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    L'ascesa criminale del clan Bruni a Cosenza

     

     

    L'ascesa criminale del clan Bruni a Cosenza

    15 dic 10 L’evoluzione storico-criminale che ha caratterizzato l’ascesa del clan Bruni la cui genesi coincide con il percorso del padre di Michele BRUNI, ovvero Francesco BRUNI, noto come “bella-bella”, esponente di rilievo negli ambienti della locale criminalità organizzata era gia’ iniziata ai tempi dell’ascesa dei vari Franco PINO, Franchino PERNA e Gianfranco RUA’, come ampiamente descritto tra l’altro dai collaboratori di giustizia DE NAPOLI, DI DIECO, BEVILACQUA e MUNNO. Le vicende criminali di Francesco BRUNI, da sempre legato ai modelli comportamentali della tradizione ‘ndranghetista, ne hanno segnato un personale cammino che ha percorso, ora assumendo posizioni centrali, ora defilandosi in apparente disaccordo con quel nuovo modo d’interpretare il crimine in quel momento storico non pienamente condiviso. Nel corso degli anni ’80 e ‘90, infatti, mentre il Capoluogo assisteva alla nascita ed all’imporsi dei due principali sodalizi mafiosi, facenti capo ai gruppi criminali PINO-SENA e PERNA-PRANNO che in quel periodo alternavano fasi di reciproco rispetto a momenti di tensione e di aperto contrasto fino allo scontro militare, Francesco BRUNI, proprio in ragione di quella richiamata impostazione, non riuscì ad occupare ruoli apicali negli organigrammi mafiosi, ciò in ragione, peraltro, dei lunghi periodi di detenzione che lo avevano inevitabilmente allontanato da una gestione diretta degli affari criminali. Tuttavia, la permanenza in carcere lo induceva ad avviare un lento processo di fidelizzazione favorendo, d’altra parte, la ricerca di nuove alleanze utili evidentemente per imporre con più forza all’esterno la propria egemonia. Sul finire degli anni ’90, le misure cautelari che giunsero al termine delle indagini avviate nell’ambito del procedimento “GARDEN” incisero in maniera significativa sul contesto criminale mafioso del capoluogo aprendo scenari fino a quel momento sconosciuti e lasciando ampi margini di “intervento” per eventuali pretendenti alle posizioni di comando a quel punto apparentemente vacanti. L’occasione presentatasi non venne tralasciata dal BRUNI che, proprio in quegli anni, decise di modificare le strategie del gruppo ritenendolo ormai pronto per imporre sullo scenario criminale cosentino la propria egemonia in considerazione, per di più, dell’impegno operativo - tutto sommato sostenibile - che il clan avrebbe dovuto affrontare nel risolvere eventuali conflitti armati con gruppi criminali di minore portata. Alla favorevole congiuntura che in quel periodo incide gli ambienti della malavita organizzata su Cosenza, si aggiunge un episodio decisivo che d’improvviso modifica i programmi di Francesco BRUNI , ovvero la morte del figlio. Francesco BRUNI senior, dunque, alla fine degli anni ’90, alleandosi in carcere con appartenenti a famiglie criminali campane, isolitane e di Cassano allo Jonio, ed approfittando del fatto che i figli MICHELE, FABIO, IVAN e LUCA hanno già un elevato spessore criminale (Michele faceva già parte del gruppo di rapinatori facenti capo a Nicola ABATE, colpiti dalle ordinanze ATTILA ed ALARICO) e che possono contare su di un gruppo di ragazzi della zona del Centro Storico di Cosenza e di contrada Andreotta di Castrolibero, decide di formare un proprio gruppo e si allea con Antonio SENA, anch’egli messo un po’ in disparte dai nuovi clan, ma comunque dotato di un nome di prestigio nel panorama criminale e di conoscenze ed alleanze sulla Costa Tirrenica (clan MUTO) e nel Reggino. Questa decisione, cui seguono numerose affiliazioni, non riconosciute dai clan reggini, determina comunque la morte sia di Francesco BRUNI, “bella-bella”, ucciso il 29 luglio 1999 in via Popilia, appena uscito dal carcere dopo nove anni di detenzione, che di Tonino Sena, ucciso il 12 maggio 2000, a conclusione di quella che è stata definita la seconda guerra di mafia a Cosenza. Si ritiene opportuno evidenziare che i collaboranti, che appartengono ad organizzazioni criminali operanti in aree diverse della provincia di Cosenza e con un grado di conoscenze distinto, in relazione al ruolo ricoperto nell’ambito delle stesse organizzazioni, hanno riferito circostanze univoche e convergenti circa:
    • l’esistenza di un gruppo mafioso facente capo a Bruni Francesco inizialmente e successivamente al figlio Michele;
    • i rapporti e le collaborazioni di tale sistema criminale con altri gruppi mafiosi operanti non solo nella provincia di Cosenza, ma anche in altre aree della Calabria; fondamentale l’alleanza con il clan degli zingari soprattutto in ordine allo spaccio di sostanze stupefacenti ed alle rapine perpetrate ai furgoni portavalori anche in territorio extra regionale;
    • la volontà di tale gruppo di assumere il controllo di tutte le attività illecite, in particolare nella città di Cosenza o, comunque, di partecipare alla pari alla spartizione dei proventi delle estorsioni poste in essere ai danni delle imprese impegnate in grossi appalti banditi dalla Pubblica Amministrazione;
    • la complessa strategia criminale posta in essere dalle cosche egemoni operanti in Cosenza, nel perseguimento della totale annientamento del gruppo Bruni e della cosca Portoraro per fronteggiarne l’ascesa.

     

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