realizza con i dati economici aggiornati al primo trimestre dell’anno in corso. Introdotti e moderati dal Direttore di Confindustria Rosario Branda, che attraverso le immagini delle copertine degli ultimi cinque studi ha proposto una riflessione sulla nascita e sulla consistenza della crisi, i lavori hanno registrato gli interventi del Presidente di Confindustria Cosenza Natale Mazzuca, della Docente di Politica Economica dell'Università della Calabria Rosanna Nisticò, dell’assessore alle attività produttive della Regione Calabria Demetrio Arena e sono stati conclusi dal Direttore Generale di Confindustria Marcella Panucci. Il numero uno degli Industriali cosentini Natale Mazzuca, dinanzi ad un parterre d’eccezione ed ai colleghi Presidenti del sistema confindustriale calabrese (Giuseppe Speziali, Francesco Cava, Cuzzocrea, Giuseppe Gentile, Daniele Rossi, Michele Lucente, Aldo Ferrara e Mario Romano), ha rimarcato «la necessità di dare un segnale di discontinuità per il bene di tutti, iniziando dal pagamento dei debiti pregressi alle imprese (in grado di generare un gettito fiscale che per alcuni economisti risulterebbe maggiore di quanto apporterebbe il previsto aumento dell’Iva di un punto), all’abbassamento del costo del lavoro, dalle misure urgenti in favore dell’occupazione alla realizzazione di piccole opere per la manutenzione del territorio in grado di far aprire tanti cantieri, generare occupazione nella filiera dell’edilizia ed a cascata sull’intera economia territoriale. In questa direzione va il fondo sbocca–cantieri, il piano dei “6mila campanili” con cui il Governo punta a sbloccare interventi già maturi, dotati di tutti i pareri ed autorizzazioni. Quest’opportunità è riservata ai comuni italiani con meno di 5mila abitanti, che con queste risorse potranno avviare interventi di riqualificazione urbana o messa in sicurezza del territorio». Per quanto concerne le misure regionali, il Presidente di Confindustria Cosenza ha fatto particolare riferimento agli interventi a cui sta lavorando la Regione Calabria, di 80/90 milioni di euro, non ancora partiti, che si riferiscono ai contributi alle PMI giovanili e femminili, al bando start-up imprese innovative, al bando per gli spin-off, al fondo di Garanzia Diretta. «L’imperativo è fare presto – ha sottolineato Mazzuca - l’effetto moltiplicatore che si potrebbe mettere in moto è fin troppo facilmente intuibile». Per Rosanna Nisticò, curatrice del Rapporto e Docente dell'Università della Calabria «il rallentamento dell’attività produttiva, le politiche fiscali restrittive ed il calo dell’occupazione hanno in Calabria effetti più severi di quelli nazionali, si sono ridotti i consumi e gli investimenti e vi è l’incapacità di catturare la domanda estera. Le giovani generazioni subiscono di più i contraccolpi severi della crisi: solo l’occupazione per i giovani laureati tiene. Bisogna accompagnare la crescita – ha concluso Rosanna Nisticò - a un’idea di progresso in cui il benessere economico si associ a livelli essenziali di qualità della vita». «L'economia calabrese – ha commentato il Direttore Generale di Confindustria Marcella Panucci - è la riproduzione in scala di quella nazionale. E' questo che emerge dal Rapporto presentato oggi da Confindustria Cosenza: l’attività produttiva rallenta, la pressione fiscale si impenna, la domanda interna continua a scendere, il credito diventa meno accessibile e più caro, l'occupazione crolla, tanto da registrare 31 mila occupati in meno rispetto allo scorso anno. I problemi che gravano sul tessuto produttivo italiano e su quello calabrese registrano una sostanziale convergenza, con l'aggravante che la Calabria, con una scarsa presenza sui mercati internazionali, non beneficia dell'effetto traino dell'export, l'unica nota positiva in uno scenario difficile». Il Centro Studi Confindustria la scorsa settimana ha stimato che probabilmente quest'anno la crisi ha toccato il picco e si cominciano ad intravedere alcuni timidi segnali di ripresa che dovrebbero consolidarsi verso la fine dell'anno. «Tuttavia – ha aggiunto il Direttore Generale di Confindustria Panucci - una crescita di qualche decimale non risolleverà una base produttiva che è stata minata nel profondo. Dobbiamo crescere ad un ritmo del 2/3% l'anno, quindi occorre rilanciare gli investimenti, immettere liquidità nell'economia, sostenere l'accesso al credito, tagliare il costo del lavoro e quello dell'energia, riformare il fisco e semplificare l'apparato burocratico per puntare ad una PA che sostenga imprese e cittadini. Confindustria – ha concluso il