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    Dettagli operazione e arrestati

     

     

    Dettagli operazione e arrestati

    13 lug 10 Sono 304 gli arresti che Carabinieri e Polizia hanno eseguito in esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare richiesti dalla DDA milanese e della DDA reggina. Sequestarti beni per 60 milioni di euro emessi dalle autorità giudiziarie di Milano e Reggio Calabria. Le indagini durate due anni hanno interessato le province di Milano, Monza Brianza, Como, Varese, Lecco, Genova, Reggio Calabria, e Torino

    I numerosi procedimenti penali collegati, originati da distinte indagini condotte dai Comandi provinciali di Milano (indagine Infinito) e Reggio Calabria (indagine Patriarca), nonché dal Ros (indagini Tenacia, Hera, Solare e Reale), dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, dal Commissariato di Siderno e dal Servizio Centrale Operativo (indagine ‘Ndrangheta), hanno consentito di raccogliere elementi utili a tratteggiare un quadro complessivo ed unitario degli assetti organizzativi della ‘ndrangheta. Le indagini hanno documentato, come in territorio lombardo sia avvenuta una “mutazione genetica” della ‘ndrangheta, che ha portato al passaggio dalle tradizionali manifestazioni dell’agire ‘ndranghetistico (omicidi, sequestri di persona, grandi traffici di droga) a forme di controllo di settori economici (il movimento terra, la concessione di finanziamenti a soggetti in difficoltà) e di infiltrazioni nelle istituzioni pubbliche, a livello locale.

    Il passaggio a questa nuova forma di “mafia imprenditrice” è avvenuto a cavallo degli anni 2000; l’ultima manifestazione della ‘ndrangheta “tradizionale” in Lombardia è rappresentato dal sequestro in danno di Alessandra Sgarella. A questo proposito è da osservare che in pieno sequestro, il 30 maggio 1998, si davano convegno agli “orti” di Novate Milanese, ancora luogo di ritrovo degli affiliati della locale di Bollate, inseriti oggi ne la “Lombardia”. Tra i partecipanti al summit si è registrata la presenza di uno dei sequestratori, che pochi giorni prima aveva formulato alla famiglia Sgarella la richiesta di riscatto.

    Lo spaccato che emerge è quello di soggetti (spesso incensurati e insospettabili) “a disposizione” degli altri affiliati, “lombardi” o di provenienza calabrese, in una sorta di “mutuo soccorso”. Ciò spiega l’impegno di tutti per dare assistenza ai latitanti, per raccogliere soldi per le famiglie dei detenuti, per occultare le armi, per mettere a disposizione le proprie conoscenze e competenze nell’interesse dell’organizzazione. Tipico esempio è quello di Carlo Chiriaco che, in virtù del proprio ruolo istituzionale (direttore dell’Asl di Pavia), assicurava l’assistenza sanitaria, ma anche l’interessamento per investimenti immobiliari e coltivava e sfruttava per i “fini comuni” i legami con gli esponenti politici locali. Significativo in proposito un colloquio tra Giuseppe Neri e Giorgio De Masi, esponente della “Provincia”, nel corso del quale il primo propone al secondo il reimpiego di capitali, illeciti, attraverso Chiriaco.

    Da alcune intercettazioni ambientali tra Neri e Mandalari è emersa altresì l’appartenenza di alcuni affiliati a logge massoniche coperte. È stata inoltre per la prima volta documentata, proprio mentre era in corso di svolgimento, “la riunione” annuale cui prendono parte i maggiori esponenti della ‘ndrangheta, in occasione della festa della Madonna di Polsi, in Aspromonte, uno dei momenti più rilevanti per tale associazione, che sancisce l’investitura delle cariche apicali, definendo la composizione organica del vertice della ‘ndrangheta, indicato alternativamente con l’espressione “Provincia” o “Crimine”: sono stati così anche identificati i nuovi titolari di tali cariche.

    È stato possibile registrare in diretta le complesse operazioni di ratifica delle nuove cariche – in realtà già decise nei giorni precedenti, il 19 agosto, ma formalizzate soltanto a Polsi con effetti dal mezzogiorno del 2 settembre, che hanno ridisegnato gli attuali assetti della ‘ndrangheta. Di lì a poco, il 31 ottobre 2009, questa volta in Lombardia, veniva documentato, con una eccezionale videoripresa e intercettazione audio, un summit nel corso del quale, i capi delle locali lombarde, all’unanimità, eleggevano quale nuovo “Mastro generale” in Lombardia Pasquale Zappia. Durante tale summit, avvenuto presso un centro intitolato ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, si è ribadito il fatto dell’assoluta sovranità delle locali nelle loro azioni, sebbene comunque inserite nella sovraordinata struttura de la “Lombardia”. Questo è stato uno degli oltre 40 summit di ‘ndrangheta documentati in Lombardia nelle indagini condotte dalla DDA di Milano.

