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    Maxi blitz di Polizia e Carabinieri a Cosenza, 49 arresti

     

     

    Maxi blitz di Polizia e Carabinieri a Cosenza, 49 arresti, tra loro l’ex parlamentare La Macchia

    15 dic 10 Sono 49 le ordinanze di custodia cautelare, di cui 41 in carcere, richieste dalla DDA di Catanzaro ed eseguite all’alba di ieri in un’operazione congiunta di Polizia e Carabinieri a Cosenza, denominata Telesis. Sm antellato il clan Bruni, retto, secondo gli inquirenti, da Michele Bruni, 37 anni, figlio del defunto boss Francesco, alias “Bella Bella”. Michele Bruni era stato scarcerato l’altro ieri. Manca al momento una sola ordinanza da eseguire, hanno detto gli inquirenti nella conferenza stampa che si è svolta nella Questura di Cosenza. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di aver promosso ed appartenere ad un’associazione per delinquere di stampo mafioso, attiva nel capoluogo cosentino, che si occupa di estorsioni aggravate, usura, rapine, detenzione di armi e traffico di sostanze stupefacenti. Le indagini, protrattesi per lungo tempo anche attraverso operazioni di controllo telefonico ed ambientale e attraverso il contributo di alcuni collaboratori di giustizia, hanno chiarito come il clan Bruni si fosse legato alla cosca della ‘ndrangheta nota come Lanzino-Patitucci-Chirillo-Di Puppo che, negli ultimi tempi, ha determinato un sensibile innalzamento della pressione estorsiva nei riguardi di esercenti commerciali e imprenditori dell’area urbana di Cosenza. La cosca avrebbe direttamente gestito una discoteca di Zumpano e un’impresa di pompe funebri, che oggi sono state sequestrate. Fra gli arrestati anche l’ex deputato dell’Udeur Bonaventura Lamacchia, 57 anni, e suo fratello Ernesto. I due sono soci di minoranza di una casa di cura. Avrebbero fatto pressioni perchè si promuovesse presso i parenti dei pazienti l’utilizzo dell’impresa di pompe funebri legata alla cosca per i servizi funerari dei degenti defunti. Arrestati anche due Carabinieri. Si tratta di Francesco Romano, in servizio al Norm della Compagnia di Rende, e di Massimiliano Ercole, non in servizio attivo. Devono rispondere dell’accusa di concorso esterno in associazione a delinquere per aver favorito il reinvestimento di capitali illeciti.

    Arrestati anche due Carabinieri. Si tratta di Francesco Romano, in servizio al Norm della Compagnia di Rende, e di Massimiliano Ercole, non in servizio attivo. Devono rispondere dell’accusa di concorso esterno in associazione a delinquere per aver favorito il reinvestimento di capitali illeciti. Due Carabinieri in servizio al Comando provinciale dell’Arma di Cosenza con la passione per la discoteca, al punto da essere diventati, secondo l’accusa, soci occulti di un locale notturno che sarebbe stato sotto il controllo della cosca Bruni. È questo, dunque, uno dei retroscena dell’inchiesta. Sono stati gli stessi colleghi dei due militari a svelare come i due, il maresciallo Massimiliano Ercole e l’appuntato Francesco Romano, sarebbero stati materialmente i gestori della discoteca con la loro continua presenza, lasciando sullo sfondo i vertici della cosca Bruni dai quali, però, avrebbero preso gli ordini. Questo, secondo gli inquirenti, avrebbe permesso di appurare una condotta che ha avviato nei loro confronti l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa. Dalle indagini è emerso che la società che ufficialmente gestiva la discoteca di Zumpano aveva come amministratore unico Erika Grillo, con i due militari dell’Arma che avrebbero partecipato attivamente sin dalla fase di apertura del locale. I componenti della cosca Bruni, invece, sarebbero stati pienamente coinvolti nell’attività, partecipando, sempre secondo le indagini, alle spese e ai guadagni, gestendo il servizio d’ordine all’interno della discoteca e il parcheggio delle autovetture. Michele Bruni, considerato il capo del gruppo, e i suoi fratelli sarebbero intervenuti per ottenere condizioni più favorevoli da parte delle persone dello spettacolo che erano ospiti del locale, per determinare le ditte appaltatrici per la costruzione di alcune pertinenze della discoteca, per dirimere controversie con i creditori.

