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    Molinari "Inferto duro colpo a cosca Grande Aracri"

     

     

    Molinari "Inferto duro colpo a cosca Grande Aracri"

    05 gen 16 "Un nuovo, duro colpo è stato inferto alla cosca Grande Aracri con gli arresti di ieri mattina, grazie alla bontà del lavoro dei magistrati e delle forze dell'ordine, quegli uomini in prima linea che quotidianamente mettono a rischio la loro vita". Lo afferma in una nota il senatore e componente della commissione parlamentare antimafia, Francesco Molinari. "Un lavoro - aggiunge - che potrebbe dare ancora risultati maggiori se solo il Governo desse seguito alle promesse che ha disseminato negli ultimi anni, vagheggiando aumenti degli organici nei presidi di legalità: tribunali, caserme e commissariati. Una grave mancanza che si sente soprattutto al Sud, una terra dilaniata e consumata - socialmente e economicamente - dal fenomeno mafioso. E che, grazie alla miopia di una certa politica sta provocando l'allargamento a macchia d'olio del fenomeno mafioso anche al Centro-Nord, come - dopo l'operazione "Infinito" - il prossimo processo "Aemilia" sta a dimostrare. Con la senatrice Mussini ci stiamo interessando da mesi su tale indagine e sulla sottovalutazione dello spostamento del dibattimento processuale in luoghi diversi da quelli dove si è verificata l'infiltrazione della cosca Grande Aracri, in Emilia. Eppure è stata netta la percezione, durante lo svolgimento della missione della Commissione Parlamentare Antimafia a Reggio Emilia e Modena, dell'escalation della 'ndrangheta nella sua nuova forma, diretta a sviluppare un modello di "interscambiabilità delle metodologie comportamentali mafiose", tramite il quale interagire con altre organizzazioni criminali (soprattutto di matrice camorristica)". "Questa pericolosa evoluzione - prosegue Molinari - deve trovare pronta la società civile a reagire presso il "giudice naturale" come delineato dal nostro Ordinamento, senza escamotage pseudo tecnici o logistici che potrebbero depotenziare il fondamento democratico delle nostre istituzioni: come, purtroppo, la storia giudiziaria italiana ci insegna, spesso non è stato indifferente il luogo di svolgimento dei processi. Occorre sventare il tentativo della criminalità organizzata radicarsi stabilmente nell'evoluzione della nostra società, in modo magari non cruento ma sicuramente più subdolo ; occorre respingere la visione di chi apprezza come inevitabile un certo tasso di corruzione e di malaffare quasi come se esistesse una variante discreta - "politicamente corretta" - dell'esercizio del potere. Davanti all'invasività di questo condizionamento c'è la perdita del concetto stesso di Stato di diritto : ecco perché il processo "Aemilia" costituisce un passaggio rilevante e quasi obbligato per l'espulsione della 'ndrangheta - come di ogni altra organizzazione criminale - dal tessuto sociale, sia della Calabria che dell'Emilia Romagna. Due terre così diverse che possono e devono essere accomunate da un destino diverso da quello attuale, per quanto insolito per la seconda". "Siamo chiamati, ognuno per il suo ruolo, a fare - conclude - la propria parte : politica, istituzioni e forze dell'ordine. Non è un compito impossibile abbattere le mafie. Giovanni Falcone diceva : "La mafia è un fatto umano. E come ogni fatto umano, ha un principio, una sua evoluzione e quindi anche una fine. Se lo si vuole"

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