    Le indagini hanno fatto emergere ulteriori elementi di indubbia novità:
    - l’esistenza della ‘ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso unitario, insediata sul territorio della provincia di Reggio Calabria e articolata in tre mandamenti;
    - l’esistenza di un organo di vertice che ne governa gli assetti, assumendo o ratificando le decisioni più importanti;
    - l’esistenza de “La Lombardia” e di una “Camera di Controllo” deputata al raccordo tra strutture lombarde e calabresi

    I COMPITI DELLA “PROVINCIA”, NOVE LOCALI A TORONTO E UNO IN AUSTRALIA

    Si tratta di passaggi che costituiscono il punto di emersione di una complessa realtà criminale sulla quale – in modo del tutto corrispondente – è intervenuto il legislatore con il d.l. 4 febbraio 2010 n.4 che ha modificato il testo dell’art. 416 bis codice penale, aggingendo al novero delle organizzazioni di tipo mafioso anche la ‘ndrangheta, in precedenza confinata nel concetto di “altre organizzazioni comunque localmente denominate”. Sono stati riscontrati dalle indagini condotte dalla DDA di Reggio Calabria incontri in una lavanderia di un centro commerciale di Siderno, gestita dal “boss” Giuseppe Commisso, le cui attività hanno fatto comprendere l’elaborazione delle strategie criminali e delle conseguenti decisioni operative della società di Siderno, una delle componenti più autorevoli e potenti di tutta la ‘ndrangheta. Da ciò ne consegue il controllo delle attività realizzate sull’interno territorio nazionale ed anche oltre i confini nazionali. Sul punto, le indagini hanno permesso di individuare anche infiltrazioni della ‘ndrangheta in Canada e in Australia, in corso di approfondimento. Nove i locali individuati a Toronto ed 1 a Thunder Bay, controllati dalla provincia di Reggio Calabria, sui quali il locale di Siderno esercita una sorta di coordinamento. La Provincia ha il compito di stabilire e mantenere gli equilibri dell’intera organizzazione, autorizzare l’apertura di nuovi locali, dirimere le controversie sorte all’interno dell’organizzazione, stabilire nuove cariche e nomine, intervenire nei casi di situazioni instabili. Tale organismo sovraordinato, pur garantendo ai singoli sodalizi ampi margini di autonomia, si assicura l’ordine gerarchico attraverso i tradizionali gradi e ruoli dei diversi livelli dell’organizzazione, emersi con chiarezza nel corso delle attività investigative unitamente ai conseguenti riti di affiliazione, come documentato dalle immagini della DDA di Reggio Calabria e di Milano.

    L’OMICIDIO NOVELLA

    Quanto all’omicidio Novella, capo della Lombardia, avvenuto in San Vittore Olona il 14.7.2008, il movente è da ricercarsi nel disegno “politico” perseguito dalla vittima, che era quello di rendere le locali lombarde più indipendenti delle “locali madre” in Calabria. La decisione di eliminare Carmelo Novella è stata presa a livello “provinciale”. La fine del “disegno autonomista” di Carmelo Novella rinsalda i legami con la terra d’origine e per ciascuna locale si facevano più stretti i rapporti con gli esponenti delle ‘ndrine di riferimento in Calabria. La “Provincia” controllava la “Lombardia” propugnando la creazione di una “Camera di Controllo” che traghettasse la struttura lombarda alla fase successiva. L’uomo di raccordo tra la Calabria e la Lombardia è stato individuato in Giuseppe Neri. Sotto il profilo dell’infiltrazione nel tessuto economico si sono potuti documentare una serie di incontri avvenuti presso l’abitazione di Giuseppe Pelle, figlio del “Gambazza” e reggente dell’omonima cosca, con Michele Oppedisano, emissario di Domenico Oppedisano, nonché con Pasquale Varca e Francesco Ietto, titolari di imprese del nord Italia attive nel settore edile.
    Dalle attività tecniche è emerso che le riunioni erano finalizzate a dirimere controversie tra i due imprenditori e Salvatore Strangio, nell’ambito delle ripartizioni di commesse di lavoro da svolgere in Lombardia. In particolare, è emerso come quest’ultimo, espressione dei “Gambazza”, gestisse per conto della ‘ndrangheta l’infiltrazione di imprese calabresi nell’ambito dei lavori pubblici e, in tale veste, operasse all’interno della “Perego Gereral Contractor S.r.l.”, importante azienda milanese del settore. L’approfondimento investigativo, condotto dalla DDA di Milano, in Italia settentrionale è stato inizialmente condotto in direzione di Pasquale Varca, del quale è stata documentata l’affiliazione alla cosca “Arena” di Isola Capo Rizzuto (Crotone), nonché la carica di capo del locale di Erba (Como), inserito nell’organo ‘ndranghetistico denominato Lombardia.
    Gli ulteriori sviluppi investigativi hanno poi permesso di documentare il condizionamento del “Gruppo Perego” da parte di Salvatore Strangio e del coindagato Andrea Pavoni, che hanno operato occultamente all’interno della struttura aziendale per garantire la ripartizione degli appalti affidati al “Gruppo Perego” a favore di numerose imprese controllate dai locali della Lombardia, nonché per garantire queste ultime nella liquidazione di pregressi crediti vantati nei confronti della stessa “Perego”.