    Dalle prime luci dell’alba, è in corso una vasta operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro nella città di Cosenza che conclude investigazioni protrattesi per circa tre anni e dirette dai Sostituti Procuratori Vincenzo Luberto, Raffaella Sforza, Claudio Curreli e Adriano Del Bene – questi ultimi due applicati dalla Procura della Repubblica di Cosenza. Sono state eseguite dai Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza e dagli Agenti della Squadra Mobile della Questura 49 (quarantanove) ordinanze di custodia cautelare nei confronti di affiliati alla cosca BRUNI. Questa cosca – che si ritiene oggi disarticolata – ha assunto un ruolo egemonico in Cosenza sfruttando il vuoto di potere determinatosi dopo la cosiddetta operazione Garden del 1994 e guadagnando il controllo del traffico di stupefacente, delle estorsioni e delle rapine commesse in danno dei furgoni porta valori eseguite anche con la collusione di malavitosi delle cosche pugliesi. Ancora una volta si deve registrare l’ingerenza della malavita organizzata in settori imprenditoriali. I BRUNI infatti controllavano anche i servizi di onoranze funebri e gestivano una importante discoteca del centro cittadino. Fra gli arrestati si staglia la figura di Bonaventura LA MACCHIA già parlamentare negli anni 90, accusato di avere implementato il portafogli clienti delle ditte di onoranze funebri controllate dalla cosca BRUNI.

    Sarebbe stato inserito nel racket delle pompe funebri, grazie ai suoi collegamenti con il titolare di una casa di cura di Cosenza, Bonaventura La Macchia, di 57 anni, l'ex senatore dell'Udeur arrestato stamani nell'operazione contro la cosca Bruni della 'ndrangheta. La Macchia e' accusato di tentata estorsione, aggravata dalle modalità mafiose. L'ex parlamentare, in particolare, avrebbe fatto pressioni sul proprietario della casa di cura per fare in modo che il servizio di pompe funebri per le persone che morivano nella clinica fosse affidato ad un impresa che sarebbe stata collegata alla cosca Bruni della 'ndrangheta. La Macchia e' stato arrestato dalla Squadra mobile di Cosenza nella sua abitazione di Roma con la collaborazione della Questura della capitale.

    Era la compagna polacca di Michele Bruni, Edyta Kopaczynska, di 29 anni, a dirigere gli affari della cosca nel periodo in cui il boss era detenuto. E' quanto é emerso dalle indagini che hanno portato all'operazione condotta da carabinieri e polizia, con l'arresto di 47 persone. Dall'attività investigativa è emerso il ruolo significativo che Edyta Kopaczynska avrebbe svolto nella gestione degli affari della cosca Bruni, con un'influenza notevole non soltanto sul compagno ma anche sugli altri affiliati alla cosca, con spartizione di compiti e proventi delle attività illecite. Per farsi capire da tutti, tra l'altro, la polacca aveva imparato e si esprimeva in dialetto cosentino. Michele Bruni, finito in manette stamattina dopo che ieri aveva ottenuto gli arresti domiciliari perché detenuto per violazione degli obblighi della sorveglianza speciale, era stato arrestato nel luglio del 2009 dalla Squadra mobile di Cosenza dopo un lungo periodo di latitanza. All'epoca, tra l'altro, Bruni era inserito nell'elenco dei cento latitanti più pericolosi diramato dal Ministero dell'Interno.

    Bonaventura Lamacchia, l'ex deputato arrestato stamani nel corso dell'operazione antimafia condotta dalla Dda di Catanzaro a Cosenza ed eseguita da Polizia e Carabinieri, era stato eletto alla Camera dei deputati nel 1996 nella Circoscrizione della Calabria. E' stato presidente del gruppo parlamentare di Rinnovamento Italiano (lista Dini). Nel 1999 aveva aderito all' Alleanza Popolare-Udeur di Mastella. Candidato alle europee nella lista Udeur, aveva riportato 8.030 voti di preferenza nella circoscrizione meridionale senza essere eletto. Lamacchia, tempo fa aveva anche riportato una condanna penale nell'ambito di un procedimento che lo vedeva imputato con altre persone per avere distratto, secondo l'accusa, somme di danaro da una societa', la Edicom, per circa due miliardi di vecchie lire. Soldi che sarebbero dovuti confluire nell'attivo fallimentare e che invece erano stati destinati alla creazione di altre societa'. Lamacchia aveva patteggiato la pena.

    L'imprenditore di pompe funebri Naccarato

    Il dott. Ernesto La Macchia

    arresti dei CC

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