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    Invasioni, ultimi giorni con il cinema di Taiwan

     

     

    Invasioni, ultimi giorni con il cinema di Taiwan

    31 ago 11 Ultimi fuochi di "Invasioni" dedicati al cinema con gli ultimi quattro titoli della rassegna "Cinema amore mio" che ha accompagnato, con un articolato programma, le sere d'agosto dei cosentini. Domani, giovedì 1 settembre, alle ore 21,30, in Piazza dei Bruzi, si chiude la finestra sul cinema di Taiwan con la proiezione del film "No puedo vivir sin ti" (Non posso vivere senza te) di Leon Dai che con quest'opera ha trionfato, nel 2009, ai Golden Horse Awards. Il film racconta le tribolazioni di un padre al quale l'esasperata burocrazia minaccia di togliere la tutela della piccola figlia. Basato su una storia vera, il film riflette la dignità e la misura di un grande amore paterno e filiale. La trama. Wu-Hsiung, il protagonista, e sua figlia Mei di sette anni vivono a Kaohsiung, in una vecchia costruzione affacciata sul porto. Lui è un sommozzatore senza licenza, sottopagato e sempre alla ricerca di un lavoretto per sbarcare il lunario. Nonostante le difficoltà economiche, padre e figlia conducono un'esistenza felice, fino a quando Mei deve iniziare ad andare a scuola. Il padre scopre che la custodia della bambina appartiene alla madre, da tempo scomparsa e irrintracciabile. Inizia così la sua battaglia per riuscire ad ottenerne la tutela legale. La sua è una lotta disperata contro le autorità e la burocrazia che lo porta fino a minacciare di togliersi la vita. Il regista. Leon Dai è uno tra i più noti cineasti e attori taiwanesi. Come attore ha collaborato con registi del calibro di Edward Yang, Ke Yi-Cheng, Lin Cheng-Sheng e Chung Meng-Hung. È apparso in oltre trenta pellicole e le sue brillanti performances gli sono valse numerosi premi. Dopo gli studi di regia alla National University of Arts di Taipei, Dai ha debuttato con il cortometraggio "Summer", in competizione al Clearmont-Ferrand International Film Festival. Nel 2002, il suo primo lungometraggio "Twenty Something Taipei" è stato il secondo maggiore incasso a Taiwan. La rassegna "Cinema amore mio" proseguirà venerdì 2 settembre, sempre in Piazza dei Bruzi (ore 21,30) con un doppio programma. Prima il documentario "La maglietta rossa", di Mimmo Calopresti, nel quale il cineasta calabrese intervista il campione di tennis Adriano Panatta. Nel documentario viene evocata la finale di Coppa Davis, del 1976, tra Italia e Cile, passata alla storia non solo per la vittoria dell'Italia, ma anche per il gesto di Panatta che provocatoriamente indossò una maglietta rossa, convincendo il suo compagno di doppio, Paolo Bertolucci, a fare altrettanto. Nel Cile del generale Pinochet il gesto assunse un particolare significato. Subito dopo il documentario di Calopresti, prevista la proiezione del film di Nicola De Orsola, "Vorrei vederti ballare", girato a Cosenza e dintorni e presentato in anteprima nazionale il primo aprile scorso al cinema Citrigno, alla presenza del cast che comprende gli attori Giuliana De Sio, Luis Molteni, Chiara Chiti, Giulio Forges Davanzati e Alessandro Haber. Prodotto da Giuseppe Fulcheri e Amedeo e Nicola Pesce, il film racconta una tormentata storia d'amore sullo sfondo dei paesaggi incantevoli della Sila, delle montagne del Pollino e del mare della costa tirrenica cosentina. La chiusura della rassegna "Cinema amore mio", sezione di "Invasioni" dedicata alla settima arte, è affidata, sabato 3 settembre (sempre ore 21,30 in Piazza dei Bruzi) a "Noi credevamo", di Mario Martone, vincitore di ben 7 David di Donatello, tra cui quello per il miglior film. Il film sul Risorgimento del regista napoletano è un autentico capolavoro e opera di grande profondità che racconta, attraverso quattro episodi che corrispondono ad altrettante pagine oscure del processo risorgimentale per l'unità d'Italia, la nascita del nostro Paese. Tra gli interpreti, Luigi Lo Cascio, Toni Servillo, Valerio Binasco, Francesca Inaudi, Renato Carpentieri, Anna Bonaiuto, Luca Zingaretti ed anche, in un breve, ma intensissimo ruolo, il cosentino Peppino Mazzotta. Altra presenza cosentina nel film di Martone, quella di Dante De Rose, nella parte dell'oste.

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