    GLI APPETITI DELLE COSCHE PER EXPO 2015 DI MILANO – IL “CAPO CRIMINE” DELLA PROVINCIA

    È stato inoltre ricostruito il tentativo di assorbire nel “gruppo” altre importanti aziende lombarde del settore, che versavano in condizioni di difficoltà economiche, allo scopo di costituire appositi A.T.I. (associazioni temporanee di imprese) in grado di partecipare direttamente all’affidamento degli appalti per la Expo 2015. Tale ambizioso progetto, tuttavia, non si è concretizzato a causa del mancato risanamento economico della stessa “Perego”, attualmente sottoposta a procedura fallimentare. Oltre all’esistenza della “Provincia” della Lombardia, le indagini hanno permesso l’identificazione di soggetti di vertice dei singoli locali lombardi, piemontesi e liguri, documentando al contempo il coordinamento per i settori criminali di maggiore interesse, dall’infiltrazione negli appalti, al traffico internazionale di stupefacenti, con le decisioni assunte dai vertici della ‘ndrangheta reggina, in particolare da Domenico Oppedisano, “capo crimine” della Provincia e responsabile del mandamento tirrenico, e da Giuseppe Pelle, responsabile del mandamento jonico.

    Sono state confermate le regole che sovrintendono al funzionamento dell’intera organizzazione, al conferimento di gradi, cariche e alla suddivisione territoriale delle cosche in locali. In tale ambito è stata inoltre documentata la dialettica sviluppatasi per la nomina del capo locale di Roghudi (RC), area di cerniera tra i mandamenti jonico e del capoluogo, che ha visto l’importante opera di mediazione tra i rispettivi rappresentanti.

    LE COSCHE DISARTICOLATE DAGLI ARRESTI: LA PROVINCIA DI VIBO ALLE DIPENDENZE DELLE COSCHE REGGINE

    Nel complesso gli interventi hanno inflitto un duro colpo alla ‘ndrangheta, privando gli organismi di vertice dei rispettivi esponenti apicali e scompaginando numerose articolazioni territoriali. Vengono infatti colpite dai provvedimenti:

    - nella provincia di Reggio Calabria: le cosche Alampi, Gattuso, Ficara-Latella del capoluogo, Oppedisano, Pesce-Bellocco, Lamari-Chindamo, Gattellari della tirrenica; Pelle, Aquino-Coluccio, Mazzaferoo, Focà-Bruzzese, Giampaolo, Marvelli, Iamonte, Pangallo-Maesano-Favasuli, Zavettieri-Stelitano e Ietto della jonica;
    - nella provincia di Vibo Valentia: esponenti delle cosche locali, poiché emerge un inedito di assoluta novità nel corso delle indagini, e cioè la dipendenza di tale “provincia” da quella di Reggio Calabria;
    - nel nord Italia i locali di Milano, Pavia, Bocllate (Mi), Cormano (Mi), Bresso (Mi), Limbiate (Mb), Solaro (Mb), Pioltello (Mi), Corsico (Mb), Desio (Mb), Seregno (Mb), Rho (Mi), Legnano (Mi), Mariano Comense (Co), Erba (Co), Canzo (Co), per un numero complessivo di circa 160 persone, anche se a detta degli stessi indagati sarebbero operativi in Lombardia circa 500 unità.
    - sempre nel nord Italia, i locali di Genova e Torino.

    In definitiva, le diverse attività investigative, complessivamente denominate “Il Crimine”, opportunamente raccordate dalle DDA di Reggio Calabria e Milano, hanno consentito di ricondurre ad un quadro unitario vicende ed articolazioni solo apparentemente isolate. Dagli esiti delle attività investigative, emerge infatti come la ‘ndrangheta, pur garantendo l’autonomia dei singoli sodalizi nei rispettivi ambiti territoriali, si sia evoluta verso modelli organizzativi più idonei al proseguimento di interessi strategici comuni nell’infiltrazione del tessuto economico, istituzionale, periferico e centrale, e nei tradizionali settori illeciti, quali il traffico di armi, stupefacenti, le estorsioni e l’usura.

    Alcuni dei 120 arrestati nel reggino: Giovanni Alampi, Giuseppe Rocco Belcastro, Saverio Boschetto, Domenico Chilà, Stefano Chilà, Pietro Flachi, Antonio Figliomeni, Domenico Focà, Saverio Trento Foti, Antonino Gattellari, Andrea Gattuso, Antonino Gattuso, Carmelo Gattuso, Domenico Gattuso, Francesco Gattuso, Remingo Iamonte, Giuseppe Romeo Iaria, Antonio Maesano, Giovanni Maesano, Filiberto Maisano, Rocco Mazzaferro, Demetrio Meniti, Leone Modaffari, Bruno Nesci, Antonio Nucera, Domenico Oppedisano, Raffaele Oppedisano, Bruno Pisano, Sebastiano Praticò, Giuseppe Prestopino, Salvatore Pietro Romeo, Giuseppe Siviglia, Sebastiano Stelitano

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