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    Cosenza si prepara alla marcia della pace. Il Vescovo scrive una lettera ai politici

     

     

    Cosenza si prepara alla marcia della pace. Il Vescovo scrive una lettera ai politici

    14 gen 12 Questa sera a Cosenza, da piazza XI settembre, alle 19 muoverà l'annuale marcia della Pace presieduta dall'Arcivescovo di Cosenza-Bisignano, monsignor Salvatore Nunnari. Moltissime autorità, realtà associative ecclesiali e laiche, hanno già assicurato la loro presenza. Sarà una occasione di riflessione e preghiera per il "dono" della Pace e per una meditazione sul Messaggio che Papa Benedetto XVI ha consegnato all'inizio dell'anno sulla tematica. A chiusura della serata l'Arcivescovo, come annunciato a dicembre, consegnerà una lettera ai politici "La politica: un servizio all'uomo" nella quale il presule esorta a quanti sono impegnati nella cosa pubblica ad un servizio di alta qualità che nelle attuali congiunture sociali ed economiche chiede una "svolta" culturale nella quale essi stessi sappiano dare da una parte spazio alle giovani generazioni, dall'altra essere modelli di vita.

    SINTESI DELLA LETTERA A CURA DELL'UFFICIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI

    La lettera è indirizzata a tutti i politici, credenti e non credenti, "accomunati da comuni valori ed obiettivi" ed il presule evidenzia quanto sia facile cadere nella tentazione dell'antipolitica mentre si consuma "un teatrino fatto di lotte, fazioni, guerra tra posizioni" che ha il sapore più di "gestione di potere" che di slancio, sogno, progettualità e servizio. Il Vescovo Nunnari contestualizza il suo scritto "in un momento in cui il Paese rischia di smarrire la bussola nella tempesta della crisi economica che ci sta attraversando". Senza "bacchettare nessuno" viene richiamato il senso di "servizio" che ciascuno, prestato alla politica, deve assolvere con responsabilità e senza "sbarrare il campo all'entrata delle nuove generazioni" con atteggiamento che il pastore cosentino definisce senza mezzi termini "da feudatari e non da uomini delle istituzioni". C'è la coscienza della fatica che fa la politica nel contesto storico attuale, soprattutto in quello calabrese. "La vita politica è costellata da continue scelte che mettono di fronte a veri e propri dilemmi" ma il politico deve tendere sempre verso l'alto, verso la perfezione, perché chi compie questo servizio, definito da Paolo VI alta forma di carità, "è inchiodato alla responsabilità e ai doveri verso la comunità". Molto ricchi i passaggi ed i richiami ad alcuni modelli che hanno contribuito alla storia della politica italiana dove "i cattolici possono e devono dare ancora il loro contributo". "I cristiani con sollecitudine – si legge - devono entrare in questo campo d'azione, sforzandosi di raggiungere una coerenza tra le loro opzioni e l'evangelo e di dare, pur in mezzo ad un legittimo pluralismo, una testimonianza personale e collettiva della serietà della loro fede mediante un servizio efficiente e disinteressato agli uomini". La metafora delle finestre spalancate ai giovani definiti "presente della politica italiana" è coniugata con l'arte di far politica e con il bisogno di "esempi alti" da parte di chi ricopre cariche pubbliche. "L'esistenza del politico – aggiunge senza mezzi termini monsignor Nunnari – dovrebbe essere cristallina sempre e non sdoppiata tra moralità pubblica e privata". Una grande esortazione agli uomini della politica per una nuova "credibilità" riscoprendo quanto sia importante un servizio "di costruzione della società" che di questi tempi "è stato assunto dalle leggi dell'economia" capace di condizionare la vita degli Stati, dei parlamenti, dei governi. Sul mezzogiorno la missione della politica, a parere del presule, è parzialmente fallita. "Mille promesse, mille tradimenti" scrive nel capitolo dedicato a questo "faticoso rapporto" dove la politica a volte è stata incastrata nelle maglie della malavita "perpetrando danni nei confronti della gente del Sud". Quando non c'è stato il dolo c'è stata la mancanza di strategia, quando c'è stata la connivenza con la criminalità è nato "il cancro che ha ammalato la nostra terra". L'elenco di sprechi, violenze al territorio calabrese, corruzioni, traffici illegali ed appalti, grandi carrozzoni storici, disoccupazione non risolta, "hanno posto le basi per una società bloccata dal clientelismo e dall'assistenzialismo. Questo sistema ha spento la libera iniziativa e ucciso la speranza trasformando i giovani in mendicanti di futuro". Allora alcune piste, alcune proposte per un Sud che deve ripartire anche con una nuova classe politica che passa da "un nuovo modo di pensare, una rivoluzione culturale, un sano federalismo basato sul principio della sussidiarietà". Monsignor Nunnari non dà ricette, indica percorsi che abbiano come protagonisti "uomini innamorati del Sud, persone che vivano la politica con passione e abnegazione"; solo così si potranno respingere le ondate dell'antipolitica. Ai cittadini l'invito a non "dare la delega in bianco" ma vivere l'impegno in prima persona, alle comunità ecclesiali il compito di educare e di "curare assiduamente l'educazione civica e politica per creare anche una nuova generazione di laici cristiani impegnati capaci di cercate competenze e rigore morale". I cristiani in politica, anche nella varietà dell'appartenenza "faranno la differenza" e contribuiranno alla crescita del Paese se la politica è intesa come servizio a tutti e non ad un ristretto circolo di privilegiati.

