Callipo "Bene esercito a Vibo, io lo chiesi 10 anni fa" - Nuova Cosenza Quotidiano d'informazione della Calabria

Callipo "Bene esercito a Vibo, io lo chiesi 10 anni fa"

29 mag 15 "Era il 2 giugno del 2005 quando scrissi, in qualità di presidente di Confindustria Calabria, una lettera aperta all'allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Campi, esprimendogli tutta la mia preoccupazione per la recrudescenza del fenomeno malavitoso e 'ndranghetista nella nostra terra. La posizione che ricoprivo mi permetteva di avere un punto di osservazione particolare grazie al quale mi rendevo conto di come stava aumentando il fenomeno mafioso in Calabria". Lo afferma, in una dichiarazione, l'imprenditore Pippo Callipo, già presidente di Confindustria Calabria. "Spinto - prosegue Callipo - da un'intervista rilasciata dall'allora Prefetto di Vibo Valentia, il quale dichiarava che con gli uomini e le risorse di cui disponeva era impossibile fare di più, chiesi al Presidente Ciampi l'invio dell'esercito in Calabria in aiuto alle forze dell'ordine. Ovviamente il mio appello fu frainteso; si gridò che Callipo voleva militarizzare la regione e fui aspramente criticato da quanti non gradivano l'ordine e la presenza di gente che controllasse maggiormente il territorio e tutelasse quanti dallo Stato si sentivano abbandonati. Quell'appello non sortì alcun effetto; eppure vivevamo un periodo davvero buio; ricordo che il 2005 è stato l'anno in cui venne ucciso Francesco Fortugno. Oggi, a distanza di dieci anni dal mio appello, in seguito alla richiesta dell'Autorità di Governo, presente sulla provincia di Vibo Valentia, lo Stato metterà a disposizione della Prefettura sessanta militari per meglio controllare il territorio. Così come nell'ottobre del 2010 furono inviati un centinaio di soldati a difesa del Tribunale di Reggio Calabria e degli Uffici della Procura". "Personalmente - sostiene ancora Callipo - non posso che essere contento se il nostro territorio sarà maggiormente presidiato. Ci sono moltissime aree della nostra regione nelle quali la presenza dello Stato, oggi come dieci anni fa, non c'è e nelle quali gli equilibri vengono regolati da una commistione di interessi che coinvolge malavita, anarchici, mala-politica, "prenditori". Nelle quali la mentalità mafiosa imperversa e anziché essere estirpata attecchisce maggiormente, radicandosi anche nelle nuove generazioni, che dovrebbero essere il nostro futuro, alimentata dalla crisi economica e dall'assenza dello Stato. A questo punto, sebbene contento di una maggiore presenza delle forze dell'ordine, sono particolarmente amareggiato in quanto non posso fare a meno di pensare che, forse, se il mio appello di dieci anni fa fosse stato accolto e adeguatamente supportato oggi la 'ndrangheta non sarebbe così potente e pericolosa, ben infiltrata in tutti i settori della società civile e della pubblica amministrazione e, forse, le nuove generazioni, i nostri giovani avrebbero potuto acquisire una mentalità diversa che ponesse le basi per una società migliore e non contaminata dal germe della 'ndrangheta che rende questa regione schiava ed asservita ai diversi poteri forti e deviati".