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    Danio Manfredini emoziona al Morelli col suo "Tre studi per una crocefissione"

     

     

    Danio Manfredini emoziona al Morelli col suo "Tre studi per una crocefissione"

    14 apr 12 Intensità e drammaturgia, pathos e lirismo, incarnate nella desolazione del contemporaneo. Sono le componenti di “Tre studi per una crocifissione”, che Danio Manfredini ha portato in scena al Teatro Morelli di Cosenza per la rassegna “More Fridays”. Il lavoro teatrale prende il titolo da un’opera pittorica di Francis Bacon, un trittico con tre figure che evocano la condizione drammatica di personaggi appartenenti al mondo contemporaneo. Da questo soggetto, Manfredini ha tratto lo spunto per dar vita a tre uomini di oggi, marginali e distanti dalla cosiddetta “normalità” del reale, seppur presenti in esso, e come tali, desiderosi di farne parte, nonostante l’apparenza induca a pensare il contrario. Ognuno dei protagonisti intrattiene il pubblico in un monologo intenso e fortemente evocativo, tra rantoli di disperazione e ansie di riscatto, a voler evidenziare la voglia di vita che lo caratterizza, come un povero cristo capace nell'ultimo attimo della propria esistenza di generare finalmente "una goccia di splendore". Si parte da un paziente ricoverato per problemi mentali in una casa di cura, che racconta la propria esistenza divagando in visioni senza senso, alle quali alterna citazioni colte e momenti di autentica disperazione. Fin dall’inizio, lo spettatore resta colpito dalla postura e dalla gestualità di Manfredini, che incarna alla perfezione il personaggio mostrandolo nella sua debolezza fisica e psichica. Il secondo quadro, ispirato a un personaggio di “Un anno con tredici lune” di Rainer Werner Fassbinder, porta invece alla ribalta un transessuale non più giovane, che prova a fare un bilancio della propria disperata esistenza, mostrandosi nella intimità di un dolore tragico al quale non pare poter subentrare alcuna catarsi. Il desiderio di farla finita sembra prevalere sulla voglia di vivere, e nel grido disperato che si innalza a Dio è forte la richiesta di aiuto per un futuro finalmente sereno. Infine, la terza caratterizzazione ha come protagonista un immigrato di origine araba, ed è tratta dal monologo di Bernard-Marie Koltès “La notte poco prima della foresta”: l’extracomunitario, stanco e sfinito dopo una vita errante, richiama l’attenzione dello spettatore sulla voglia che ha di normalità. La sua rabbia – caratterizzata inizialmente sulla scena dalla sua danza sul palcoscenico sulle note di Bach - è la rabbia di chi vorrebbe vivere un’esistenza finalmente “normale”, ma non può farlo per l’assurdità del presente, per preconcetti e stereotipi che bloccano ogni integrazione e sembrano vietare ogni sorpresa positiva, sotto un cielo grigio e una pioggia sporca che bagnano la città e la sua perenne solitudine. Ma lo spirito ribelle del protagonista non si lascia certo circoscrivere dalle convenzioni, tanto da permettergli di dare sfogo alla sua rabbia in una danza liberatoria e – ora sì – catartica, sulle note di “Song for Europe” dei Roxy Music. E poco importa che la canzone reciti:
    These cities may change, but there always remains my obsession. Through silken waters, my gondola glides. And the bridge, it sighs.
    La sensazione che si ha, tributando il doveroso applauso finale a Manfredini, è che l’immigrato, proprio grazie alla sua fortissima tenacia, riuscirà finalmente a trovare la via del suo riscatto. “Tre studi per una crocifissione”, nel repertorio di Manfredini dal 1992, sia pure in versioni differenti, è lirismo appassionato e militante, che mostra come il teatro possa realmente rappresentare, con toni da elegia che si incarnano su una scena poverissima, la crisi dell’uomo contemporaneo, nelle sue declinazioni ai margini, lontane dalle luci dei riflettori televisivi e fuori da ogni indagine di mercato, ma vivi e desiderosi più che mai di testimoniare la propria esistenza, ora con la voce flebile del malato di mente, ora con il grido disperato del transessuale, ora con la danza rabbiosa dell’extracomunitario. Emozioni di notevole intensità, quelle vissute venerdì sera al “Morelli”, che confermano la grandezza di un attore come Manfredini, già vincitore di due premi Ubu nel 1989 e 1999, e tra i migliori esponenti del teatro contemporaneo, e ancora una volta fanno plaudire alla scelta dei curatori della rassegna “More Fridays”, per aver portato a Cosenza esperienze teatrali tra le migliori in circolazione nel panorama nazionale. (Luigi Caputo)

     

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