    Il testo della lettera

    "Se dunque è naturale per l'uomo vivere in società, è necessario che fra gli uomini ci sia un qualcosa che governi il popolo. Infatti, quando gli uomini sono in molti, se ognuno provvedesse soltanto a ciò che gli serve, il popolo si frantumerebbe nei suoi componenti qualora non ci fosse qualcuno che si occupasse anche del bene comune; così come il corpo dell'uomo e di qualunque altro animale si dissolverebbe, se nel corpo non ci fosse una facoltà coordinatrice generale rivolta al bene di tutte le membra... E' dunque necessario che, oltre a ciò che spinge al bene di ciascuno, ci sia qualcosa che si occupi del bene comune". (S. Tommaso d'Aquino, De Regno)

    Cari politici,
    Agli uomini politici di ogni schieramento, credenti e non credenti
    dopo aver scritto ai giovani, agli anziani e aver par- lato della rinascita delle nostre comunità, ho deciso di indirizzarvi una lettera con lo scopo di proporre alla vostra riflessione alcuni punti che, mi sembra, vadano riscoperti o, per lo meno, approfonditi e che riguarda- no le ragioni stesse dell'impegno politico.
    Lo faccio in un momento difficile per il Paese, in cui si corre il rischio di smarrire la bussola nella tem- pesta della crisi economica che ci sta attraversando.
    Da una parte la crisi, dall'altra l'antipolitica.
    Le cose da fare sono davvero tante per ritrovare la strada.
    Noi vogliamo partire dalla riscoperta delle motiva- zioni profonde, che guidano chi si candida a guidare la cosa pubblica e si occupa dell'amministrazione dei nostri Comuni, siede nei Consigli provinciali, regiona- li, in Parlamento e fa parte di giunte.
    Perché "riscoprire" le motivazioni profonde? Perché ritengo che oggi il mondo della politica come quello dell'economia fatichi a stare con i piedi per terra e a parlare a tutti; spesso il suo linguaggio è incomprensibile, è per soli addetti ai lavori e tutto quello che dovrebbe riguardare la vita di ogni cittadi- no è percepito fuori dai palazzi della politica come tea- trino, lotta di fazioni, guerra tra posizioni. Insomma, mera gestione del potere e non slancio, sogno, proget- tualità, immaginazione, capacità di anticipare i tempi, carità, amore per la propria terra e la propria gente, ser- vizio.
    Si, proprio "servizio"; una parola che ascolto, di cui forse si abusa senza comprenderne realmente il signi- ficato, le sue implicazioni e il suo costo per le nostre vite.
    "Servizio" è soprattutto saper soccorrere, consolare, essere punto di riferimento, rinunciare a sé per il bene delle istituzioni, che sono la casa di ciascuno e non di piccoli gruppi.
    "Servire" vuol dire sentire sulle proprie spalle la responsabilità di dover governare, prendere decisioni secondo l'"universale" e non il "particolare"; signifi- ca soprattutto educare alla sana politica, essere d'esempio per i giovani, che devono essere messi in condizione di diventare padroni del proprio futuro. Chi sbarra il campo all'entrata delle nuove genera- zioni in politica si comporta da feudatario e non da uomo delle istituzioni.
    Ho deciso quindi di indirizzarvi alcuni spunti di riflessione perché come Pastore della Chiesa di Cosenza-Bisignano, che vive e si sforza di compren- dere la realtà quotidiana, consapevole della ricchezza che i cattolici possono e devono riversare nel mondo che abitano, sono convinto oggi più che mai che, come ha affermato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo Messaggio di fine anno, "non c'è futuro per l'Italia senza rigenerazione della politica e della fiducia nella politica". E questo vale per l'Italia e anche per la nostra realtà locale.
    In questo senso, "rigenerazione" vuol dire immette- re nuova linfa nelle vene del tessuto sociale, progetta- re il mondo di domani; insomma spalancare porte e finestre a ventate di aria fresca e dotarsi di occhi nuovi per saper cogliere i segni dei tempi. Segni che anche nella nostra terra si possono cogliere grazie ad alcune esperienze positive, che ci incoraggiano ad andare avanti e a fare sempre di più.
    La politica non è una scienza esatta, ma la capacità di andare sempre oltre, gettare il cuore oltre la siepe.
    E chi meglio dei giovani sa rischiare e giocarsi il futuro con la sana inquietudine e la sete di verità che li contraddistingue?
    Ecco, la speranza viene da loro. Ma il futuro non è domani. É già oggi. E non ci sono alibi per chi rallen- ta l'apporto delle nuove generazioni.

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