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    Legambiente Calabria "Premiare i comuni che investono in prevenzione idrogeologica"

     

     

    Legambiente Calabria "Premiare i comuni che investono in prevenzione idrogeologica"

    10 mar 15 393 milioni di euro stanziati dal 1999 ad oggi per gli interventi di messa in sicurezza contro il rischio idrogeologico in Calabria. Sui 452 lavori previsti solo 188 risultano ultimati per un importo complessivo di 106 milioni di euro. Considerando che il 100% dei comuni calabresi è classificato “ad elevato rischio idrogeologico” e che la maggior parte dei fondi (220 milioni) e degli interventi (185) sono stati programmati solo a partire dal 2010, mediante la firma dell’Accordo di Programma tra Stato e Regione, risulta evidente l’enorme ritardo con cui gli organi competenti si sono mossi da oltre un decennio per far fronte a questa situazione critica in cui versa la regione. Anche dove sono stati fatti interventi però, il modello si è basato spesso su misure puntuali - senza una visione a scala di bacino come invece auspicabile - e progettati secondo la sola logica di “messa in sicurezza” attraverso la costruzione di opere difensive, che hanno irrigidito ulteriormente un territorio che invece, per la sua conformazione geologicamente giovane e in continua evoluzione, avrebbe avuto bisogno anche di una pianificazione dinamica e innovativa. Sulla gestione del territorio però il ritardo è ancora più evidente. Dall’ultimo dossier redatto nel 2013 da Legambiente e Protezione Civile, “Ecosistema Rischio”, emerge come nell’82% dei comuni intervistati (un campione pari a circa il 20% dei totale dei comuni calabresi), ci siano abitazioni edificate in aree a elevato rischio idrogeologico, nel 61% dei casi risultano in tali aree insediamenti produttivi, nel 27% addirittura strutture sensibili. Ben il 17% del campione dei comuni ha risposto che nell’ultimo decennio - periodo in cui sono entrati in vigore i Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) che perimetravano le aree a elevato rischio idrogeologico ed in cui è vietato costruire – sono state urbanizzate aree a rischio, e pochissimi hanno un Piano comunale di emergenza. Assecondare la naturale evoluzione geomorfologica del territorio, intraprendere azioni di delocalizzazione dei beni esposti a rischio, effettuare controlli seri ed efficaci - anche di prevenzione – contro gli abusi edilizi, dire no ad altro cemento e frenare il consumo di suolo, salvaguardare la naturalità dei corsi d’acqua e delle fiumare ridando, se necessario, lo spazio naturale di cui hanno bisogno, queste le ricette da mettere in campo per una corretta politica di gestione del territorio. Ma gli eventi che si sono registrati negli ultimi quindici anni mostrano come tutto questo non sia stato fatto: basti ricordare la tragedia di Soverato, nel 2000, in cui morirono numerose persone per la costruzione di un campeggio nel letto del fiume Beltrame, o più recentemente la frana di Cerzeto o di Maierato del 2010, in cui le forti piogge concentrate in poche ore hanno innescato un movimento franoso a ridosso del centro abitato. A Corigliano Calabro dove in una cassa di espansione (un’opera pubblica che ha la funzione di raccogliere le acque in caso di piena dei corsi d’acqua principali) è stato realizzato un agrumeto da un privato. Ma la mala gestione del territorio si evince anche dai numerosi casi di opere pubbliche e private costruite in aree ad elevato rischio idrogeologico, come a Reggio Calabria dove al centro del letto del fiume è stata edificata la casa dello studente, o come a Zumpano dove ai piedi di una scarpata è stato costruito un centro commerciale. Spesso la poca attenzione delle amministrazioni locali al dissesto concorre ad amplificare gli effetti sul territorio, come nel caso della frana di Petilia Policastro del gennaio 2015, un comune dove l’elevato abusivismo del costruito (circa l’80%) è stato di fatto ereditato ed “accettato” dall’amministrazione locale durante la redazione del proprio Piano regolatore avvenuto, con colpevole, ritardo, solo nel 2007, ed a San Giovanni in Fiore dove, abusivismo edilizio storico e cattiva manutenzione ordinaria del territorio, hanno provocato piccoli ma allarmanti fenomeni di dissesto nel centro storico cittadino. L’intensificazione degli eventi meteorici estremi, diretta conseguenza dei cambiamenti climatici in atto, non risparmia neanche il patrimonio artistico e culturale di cui i nostro territorio dispone, come l’area archeologica di Sibari allagata durante l’esondazione del fiume Crati nel gennaio del 2013. Stanziare fondi per l’apertura dei cantieri in maniera continua e costante è importante, ma non è sufficiente a garantire una duratura e definitiva mitigazione del rischio idrogeologico in Italia; bisogna anche capire come questi soldi vengono spesi e per che tipologia di intervento, come si progettano le opere e come si interviene per la ordinaria manutenzione del territorio. Spesso per assecondare e placare la rabbia delle popolazioni troppo spesso colpite da eventi calamitosi, si corre il rischio di perdere di vista l’obiettivo finale, che è quello di sviluppare sul territorio una strategia omogenea, a scala di bacino idrografico, durevole e sostenibile che garantisca una mitigazione degli effetti dai dissesti naturali. Per cominciare ad affrontare seriamente il problema del rischio in Calabria bisogna partire quindi da una seria presa di posizione e di interventi contro l’abusivismo edilizio da parte delle Autorità competenti, finanziare interventi che intervengano sulle cause del dissesto per rimuoverle definitivamente, che i comuni si dotino di piani/programmi a medio/lungo termine secondo accordi di programma chiari e puntuali e che gli stessi comuni si dotino di figure professionali adeguate e multidisciplinari, a partire da un maggiore coinvolgimento dei geologi o in alternativa che facciano convenzioni direttamente con l'Ordine regionale dei geologi per migliorare la qualità della progettazione, vigilare sugli interventi e sulla gestione del territorio. Per raggiungere questi obiettivi bisogna infine passare anche attraverso una corretta campagna di informazione ai cittadini per incrementare la cultura della convivenza con il rischio, che ancora oggi è ampiamente deficitaria. Chiediamo al Presidente della Regione Calabria, Oliverio, di attivare subito l’annunciata “Unità di missione regionale contro il dissesto” affinché si metta subito mano agli interventi e si attiva la spesa che anche sulla base dell’analisi dei dati messi a disposizione del Dipartimento della Coesione Open Coesione del Ministero dello sviluppo regista grossi e pesanti ritardi. Sui Fondi FESR della programmazione 2007/2013 risultano spesi solo il 22% delle risorse, mentre sui fondi CIPE su circa 257 milioni di euro di investimento la spesa è pari a zero.

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