Direttore Generale Marcella Panucci - non smetterà di incalzare Governo e Parlamento ad agire su queste leve perché il nostro sistema produttivo torni ad essere competitivo». L’Assessore alle Attività Produttive della Regione Calabria Demetrio Arena ha dichiarato che il grande problema della Calabria è la disoccupazione che si pone «sia come problema sociale che come problema economico. Per questo, il primo obiettivo è quello di congiungere le risorse al fine di creare buone politiche per il lavoro. Ed oggi ci confronteremo con Confindustria per sostenere lo sviluppo economico che a sua volta genera lavoro». Per ciò che concerne il problema della burocrazia regionale e nazionale, l’Assessore ha dichiarato che «la Regione ha investito 4 milioni di euro per una piattaforma informatica, già partita, che serve proprio a snellire la burocrazia. L’obiettivo è di fornire alle aziende un unico interlocutore pubblico. Questa piattaforma è stata resa necessaria dal fatto che molte aziende calabresi vanno via dall’Italia, non solo per l’eccessivo carico fiscale, ma anche per l’eccessiva burocrazia». Dall’assise di Confindustria Cosenza emerge, quindi, un quadro desolante e rigoroso delle difficoltà in atto ed al contempo la volontà di voler incidere nei processi e rompere con gli schemi del passato, puntando al futuro con pochi e condivisi obiettivi e con la consapevolezza che occorra fare in fretta e che sia necessario concentrarsi alcuni temi, che abbiano come comune denominatore l’innovazione e l’istruzione, aspetti che favoriscono lo sviluppo economico accrescendo la competitività e la possibilità di catturare la domanda estera, ridurre l’affanno della crisi economica. E’ scritto chiaramente nella prefazione al Rapporto del Direttore di Confindustria Cosenza Rosario Branda, “l’analisi dei dati congiunturali indica una direzione pressoché obbligata: puntare sul circolo virtuoso costituito da lavoro, welfare, istruzione, innovazione, competitività. In maniera coerente, equilibrata, armonica”.

    Sintesi dei dati
    I dati presentati nel corso del convegno sono devastanti: la drammatica “mortificazione civile” della disoccupazione (così la definisce Sylos Labini) mostra, in generale nel Paese e con particolare intensità in Calabria, incrementi da capogiro: tra il 2011 ed il 2012 le persone in cerca di occupazione sono aumentate del 61%, passando da 84 mila a 135 mila. La differenza rispetto all’Italia nel tasso di crescita della disoccupazione è stato di 30 punti percentuali. Nei primi tre mesi del 2013, inoltre, il livello della disoccupazione in Calabria raggiunge le 168 mila unità, 33 mila in più rispetto alla media dell’anno precedente e 35 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2013 (+27%). Attualmente in Calabria solo 38 persone ogni 100 in età lavorativa ha un’occupazione, mentre ve ne sono 64 ogni 100 al Nord, e solo un giovane calabrese su quattro ha un’occupazione, mentre al Nord è un giovane su due. Diminuisce l’occupazione industriale, sia nella componente delle costruzioni che nella manifattura. Il settore delle costruzioni ha avuto nel 2012 una perdita di 5 mila posti di lavoro (-9,6%) rispetto all’anno precedente, ma si aggrava nei primi 3 mesi del 2013 registrando una diminuzione di 12 mila unità lavorative (circa un quarto di quelle complessive). Non va molto meglio alla manifattura che nel 2012 registra un aumento di 3 mila unità (+8,4%), ma ad inizio 2013 segna un netto -14,6% di occupazione (7 mila lavoratori in meno rispetto allo stesso periodo del 2012). La perdita di occupati nel settore manifatturiero è l’aspetto più preoccupante delle tendenze settoriali, perché indebolisce ulteriormente un settore strutturalmente gracile nella nostra regione con una dinamica negativa che si perpetua dal 2008 (-2 mila unità, pari a -2,9%). L’andamento occupazionale in agricoltura è rovesciato rispetto a quello della trasformazione industriale: il 2012 si conclude segnando una perdita di posti di lavoro pari a 4 mila addetti in meno rispetto al 2011 (-5,6%), mentre nei primi tre mesi del 2013, probabilmente in ragione della stagionalità dei lavori in agricoltura. L’occupazione nel terziario è in diminuzione sia nel breve che nel medio periodo. Il settore nel complesso subisce una contrazione di 17 mila posti di lavoro negli ultimi quattro anni (-4%), di cui 7 mila solo tra il 2011 e il 2012 (-1,6%). L’inizio del nuovo anno segna un ulteriore calo di 14 mila addetti (-3,5%) tra il primo trimestre 2012 e lo stesso periodo del 2013.

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