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    La cosca Bruni egemone a Cosenza

     

    Il boss Michele Bruni

     

    La cosca Bruni egemone a Cosenza

    15 dic 10 Il procedimento penale raccoglie i frutti di un sinergico sforzo di tutte le forze di polizia presenti in Provincia di Cosenza, delineando la portata criminale e la conseguente pericolosità sociale di una compagine associativa, quella del gruppo Bruni-zingari, che ha fatto per diversi anni e continua tuttora a fare dello stampo mafioso il suo naturale manifestarsi nei meccanismi sociali ed economici della città di Cosenza e relativa provincia. Quanto appena indicato con particolare riferimento alla presenza ed al concreto esercizio nel capoluogo di quella che per gli investigatori debba ormai essere considerata a tutti gli effetti come una realtà criminale, riconosciuta, stabile ed autosufficiente. Non solo il radicamento sociale di tale societas sceleris trova propria linfa nella capacità di intessere rapporti e contatti con gli altri gruppi criminali operanti nel contesto cosentino, secondo un dettame che - dopo le recenti guerre di mafia che hanno insanguinato la città negli anni ‘80 - ha illuminato le nuove leve della criminalità organizzata, e cioè l’assunto che minori contrasti sul territorio garantiscono più fiorenti affari per tutti. Il richiamo a precisi moduli strutturali, l’assunzione di modelli comportamentali intimidatori e vincolanti - non solo fra i sodali - nonché il ricorso a tipici meccanismi - ora allusivi, ora dissuasivi e prevaricanti - mutuati dai tradizionali sistemi mafiosi hanno favorito la progressiva ascesa del clan “Bruni” negli ambienti criminali del capoluogo. Il primato, così acquisito, ha quindi agevolato ed accelerato la penetrazione “commerciale” della struttura criminale indagata in tutti quei settori da sempre ritenuti cruciali per l’economia locale. Il lento processo d’infiltrazione, cui si è assistito, di conseguenza ha profondamente rallentato il regolare sviluppo del sistema economico cosentino, snaturato nei comuni principi di richiamo alla generali regole della libera concorrenza. Quanto riferito, non solo, tenendo conto di ciò che è stato ampiamente documentato dal contenuto delle operazioni di controllo telefonico – che dal canto loro hanno offerto precise indicazioni circa il metodo delinquenziale adottato dal clan per infiltrare il tessuto socio-economico controllato ma, ancor più, in considerazione dei preziosi contributi collaborativi che, nella sostanza, hanno avvalorato la tesi investigativa in argomento, ovvero confermato l’esistenza di una vera e propria cosca mafiosa. Numerosi, infatti, sono i collaboratori di giustizia che nel tempo hanno reso puntuali dichiarazioni in merito all’esistenza - nel panorama criminale cosentino - di un clan mafioso convenzionalmente definito “Clan Bruni” capeggiato da Francesco Bruni, i quali hanno consentito la difficile ricostruzione storica del percorso criminale che ha interessato il gruppo Bruni dalle origini fino alla consacrazione mafiosa. A tal proposito fondamentale importanza assume l’assenza di sentenze di condanna che formalmente consacrino la struttura criminale indagata come “mafiosa”, la quale, invece risulta dotata di una solida struttura principale e di una definita area di intervento, riuscendo, grazie anche a favorevoli congiunture negli equilibri criminali del capoluogo, ad imporre gradualmente la propria egemonia, attraverso il controllo capillare del territorio di Cosenza, conquistato militarmente, mediante il ricorso intimidatorio ad armi da fuoco, con conseguente assoggettamento di vasti segmenti della società civile, via via, piegatasi ad atteggiamenti di omertà ed indifferenza diffusi che, nel tempo, hanno reso difficile ogni tipo di preventivo o repressivo intervento istituzionale. In relazione alle dinamiche ed alle scelte criminali che hanno indirizzato l’operato del clan Bruni nella realizzazione del programma associativo, è utile riferire circa gli esiti di complesse iniziative investigative sviluppate dalle Forze dell'Ordine che nel tempo hanno alternativamente interessato gran parte degli attuali indagati confermando in pieno quanto solido fosse il sistema associativo in esame. A tal proposito, si evidenzia lo sforzo operato dalle diverse forze di polizia che hanno raccolto evidenze probatorie di assoluto rilievo nei diversi campi in cui si è manifestata la portata criminale del clan Bruni, a riprova anche della diversificazione delle svariate fonti illecite di profitto che devono garantire tuttora il mantenimento ed il rafforzamento della compagine associativa. Le indagini in argomento hanno, peraltro, ampiamente ribadito la consistenza dei rapporti di reciproca assistenza fra gli esponenti della famiglia ABRUZZESE e del gruppo BRUNI. La frequenza di collaborazioni vicendevolmente garantite è sintomatica dell’esistenza d’un unica coalizione criminale a cui ciascun associato consapevolmente partecipa per la realizzazione di una serie indefinita di delitti, anche, di grave allarme sociale. Consistenza altresì suffragata dal convenuto accordo tra il gruppo Bruni ed il clan degli Zingari di creare un fondo patrimoniale comune per la spartizione del mercato criminale della città di Cosenza.

     

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